Romano Prodi ha appena registrato un intervento a « Radio popolare » . Rispondendo a una domanda, ha detto: « Credo che Berlusconi abbia già rappresentato un grande passo indietro per la democrazia. Io dico semplicemente: per favore, guardate al passo indietro fatto e giudicate voi se c’è o meno un rischio concreto anche per il futuro » .
Professor Prodi, lei è davvero, o è ancora, un moderato? Dicono di no. Per una questione di uomini, di linguaggio, di cultura politica.
« È un’accusa puramente strumentale, avanzata da una pubblicistica che ha tutto l’interesse a costruire una falsa immagine di radicalizzazione, lontana dalle posizioni che in Occidente si chiamano riformiste ed empiriche e in Italia moderate. Hanno inventato ” Prodinotti” come nel ‘ 96 avevano inventato ” la maschera di D’Alema”. È un modo di fare politica sempre più noioso e sempre meno efficace: non riesce a nascondere la realtà del fallimento della destra » .
Cominciamo dagli uomini. Nel ‘ 96 lei aveva con sé Ciampi e Dini. E ora?
« Sono convintissimo che saremo capaci di prendere quel che c’è di più innovativo e di tecnicamente profondo nella società italiana. Come allora, non intendo strumentalizzare nessuno: nel ‘ 96 non usai il nome di Ciampi prima del voto. Ma la squadra ci sarà. Sapremo convogliare il meglio delle energie del Paese » .
Il linguaggio. Le si imputano toni ora sarcastici, ora aggressivi.
« Lo fanno gli stessi che dieci anni fa mi chiamavano Mortadella, e ora annunciano terrore, morte e miseria se vince il centrosinistra. È un’operazione scientifica. Vuole un esempio? Io ho parlato di dittatura della maggioranza. Un’espressione già citata più volte da Berlusconi, e anche da Rutelli, Mancino, Amato. Un’espressione che appartiene al vocabolario dei padri fondatori della Costituzione americana. Ma, quando l’ho usata io, due ore dopo è montata una polemica terribile, proseguita per giorni. La tecnica è quella di Telekom Serbia: il giornale della famiglia Berlusconi fa un titolo a tutta pagina, la rassegna stampa lo inquadra in tv, i tg lo riprendono, e si avvia un’orchestra che suona la grancassa per 40 giorni di fila. Sto ancora aspettando che chiedano scusa, a me e a Fassino » .
Lei però, nelle battute anche nei confronti degli alleati, ha usato a volte un lessico diverso dal passato. Che cos’è cambiato? Si sente più sicuro di sé?
« Sì, c’è anche un aspetto di maggior sicurezza personale. Potrà far sorridere, ma io sono un giovanissimo politico. Nel ‘ 95 iniziavo una nuova esperienza. Tre anni da premier e oltre cinque da presidente della Commissione europea ti fanno sentire più sicuro; soprattutto se esci da Palazzo Chigi con la gente che applaude dalle finestre, e lasci Bruxelles con il Parlamento europeo in piedi, dai popolari ai socialisti. Ma il mio carattere non è cambiato » .
La cultura politica. Sul Riformista , che non appartiene alla famiglia Berlusconi, Biagio De Giovanni ha scritto che lei si muove ancora nell’orizzonte del cattocomunismo: Prodi cattolico, Bertinotti comunista, nessuno dei due riformista.
« Questa è la cosa più sbagliata. Storicamente sbagliata. Basata su schemi, categorie: cattolico, radicale. Ai tempi dell’università Cattolica, molti estremisti mi accusavano di empiria e di moderatismo. Oggi mi si rimprovera strumentalmente il dossettismo. Si confonde la stima morale che ho per Dossetti con una dottrina economica » .
Sta dicendo che lei non è dossettiano?
« Di Dossetti apprezzo la visione dell’etica nella politica. Ma la mia cultura economica è un’altra. Figlia della London School of Economics, della lezione di Nino Andreatta. Spero non si critichi questo riformismo scambiandolo per estremismo, solo perché ritengo che la vita politica debba avere un forte contenuto etico. Sono stato per decenni un punto di riferimento per migliaia di piccoli e medi imprenditori; e non ho mica cambiato idea. Sfido De Giovanni, e gli altri che come Baget Bozzo sostengono le sue tesi, a trovare un passo di segno diverso nei miei libri e negli articoli che per lustri ho scritto su Corriere eSole 24 Ore . L’Ulivo nasce per affermare la via opposta: finirla con i radicalismi e il dottrinalismo; superare lo schema che ci voleva o cattocomunisti o craxiani » .
All’Ulivo si imputa proprio di non aver fatto i conti con il craxismo. Se n’è discusso all’ultimo congresso ds: si comincia a riconoscere che non tutto quanto ha fatto Craxi era sbagliato, e forse pure che tra Craxi e Berlinguer le ragioni della modernità stavano dalla parte del primo.
« Non avendo mai pensato né detto che Craxi avesse sbagliato tutto, non sento di dover riesaminare qualcosa. Io non devo scrivere un manuale di storia; devo trovare ricette che funzionino per il Paese. Dividerci sul passato è una delle cose meno produttive. Dobbiamo innestare le radici dei riformismi italiani in un soggetto nuovo, unito, coeso, che dia risposte sul futuro » .
Coesione e futuro non sono scontati. L’Unione sopravviverà a un’eventuale scon fitta di Berlusconi? O andrà in pezzi senza riuscire a governare?
« Una tappa per volta. Ora abbiamo un anno per scrivere il programma. Gli incontri che sto tenendo nella Fabbrica mi hanno dato molti spunti, anche in contrasto tra loro.
Se sapremo far prevalere le convergenze sulle divergenze, allora non avremo problemi a restare insieme anche dopo l’eventuale vittoria » .
Se la vittoria arrivasse già alle Regionali, il governo potrebbe cadere come successe nel 2000?
« Credo proprio di no. Tutto può essere, ma lo ritengo molto difficile. L’istinto di sopravvivenza è forte, anche in politica. Né saremo noi a chiedere dimissioni » .
Quali sensazioni ha trovato in campagna elettorale?
« Di attesa. Di profonda insoddisfazione. E di desiderio di qualcosa di nuovo, che non sia la generica espressione di diverse filosofie ma una proposta forte, concreta, specifica. Se non sapremo indicarla, l’Italia proseguirà nella spirale senza fine della sfiducia.
Della lenta ritirata. Della rassegnazione a perdere » .
Lei parla di « lenta ritirata » . Oggi la questione riguarda le banche: ci sono offerte straniere, c’è il tentativo del Governatore Fazio di fermarle. Qual è la sua valutazione?
« Se si vive in un contesto giuridico, bisogna rispettarlo. Le regole sull’Opa vanno rispettate. Che cosa avremmo detto se i Paesi dell’Europa dell’allargamento avessero bloccato le acquisizioni di Unicredit, Intesa, San Paolo? L’errore è stato non rafforzare il nostro sistema bancario per tempo » .
Il Parlamento ha votato nuove norme su risparmio e Banca centrale. Non è una questione personale ma di regole: lei condivide la decisione di mantenere il mandato a vita
« La risposta è ovvia. Non esiste in nessun Paese e in nessuna istituzione democratica un mandato a vita. Si può discutere come realizzare il passaggio, non il principio » .
Lei ha sempre avuto uno stretto rapporto con il capo dei vescovi italiani. Fu Ruini a celebrare il suo matrimonio. Nel ‘ 96 si parlò di grande vicinanza. Ora le cose sembrano molto cambiate. E la questione non è solo personale; riguarda il rapporto tra il centrosinistra e la Chiesa.
« Non ho mai strumentalizzato in nessun modo la Chiesa nella mia azione politica.
Non lo farò adesso.
Ho grande rispetto per l’autorità morale della Chiesa, che ha un ruolo unico nella società italiana. Nello stesso tempo avverto la responsabilità che deve assumersi chiunque agisca in politica.
In questi giorni poi vivo l’angoscia per la sorte del papa: una vicenda di grande impatto emotivo, ma di ancor maggiore significato morale » .
Dice Rutelli che il centrosinistra non farà riforme costituzionali a colpi di maggioranza. Condivide? Lei non fu un sostenitore della Bicamerale. Quale strumento si può adottare ora?
« La nostra posizione è ferma, ferma, ferma: non si cambia la Costituzione da soli.
Non mi pare utile né produttivo ipotizzare strumenti mentre il processo di riforma della destra è in corso. Spero sempre in una resipiscenza, ma il referendum mi pare ormai inevitabile » .
Fassino propone di cambiare l’articolo 138.
« Giusto. Il vincolo dei due terzi è una garanzia per cambiare la Costituzione soltanto in modo condiviso » .
Davvero, come titolano alcuni quotidiani, lei vuole abolire la legge Biagi?
« Ecco un altro esempio di mistificazione.
Io ho detto e ripetuto: attenzione, stiamo creando una generazione di precari, i giovani perdono il lavoro dopo pochi mesi, e questo rende difficile specializzarsi, provoca senso di insicurezza e profonde sofferenze. Non era questo che Biagi voleva » .
Intende dire il che nome « legge Biagi » è usurpato?
« Sono contrario a sfruttare le memorie, sia pro sia contro. Dico che si è operata una forzatura, si è andati molto oltre gli obiettivi di flessibilità. Ma non per questo dobbiamo ritornare alle sacche di conservazione, privilegio, insindacabilità. Il mercato del lavoro non è omogeneo, ci sono settori che devono ancora essere mossi, svegliati » . « Non c’è alcun dubbio. Le regole della concorrenza vanno applicate a tutti i settori, e in modo speciale all’informazione. Ricordo ancora la formula del mio libro di testo, quando studiavo l’antitrust alla London School of Economics, ahimè nel 1964: Newspapers are different , i giornali, oggi aggiungeremmo le tv, sono diversi, richiedono un’ attenzione particolare”. « Non sono un critico televisivo. Parlo dell’ informazione, e vedo un palese disprezzo dei diritti dell’opposizione. C’è un’evidente sproporzione sia quantitativa sia qualitativa, grazie alla cosiddetta tecnica del panino: se in ogni tg ogni notizia si apre e si chiude con la voce del governo, siamo di fronte a una grave parzialità » .
Lei ha parlato per l’Italia di « sfascio morale » e di ostentazione di ricchezza. Come se ci fossero una questione etica e una questione estetica, di tratto, di stile.
« Ma quale estetica! La questione è tutta di sostanza. Come si può chiedere un grande cambiamento se non si ha la certezza che ognuno è tenuto a fare il proprio dovere, che le leggi non sono personali ma generali? Così nessun risveglio etico sarà possibile! » .
Sente di aver di fronte un avversario disposto a tutto?
« Non lo sento. Vedo che è così » .
Eppure con Berlusconi vi conoscete da una vita, avete lavorato insieme, firmato la Costituzione europea. Possibile che non vi parliate, che non possiate trovare un minimo punto d’intesa?
« Io non ne ho mai fatto e non ne farò una questione personale. È una questione di leggi. Faremo una buona legge antitrust, una nuova legge sui media, ma senza alcun intento punitivo né discriminatorio » .
L’Unione è tale in tutte le regioni ma non a Venezia. Lei voterebbe Cacciari o Casson?
« Io ho fatto di tutto per arrivare a una candidatura unitaria. Non è stato possibile. Ora non interferirò. Il primo turno sarà una specie di grande primaria. In fondo riguarda appena 300 mila elettori su 40 milioni. E la destra di candidati ne ha quattro » .
La spaccatura a sinistra è più grave. Perché corrisponde a quella, destinata a riproporsi, tra moderati e radicali, per usare categorie che non le piacciono. E lei dovrà trovare una sintesi. « In passato l’ho sempre trovata. E io sono sempre lo stesso; non vedo perché non dovrei riuscirci in futuro. Quando una grande forza riformista si unisce e sa parlare al cuore della gente, quando s’alza il vento del cambiamento, non è facile fermarlo » .