«Un buon risultato. Al di là delle difficoltà, delle differenze. Un passo irreversibile verso gruppi unici alla Camera e al Senato». Romano Prodi saluta e se ne torna a Bologna. In prima fila lo festeggiano Fassino, Rutelli, Amato: fianco a fianco.
Hotel Radisson, convegno «Dalle primarie al Partito democratico». Primo giorno del partito che non c´è e che tutti dicono di volere.
Ma il percorso sarà difficile e tutti lo sanno. Prodi così incassa per rilanciare: «Il Partito democratico di domani dipende dalla qualità dell´Ulivo di oggi. Dalla nostra capacità di andare alle elezioni con un Ulivo forte, che sappia reagire con intelligenza alle trappole della nuova legge elettorale. Da come sapremo presentarci al voto e dai risultati che, con la nostra azione, sapremo raggiungere». Si infila in macchina e sorride: «E´ stato bello vedere che nessuno ha tentato di scavalcare nessuno».
E´ il suo grazie a Fassino e Rutelli per il giorno dell´unità. Non c´è il padre, l´organizzatore del meeting: Arturo Parisi, il presidente federale della Margherita, l´antico sodale di Prodi, il pasdaran ulivista che come luogo del suo «sogno» aveva voluto lo stesso albergo in cui prima dell´estate si celebrò la rottura fra i suoi uomini e Rutelli. Parisi proprio ieri mattina portato in ospedale. Lui non c´è ma la manifestazione va come avrebbe voluto. La nemmeno troppo nascosta prova di forza ulivista diventa, nel clima natalizio, la pacificazione degli ulivisti.
Prodi e Fassino ascoltano Rutelli infilarsi in un discorso sul «collateralismo» dopo aver innalzato la Margherita come motore dell´«innovazione» del centrosinistra.
E se Fassino parla di «partiti meticci» e di «punti di convergenza», se dice che «dentro i Ds e la Margherita esiste un pluralismo di riformismi che si vogliono fondere nel Partito democratico», Rutelli rilancia: «alla Camera e al Senato presidenti che ci rappresentino unitariamente».
«Nuovo soggetto riformatore», «scommessa di straordinaria importanza», «Ulivo non solo utile accordo elettorale» insiste il segretario Ds.
E Rutelli: «Quercia e Margherita sono due partiti che credono non alla competizione fra loro, ma alla comune scommessa per un traguardo più grande ed importante». Se così sarà, promette, «assicureremo a Prodi cinque anni senza preoccupazioni e faremo nascere il Partito democratico». «Già nella prossima legislatura».
Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, lo prende in parola. «Se volete fare una cosa seria dovete indicare una data, ma non troppo vicina. Tra due anni e mezzo…». «Sin troppo» dice Ezio Mauro, direttore di Repubblica, in un dialogo a tre con Giuliano Amato.
I giornalisti incalzano i politici. Mauro: «Stiamo già nella fase costituente, non c´è bisogno di aspettarla per aprirla». Si viene da «una stagione terribile», insiste Mauro, che fa ancora i conti con l´identità «postcomunista» dei dirigenti Ds. «Una questione che c´è», ma non per i refrain di Berlusconi. Ora, però, per un balzo definitivo serve una sorta di «apriscatole esterno».
Mieli torna sulla necessità di operare una soluzione di continuità, in primo luogo per garantire un futuro «dopo questi anni a guida prodiana». I «nemici del Partito democratico», attacca, sono l´«unionismo» e il «cosismo». «Un disastro della politica italiana» commenta Mauro.
Lanci e rilanci. Prodi sceglie Giorgio Gaber come introduzione. «E´ un´idea,
un concetto, un´idea, finché resta un´idea è soltanto un´astrazione. Se potessi mangiare un´idea avrei fatto la mia rivoluzione». «Il nostro errore, dopo la vittoria del ´96, è stato di non aprire un cantiere permanente per creare un soggetto della politica riformatrice, unico, solido e credibile».
E allora avverte: attenti che se vado al governo, il Partito democratico stavolta lo faccio. «E´ la richiesta dell´elettorato. Se non diamo questa risposta non ci votano più».
Il Partito democratico, spiega, per fare dell´Italia un paese davvero simile ai «nostri partner europei». «Un soggetto politico forte serve per governare sul serio, per la stabilità» dice. In treno verso casa, poi, studia la nuova legge elettorale, le sue «maledizioni» ma anche quel che – mentre si parla di liste civiche – può comunque permettere. E avvisa: «Bisogna muoversi con intelligenza ed astuzia».