ROMA – Con un dito, da professore, impone il silenzio. Poi, nella sala dove fra i giornalisti si intrufolano entusiasti, attempati fan, lancia l´idea che muta tutte le carte sulla tavola del centrosinistra: una lista «aperta alla prospettiva dell´Ulivo». E´ la lista di Romano Prodi, anche se nessuno sa ancora come chiamarla. E´ la risposta del Professore al no durissimo, ripetuto, urlato di Francesco Rutelli a una lista unitaria dell´Ulivo. La Margherita rivendica di correre da sola alle elezioni 2006 per il 25% di seggi del proporzionale. Prodi, dopo un pomeriggio tesissimo dei capi della Federazione ulivista, rilancia con il viso d´arme. Poi, spuntando dall´ufficio con un sigaro, mormora un sorridente: «Ce la faremo». Speranza offerta a chi gli confessa i tremori su una vittoria contro Berlusconi, vista la violenza della guerra civile ulivista.
Una lista Prodi, aperta agli altri partiti della Federazione ulivista. Altri arrivi potranno esserci, si parte da un Triciclo 2: Ds, Sdi, repubblicani europei. In nome dell´Ulivo si va allo scontro, sperando diventi un confronto, con la Margherita. Prodi potrebbe intercettare sul suo nome voti moderati, delusi dai partiti; i Ds rifuggire dall´accusa rutelliana di voler far pesare la loro egomonia; la lista nel suo complesso cercare di non sembrare una Cosa 2, un Ulivo postcomunista; i prodiani della Margherita trovare una casa comune se il partito li caccia dopo la loro autosospensione e tentare di arricchire la loro sparuta pattuglia.
«La decisione è stata presa da Prodi solitario nel suo ufficio» racconta Ricardo Franco Levi, il portavoce. In maturazione da giorni, esplosa nemmeno venti minuti dopo la fine della fallimentare riunione unitaria. Bruciando i tempi, come in tre ore erano bruciati tutti i ponti, fra avvisi di Rutelli e Marini che non avrebbero ceduto il simbolo dell´Ulivo e trattative e consulti legali. Guerra, con la convinzione prodiana che un chiarimento definitivo era meglio averlo il più presto possibile, per finirla con la guerriglia rutellian-mariniana. E darsi il tempo per le eventuali ricuciture, i movimenti di truppe, i calcoli dei rapporti di forza e delle reciproce utilità.
«Ho convocato la riunione di oggi per rilanciare il progetto dell´Ulivo. – va a leggere il Professore ai microfoni, alle sette e mezza di una sera torrida – Di fronte alla ribadita decisione della Margherita, di cui non posso che prendere atto, ho deciso di promuovere una lista che venga aperta alla prospettiva dell´Ulivo e forza e stabilità all´Unione». «Il Paese ha bisogno di un governo, capace di prendere le misure necessarie per affrontare le grandi difficoltà dell´Italia» è la conclusione nel solito stile prodiano. Unità per governare. Alle spalle spunta il simbolo dell´Ulivo. Quattro foglie a rischio di diventare tre.
Giungono i primi sì, a cominciare da Fassino. «Vi accoglieremo il meglio della società civile» racconta Prodi. Rutelli dalla sede della Margherita, conferenza stampa stampa contro conferenza stampa, lo accusa di mettere in piedi un´iniziativa «senza di noi». Lui replica: «Nel mio appello mi riferisco a tutte le forze dell´Ulivo, compresa la Margherita. Non ho mai pensato di escludere nessuno».
E´ la fine di un giorno terribile. Ulivo e leadership traballano pesantemente sotto i colpi della Margherita. «Senza questa lista e questo simbolo – dice Prodi aprendo il vertice in piazza Santi Apostoli – verrebbe a mancare la base per una leadership forte nella coalizione, oggi e nel governo domani. Questa è la ragione del mio impegno. Un impegno che non potrebbe esserci se venisse a mancare la lista dell´Ulivo». E un aut aut. Rutelli e Marini non si spostano di una virgola. Tre ore e alla fine la soluzione già pronta.
Prodi le sue opzioni le aveva affinate nel viaggio in Cina e Russia. Nei momenti di quiete fra incontri economici e politici. Appunti sparsi, telefonate con l´Italia. Infine la stesura delle ipotesi su un gran blocco di appunti, sull´aereo di ritorno da Mosca. Quattro ore di viaggio e riflessioni finali. «Andiamo, sono sereno, anche se nessuno ci crede» rideva. «Non sono un leader per tutte le stagioni». A Roma, altri contatti, rifiniture. Scenari, ipotesi di risposte. Sapendo di giocarsi il tutto per tutto. «Deciso ad andare fino in fondo. Non è in gioco il mio destino ma quello del Paese».