ROMA – Parlare di Italia guardando al mondo. Con davanti le immagini della strage di Sharm el Sheik. Romano Prodi con un´intervista a Repubblica racconta le sue primarie riflettendo sui compiti che aspettano il nostro Paese, chi lo governa. E chi lo governerà. «Proprio due anni fa – ricorda, interrompendo a tratti la conversazione – con Arturo Parisi eravamo in vacanza a due passi dell´Hotel Movenpick fatto saltare dai terroristi. Un albergo frequentato storicamente da egiziani. Erano loro che si volevano uccidere, soprattutto. No, non, non si parli di guerra islamica contro l´Occidente. Non c´è uno scontro di civiltà. Siamo di fronte ad un attacco del terrorismo contro ogni cambiamento, specie nel mondo arabo». La drammaticità della situazione mondiale si unisce, nei discorsi di Prodi, ai tentativi di «cambiamento» in Italia. «Nella sua vita non solo politica. – dice – Serve un governo che sia in grado di affrontare non solo gli aspetti di protezione fisica dei suoi cittadini, ma sia in grado di elaborare una politica che isoli e dissolva il terrorismo. Nei suoi legami e nelle sue origini».
Così tutto si salda, economia, politica estera, innovazione italiana. E, scendendo sul terreno delle primarie del centrosinistra, racconta che «in democrazia si vince con un voto in più e spero di essere io ad averlo». Un voto, uno solo in più del 50%. Taglia la testa a tutti i discorsi su quale percentuale – 51%? 60? 80? – gli permetterà di dichiararsi vincitore nella sfida per la candidatura a premier del centrosinistra. La legittimazione del vincitore, dice, nascerà dalla quantità di uomini e donne che andranno a votare il 15-16 ottobre. «Saremo giudicati anche dalla capacità di organizzare questa consultazione». «Operazione verità» chiama l´esperimento mai tentato in Italia. Mentre, dice, attende il ritorno dell´Ulivo, «il cui abbandono mi auguro temporaneo».
Per molti è una grande novità, per altri qualcosa di inutile. Proprio convinto, con tutto quel che succede, di queste primarie?
«In un sistema bipolare è fondamentale dare voce ai cittadini nel processo di scelta e di legittimazione del leader. Le primarie sono lo strumento più forte per raggiungere l´obiettivo. Per questo le ho volute fin dall´inizio. Le avevamo poi ritenute non indispensabili dopo il grande successo alle elezioni regionali. L´abbandono. che mi auguro temporaneo. della lista unitaria dell´Ulivo ha riproposto di nuovo il problema della legittimazione. Per questo ho volute le primarie e tutti i partiti dell´Unione le hanno accettate. Ed ora anche il centrodestra tende a copiarle».
Perché lei ha bisogno di legittimazione?
«Due sono oggi gli obiettivi. Prima di tutto in una coalizione di più partiti la legittimazione è certamente uno strumento per dare stabilità e durata al governo in caso di vittoria. Stabilità e durata indispensabili per chi dovrà assumersi la responsabilità di risanare e rilanciare l´Italia. E chiaro inoltre che l´azione di risanamento e di rilancio dovrà fondarsi su un programma condiviso dalla maggioranza degli elettori. Il confronto fra i diversi candidati è il modo più bello e più diretto per l´«operazione verità» che dobbiamo fare tra di noi e con il Paese. Spero di riuscire a parlare di problemi seri e concreti. Anche e soprattutto di quelli sui quali ci sono oggi nell´Unione differenti punti di partenza. Queste diversità dovranno comporsi in un unico programma di governo».
Il programma del vincitore?
«Tutti i candidati alle primarie si presenteranno riconoscendosi in una cornice di valori comuni, che abbiamo deciso di chiamare «il progetto dell´Unione». Ispirandosi a questo progetto ciascuno di noi si presenterà agli elettori con le proprie priorità. La regola delle primarie è che scegliendo il candidato si scelgono le sue priorità che a quel punto diventano le priorità di tutta la coalizione».
Insomma chi vince si porta via tutto il piatto? E gli altri?
«La logica delle primarie è che vince uno solo, con le sue priorità. E chi perde accetta il verdetto delle urne. Naturalmente che vince ha la responsabilità di tenere conto dei temi e delle sensibilità portate avanti dagli altri candidati».
Se vincerà lei come ne terrà conto? Guarderà alla percentuale dei voti degli altri?
«No. Le primarie non sono fatte per spartirsi le quote. Uno solo vince uno solo, ma avrà la grande responsabilità di armonizzare tutta la coalizione. Arrivando all´assemblea che faremo a dicembre con un programma condiviso».
Per Romano Prodi cosa vuol dire «vincere»?
«In democrazia avere un voto di più significa vincere. Spero proprio di potere essere io quello che avrà un voto in più».
E se invece fosse Bertinotti a prendere un voto in più? Dopo
«Ma perché lei parla solo di Bertinotti? Pensa che gli altri che già hanno annunciato la loro intenzione di presentarsi, Mastella, Di Pietro, Pecoraro Scanio, non prenderanno dei voti? Non susciteranno e non raccoglieranno consensi con le loro proposte? E non si pone il problema dell´arrivo di altri concorrenti?»
Allora, ha davvero paura di perdere?
«Vede, tutto sta diventando un poco curioso e contraddittorio. Da un lato, in molti lamentano che queste siano primarie finte, una competizione con un risultato già scritto e un vincitore obbligato. Dall´altro, si guarda alle Puglie e mi si chiede se ho paura di perdere. La mia risposta è che considero queste primarie un grande e straordinario esercizio di democrazia e, come tale, credo che il risultato sia del tutto aperto. Certo, ma questo glie lo ho già detto, spero e sono fiducioso di vincere».
Ma come vi proteggerete dai brogli? Non temete infiltrati, disturbatori, gente che si presenti alle urne delle primarie senza avere alcuna intenzione di votare per il centrosinistra? Per distorcere il risultato o semplicemente dimostrare che il gioco è poco serio?
«E´ un tema sul quale il comitato sulle regole guidato da Parisi si è applicato molto. E credo che siano stati identificati strumenti efficaci per contrastare questi rischi».
In concreto cosa farete per evitare falsi voti e i falsi votanti?
«Il primo passo sarà organizzare in tutto il paese un gran numero di postazioni di voto. Come ci ha riferito Vannino Chiti al seminario del leader del centrosinistra a San Martino in Colle si pensa ad almeno quattromila seggi. Se ci riusciamo anche di più. A ciascun seggio andranno a votare i cittadini che nelle votazioni “ufficiali” sono iscritti nei registri di un preciso numero di sezioni elettorali. Per chi vuol partecipare alle primarie sarà dunque estremamente semplice sapere dove andare a dare il proprio voto».
E al seggio cosa succederà? Come vi difendere dagli intrusi, da infiltrati del centrodestra?
«La prima difesa e la prima garanzia di correttezza sarà la tessera elettorale. Nessuno potrà votare in un seggio diverso da quello a cui corrisponderà la sua tessera. Nessuno potrà quindi votare due volte. Ma ci sarà dell´altro. Ad ogni elettore chiederemo, come condizione per scegliere tra i candidati alle primarie, di sottoscrivere il «progetto dell´Unione». Si tratta del documento che contiene i principi e i valori nei quali si riconosce l´intera coalizione di centrosinistra e che ha fatto decisi passi avanti a San Martino in Colle. Come vede, le difese cominciano a farsi robuste. Ma non sono finite qui. Per votare, si dovrà anche sottoscrivere una dichiarazione nella quale si afferma di avere intenzione di votare, alle prossime elezioni politiche, per l´Unione o per uno dei partiti del centrosinistra. Insomma, se qualche elettore di destra vorrà infiltrarsi nelle nostre primarie, lo farà cominciando a dire il falso. Un falso che potrà essere in ogni caso facilmente scoperto».
E se fosse un giornalista a farvi uno scherzo, magari presentandosi con occhiali scuri, barba e baffi finti?
«In questo caso, ci faremmo tutti una bella risata! Ma, tornando alle cose serie, la vera, autentica difesa contro ogni manipolazione sarà la dimensione della partecipazione. Se a votare saranno in tanti, anzi in tantissimi, ogni problema sarà risolto».
Si era parlato di un contributo spese richiesto ad ogni votante: a che cifra pensate?
«Un euro. Un euro minimo. Nel senso che a tutti chiederemo, per aiutarci a coprire le spese della preparazione della consultazione, un contributo di un euro. Certo ci aspettiamo che molti diano qualcosa di più».
Lei dice: «tanti, tantissimi votanti». Quanta gente si aspetta?
«Impossibile dirlo. Su scala nazionale non esistono precedenti per una consultazione di questo genere. Io vorrei una partecipazione ampia, visibile, che dia il segno di un esperimento di democrazia robusto. Sì, mi aspetto tanta gente. Alcune centinaia di migliaia di donne e uomini. E mi aspetto anche tanta allegria. Tanta allegria. Spero sia un´occasione di partecipazione gioiosa, serena, allegra. Spero di vedere ai seggi tanti giovani e tante famiglie».
Picnic elettorale? Giovani, famiglie. Vuol dire società civile in opposizione ai partiti? Le primarie come rivincita, sua e della gente comune, sul sistema dei partiti?
«Non diciamo sciocchezze! Le primarie, il cui comitato organizzatore si ricordi è guidato da Vannino Chiti, saranno una straordinaria occasione di partecipazione politica senza precedenti, per dare voce alle persone, per interessarle e farle parlare di politica, di progetti, di idee, di temi nuovi. E tutti noi saremo giudicati anche dalla nostra capacità di organizzare bene questa consultazione».
Dunque non vede nelle primarie un´occasione di indebolimento o addirittura di sconfitta dei partiti?
«Sarà esattamente il contrario. I partiti avranno l´opportunità, preziosissima e nuova, di entrare. forse tornare. in contatto con gente, uomini e donne, giovani e anziani per i quali troppo spesso la democrazia e la stessa partecipazione politica si ferma al voto al momento delle elezioni».
Guardi che proprio lei ha detto che le primarie servono anche per potenziare la leadership. Per dare al candidato premier. Romano Prodi, se va secondo le previsione. una legittimazione più forte di quella derivata dai soli segretari di partito.
«E´ vero. Ma non vuol dire immaginare le primarie come esercizio contro i partiti. No, no, se sta cercando di arruolarmi nella schiera di coloro che sognano una democrazia basata sul rapporto diretto tra la gente e il leader, senza la mediazione, la partecipazione e l´intervento dei partiti politici, le posso dire con chiarezza che è un tentativo fallito in partenza. Non è la mia idea della democrazia. Le primarie sono belle proprio per questo: che sono una miscela, una bellissima miscela di militanza politica e di aperta partecipazione».