ROMA – «Non mi convince neanche il riferimento a Luca Coscioni nel simbolo radicale». Tanti dubbi, una certa freddezza, anche se il Professore sta molto attento a non esprimere veti, a lasciare aperta la porta. Però quando il leader dell´Unione tira in ballo il dirigente del Pr, malato di Sla e simbolo della battaglia per la ricerca scientifica, si capisce ancora meglio la sua posizione sull´intesa tra il centrosinistra e i radicali. «Usando il nome di Coscioni – dice Prodi – vogliono trasformare la campagna per le regionali in una campagna per i referendum. Noi invece dobbiamo evitare l´effetto sovrapposizione».
Anche questa, in fondo, è una condizione (cancellare dal simbolo quel nome), che Prodi pone a Marco Pannella per un «sì» all´ospitalità. Certo, il tema è molto delicato e non compare nel comunicato ufficiale che conclude il vertice dell´Unione, ma serve a far capire ai leader quanto sia tortuosa la strada del patto. Le pressioni della Chiesa sui cattolici del centrosinistra si sono fatte, in queste ore, sempre più forti. «È una vera ondata di segnali, telefonate, messaggi», dice un dirigente della Margherita. I referendum sulla fecondazione assistita sono uno degli argomenti usati dalle gerarchie ecclesiastiche per scongiurare il «gravissimo errore di un accordo», come dice Castagnetti. Clemente Mastella, durante la riunione, ricorda continuamente il ruolo della Curia, sottolinea il peso delle parrocchie, usa la tesi più gettonata tra i credenti dell´Unione: «Quello che guadagniamo con i radicali, lo perdiamo tra i cattolici». Insomma, anche se la stella polare è quella della pura e semplice convenienza elettorale, i conti potrebbero non tornare.
Nel vertice si fanno a lungo calcoli, proiezioni. È Piero Fassino, favorevole all´accordo, a ricordare che nel Piemonte e nel Lazio, due regioni-chiave, i radicali possono essere decisivi nella vittoria di uno o dell´altro. Franco Marini gli dà ragione. Ma la Margherita è sul piede di guerra. La mattina aveva riunito l´esecutivo e lì si era capito che una buona parte del partito rema contro l´intesa. Gli ex popolari, da Franceschini a Castagnetti. Ma non solo. Paolo Gentiloni, braccio destro di Rutelli, avverte: «Se si va verso il sì, dovremo riunire la direzione e votare, contarci». Il che significa allungare i tempi (Rutelli torna dal Darfur solo domani), spazientire i radicali, metterli in difficoltà con le firme.
A questo punto, ai dubbi, Prodi deve aggiungere il pensiero per la tenuta della coalizione. «Prima di decidere voglio aspettare il ritorno di Rutelli dall´Africa. Deve esserci anche lui», avverte il Professore. Non vuole repliche del voto sull´Iraq e in più, stavolta, potrebbe trovare nel presidente della Margherita il freno a quest´intesa che gli piace poco. Senza nascondersi, Prodi davanti ai dirigenti dell´Unione sparge grande freddo sui radicali. È lui, insieme con Parisi, a individuare la condizione principale. «Non si stanno comportando benissimo. Non possono dire che noi e il Polo siamo equivalenti». Così nasce la richiesta di un atto formale di «alternativa» al centrodestra. Che mette d´accordo tutti. Per lo Sdi significa che Prodi non mette un veto, per il Prc è la richiesta minima per un´intesa sulle regionali, per i Verdi la strada per un accordo anche sul 2006.
A tifare per l´intesa sono in molti, soprattutto dalle regioni. La candidata piemontese Mercedes Bresso promette un posto nel listino per Emma Bonino. Dalla Campania spunta un altro posto per la Bonino nei nomi bloccati del centrosinistra. Al vertice Cossutta avverte: «Non dobbiamo essere noi a fare spazio per i radicali». Sui soldi l´Unione può garantire un contributo per l´attività di mailing del Pr, ma limitato. Oggi si ricomincia.