VENEZIA – Accompagnato da una standing ovation finale di tre minuti, Fausto Bertinotti traghetta il partito della Rifondazione comunista verso la scelta di governo nell´Unione. «Noi ci siamo», scandisce guardando dritto nella prima fila della platea del Palazzo del cinema di Venezia dove sono schierati, Prodi in testa, tutti i leader del centrosinistra per il sesto congresso di Prc.
Due ore di relazione per convincere il partito della bontà del progetto che, spiega, ha un duplice obiettivo: battere Berlusconi, ma ancora più sconfiggere le politiche neo liberiste. E´ la sfida ai riformisti dell´Unione, ed è per questo che, intransigente nei toni e nei contenuti, pone condizioni e paletti. «Occorre costruire un nuovo movimento operaio», afferma.
«Il governo per noi non è lo sbocco, ma solo un passaggio di una politica che vive in funzione della crescita di un grande progetto riformatore nel paese, in funzione della crescita dell´incidenza dei movimenti e delle lotte nella realtà sociale come sulle scelte politico-istituzionali». Un affondo che non spaventa gli alleati, sicuri della «primavera» di Bertinotti, sette anni dopo lo strappo che provocò la caduta del governo Prodi.
Intanto, ad avvio assise, ha dovuto chiarire la reale portata della sua uscita sulla fine della proprietà privata al “Corriere della Sera”: «Ridicolo pensare che la fine della proprietà privata sia inserita nel programma, ci vorrà più tempo che per il feudalesimo e la schiavitù». «Bertinotti è come san Paolo», un fautore del regno dei cieli, ha buon agio ad archiviare la pratica Arturo Parisi. Tra Prodi e Bertinotti poi, un lungo abbraccio sotto la pioggia di flash. Prodi è stato il primo ad avere da Bertinotti, dopo un breve faccia a faccia privato, la relazione che legge attentamente.
Commozione. A Bertinotti scappano le lacrime quando legge la lettera di adesione a Rifondazione di Pietro Ingrao. Emozione quando conferma: sarà la mia ultima relazione da segretario. Poi di nuovo commozione, alla fine, quando augura al congresso “buona corsa”.
Non violenza. Attraversa tutta la relazione. Se la lotta al «turbo-capitalismo» non deve avere tregua e parte dalla battaglia per il lavoro e contro la sua precarizzazione, la scelta della non violenza, dice, «non l´abbiamo inventata noi, l´abbiamo imparata a Genova quando il movimento si è sottratto alla repressione e alla violenza». Il pensiero è a Carlo Giuliani.
Ritiro dall´Iraq. Un lunghissimo applauso accompagna il riferimento alla scelta del premier spagnolo Zapatero di ritirare le truppe dall´Iraq, e alla critica della guerra preventiva. «Questo è il compito dell´Europa, se vuole affermarsi come soggetto mondiale autonomo». Parla di un´Europa della pace per superare la Nato. L´augurio applauditissimo dell´attesa liberazione di Giuliana Sgrena nei giorni de congresso.
Berlusconi. «Berlusconi non è una parentesi, ma racconta un´Italia, contro di lui è necessaria un forte lotta culturale. Una volta al governo dovremo abolire le sue riforme». E agli alleati: «No a un atteggiamento sbrigativo nei confronti del berlusconismo, c´è della logica in quella follia».
Il timone. «Il timone della coalizione lo decide la partecipazione: i riformisti vogliono annetterselo, lo capisco ma non sono d´accordo». E´ il modo in cui si candida alle primarie come alternativa a Prodi. Economia. Dedica un terzo delle due ore di relazione ai temi economici, dall´affermazione che c´è oggi «più capitalismo di trent´anni fa» alla patrimoniale («Se questo termine fa orrore, non lo useremo. Proponiamo di realizzare un intervento fiscale modulato, coordinato su più voci di prelievo sulle rendite, che godono di una intollerabile condizione di privilegio rispetto al salario» .