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10 Febbraio 2006

Prodi e i cinque punti

Autore: Edmondo Berselli
Fonte: la Repubblica
Sorpresa. Sono bastati cinque punti per cambiare la scena politica. I
cinque preziosi punti del taglio del cuneo contributivo, annunciato da Romano
Prodi a “Porta a porta” martedì sera. Fino a poche ore prima il centrosinistra
era sotto l´attacco scatenato da Berlusconi.
Un´allucinazione mediatica e ideologica permanente, in cui si stagliavano
le figure odiose dei comunisti, delle giunte, delle toghe e dei poteri rossi,
iscritti dal capo di Forza Italia nella geometria malefica del “pentagono
rosso”.
Ed ecco un cambiamento vistoso di atmosfera. Per la prima volta da quando è
cominciata questa fase così convulsa, si è ricominciato a parlare di entità
reali. È tornata in primo piano la discussione sul rilancio del paese. Di più:
sembra riapparsa in scena la realtà. E dunque, se sono state sufficienti poche
parole per sparigliare, ciò significa che forse il paese non è condannato a
subire due mesi di campagna quarantottesca, lo scontro fra «visioni del mondo
incompatibili» che Berlusconi ha cercato di imporre.
Era intuitivo che il premier stesse cercando di spostare l´attenzione sul
campo dei presunti valori fondamentali per sottrarsi a un bilancio realistico
della sua attività di governo, e di conseguenza per l´impossibilità di
promettere un nuovo sogno. Ma sembrava anche che l´afasia dell´Unione gli
lasciasse il campo libero, tanto che le indagini demoscopiche avevano già
registrato segnali di rimobilitazione fra gli elettori della Casa delle
libertà.
Cinque punti, l´uovo di Colombo. Una modesta proposta che Prodi aveva già
evocato nell´agosto scorso, ma che ripetuta e precisata in questo momento sembra
offrire un criterio dirimente all´opinione pubblica: il problema non è la guerra
civile televisiva fra libertà e comunismo; il problema è la condizione reale del
paese. Appena entrata in campo la proposta dei cinque punti, Berlusconi ha
cominciato a inseguire, a contestare malamente i numeri; in ogni caso ha dovuto
scendere per la prima volta sul terreno dell´avversario.
Questo mostra che la partita elettorale si combatte in primo luogo
sull´identificazione della posta in gioco. Chi si appropria del tema centrale
conduce la partita. E qual è il tema centrale oggi, se non l´economia? Economia
significa la ripresa di competitività per le imprese, il recupero di potere
d´acquisto per le famiglie. Cioè il tentativo complicatissimo, come Prodi ha
detto qualche mese fa, di «rimettere il dentifricio nel tubetto» dopo lo scialo.
La piccola aritmetica del cuneo contributivo incrocia proprio questo
punto.
La strategia dell´Unione è stata finora talmente farraginosa che non c´è
neppure da giurare che il contropiede dei cinque punti sia stato realizzato in
piena consapevolezza. Eppure è uno strumento a vasto raggio, che si rivolge
nello stesso tempo al lavoro dipendente e agli imprenditori, al sindacato e alla
Confindustria. Sarebbe essenziale d´ora in poi che il centrosinistra occupasse
questo spazio e lo tenesse con coerenza. Perché il Cavaliere può vantare
pubblicitariamente i grandi risultati del suo governo, e reclamare che i
cittadini ne sono all´oscuro per la cappa disfattista dell´informazione “di
sinistra”. Ma c´è un tema su cui non ha grandi possibilità di reagire.
Si chiama “crescita zero”. Un´economia in stagnazione. La perdita di quote
nel commercio mondiale. La caduta degli investimenti. La perdita di velocità
nell´innovazione. Berlusconi può dire ciò che vuole, illustrare le 33 riforme
della Cdl, esaltare il catalogo delle leggi prodotte che, come per un altro
grande e mozartiano seduttore, «son già mille e tre». Ma in fin di riga, dopo
tutte le straordinarie riforme e le mirabili leggi, dopo il Contratto con gli
italiani, tutto l´attivismo del centrodestra ha prodotto un puro e semplice
zero: cioè un paese immobile, in cui la ricchezza non cresce. Ossia la realtà
che la società percepisce tutti i giorni, a dispetto dell´autocelebrazione di
Berlusconi, dei dépliant inviati alle famiglie, degli spot governativi.
E allora: da una parte c´è la mobilitazione ideologica contro il salto nel
buio del voto ai “comunisti”. Dall´altra dovrebbe esserci un giudizio fattuale
su cinque anni di previsioni di crescita fasulle, sulla spesa pubblica fuori
controllo, sull´avanzo primario bruciato per niente. E qualche solido argomento
per indicare una via d´uscita dal ristagno (che per molti vuol dire
impoverimento). Da una parte c´è lo zero, dall´altra, per ora, cinque punticini.
Poco, ma nell´attesa ormai quasi esaurita del programma salvifico, i cinque
punti sono se non altro l´indizio che la campagna elettorale si può ricondurre
sul terreno calcolabile della razionalità.