ROMA – Romano Prodi ha sperato fino all´ultimo che il centrosinistra andasse da Ciampi con una delegazione unica. Il sogno non si è realizzato, ma lui a sera ha dettato comunque la linea: «Ci sarà una delegazione unita dell´Ulivo e gli altri partiti dell´Unione andranno separatamente. Io poi farò le dichiarazioni a nome di tutti». «Questa è la linea che porto» ha lanciato da Bologna a Roma.
Parole che segnano il vertice dell´Unione convocato per stamattina: quello che inizialmente sembrava dover indicare chi sarebbe andato sul Colle con Prodi. Poi Bertinotti ha fatto sapere che lui non ci stava al «tutti insieme» e in serata Rutelli con una nota ha informato che dal presidente della Repubblica ci sarà anche lui con Prodi: decisione praticamente scontata, ma anche questa era prevista per stamani con il «via libera» a tutti i segretari dell´Ulivo a far gruppo attorno al Professore. Questi non si è stupito più di tanto delle voglie di diversificarsi della sua alleanza, ma ha battuto i pugni su un fatto: «L´importante è dimostrare la nostra unità. Far capire ai cittadini in cosa siano differenti dal Polo di Berlusconi».
Amen per le foto di famiglia divise e formato gita aziendale, ma con una volontà dura di non andare poi a dichiarazioni in contrasto l´una con l´altra. E´ un Prodi che a Ciampi e agli italiani si vuol presentare, dopo mesi durissimi, non come capo di una coalizione sempre pronta alle ebollizioni, ma come futuro leader di un governo e di un programma compatti. E´ questa la scommessa della «seconda volta» del Professore sul Colle come leader dell´opposizione: la prima fu poco dopo il ritorno in Italia, quando era già capo ma traballante. Tempi cambiati. «Domani andrò dal capo dello Stato – ha annunciato Prodi – a esporre le mie preoccupazioni in campo economico e politico. E le esprimerò a nome di tutta l´Unione». «Berlusconi si è dimesso – ha attaccato – perché con le elezioni regionali i cittadini hanno ritirato la fiducia data al centrodestra nel 2001. Il quadro politico è cambiato, le dimissioni sono un atto dovuto, ma la risposta è del tutto inadeguata: esprime unicamente la volontà di durare con un piccolo rimpasto».
«Che si consideri fondamentale dove va Calderoli – diceva intanto da Roma Piero Fassino – è la dimostrazione di quanto il presidente del Consiglio e la sua coalizione siano lontani dagli interessi del paese. Berlusconi non si dimette perché lo hanno chiesto Fini e Follini ma perché lo hanno sfiduciato milioni di italiani». Francesco Rutelli rilancia la linea del centrosinistra: «Piuttosto di un´agonia che fa male all´Italia, di un governo che non governa, è meglio andare alle elezioni. C´è una distanza enorme fra questo teatrino e ciò che si aspetta il paese con una situazione economica difficile». Fausto Bertinotti definisce «una misura di igiene politica» le elezioni anticipate. «Il discorso di Berlusconi – commenta il leader di Rc – non ha fatto che aggravare la situazione, con una sceneggiata dannosa e mortificante per le istituzioni». «Si è dimesso nel peggiore dei modi, non rispettando la Costituzione» attacca Alfonso Pecoraro Scanio. Oliviero Diliberto: «Il suo è stato lo scialbo discorso di uno sconfitto». Ed Enrico Boselli: «Adesso si rischia un governo fotocopia peggiore di quello che l´ha preceduto».