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14 Febbraio 2006

Prodi alla sinistra: la Tav si fa, punto e basta

Autore: Francesco Alberti
Fonte: Corriere della Sera

MADRID – L’autista lo aspetta fuori dall’hotel Ritz e lui lo fa aspettare: «Lo so, è roba da non credere, ma vi assicuro che è andata proprio così…». Rischia anche di arrivare tardi al pranzo con l’ex commissario europeo Loyola de Palacio, ma è troppo preso: «È stata una svista, un errore materiale. Figurarsi se non era previsto nel nostro programma un riferimento alla Lione-Torino: è un’opera prioritaria, ho incontrato gli amministratori della Val di Susa qualche giorno fa…».


Gesticola. O forse prende a pugni l’aria, non potendo prendere a pugni nessun altro: «Non c’è nessun mistero, nessuna trattativa dietro le quinte, solo un errore. Tra l’altro l’estensore della cartella in questione non era nemmeno un ambientalista…». E giù una risata liberatoria, finalmente.


Romano Prodi arriva a Madrid. E tutti a chiedergli dov’è il trucco. Ovvero, come hanno fatto gli inquilini prestigiatori dell’Unione a far sparire dalle 281 pagine del programma più corposo che l’Italia repubblicana ricordi un capitolo incandescente come quello della Tav: Lione-Torino con annesse proteste.

Il Professore, che attorno al quesito si è arrovellato per buona parte della domenica (rovinandosela), sulle prime si irrigidisce. E sbotta: «È una polemica fuori posto. La Tav si fa, si fa, punto e basta!».

Quindi, puntando lo sguardo sulla telecamera più vicina, comincia a spiegare: «Intanto è assolutamente falso dire che non ci sono riferimenti nel programma. È scritto che le grandi infrastrutture vanno realizzate e tra queste, ovviamente, c’è anche il Corridoio 5».

Allarga le braccia, sospira, insiste: «Il programma, come tutti i programmi, delinea una cornice d’azione. Il quadro però lo decido io». E non c’è alcun bisogno, come invece chiedono Chiamparino e la Bresso, di inserire adesso un riferimento alla Lione-Torino: «Daremmo eccessivo peso a una polemica che non ha senso».


Naturalmente la faccenda non si chiude qua. Prodi è perfettamente consapevole che, svista o no che sia stata, c’è un pezzo di Unione pronta a cavalcarla: «Certo – ammette con i suoi – il problema delle frange estreme esiste e poi la proporzionale esalta il protagonismo».

È ora di pranzo. Il Professore si dilegua con Loyola de Palacio, guarda caso proprio colei alla quale fanno capo le competenze sui Corridoi europei, Lione-Torino compresa. La signora, a quanto si sa, non si perde in grandi giri di parole: «Immagino, caro Romano, che andrete avanti sul progetto della val di Susa, è fondamentale».

La risposta prodiana arriva due ore dopo nel corso di un incontro con il Comitato italiani all’estero: «Ho sempre sostenuto che, senza Corridoio 5, l’Italia sarebbe isolata. Bisogna coinvolgere le comunità locali: un confronto anche aspro, ma che giunga a conclusioni rapide».


Il resto del Prodi spagnolo è dedicato agli avversari: «Alla Cdl – ironizza – nessuno chiede mai il programma: forse perché non è in programma». Poi finge di commuoversi alla vista del simbolo dell’Unione: «Ormai devo andare all’estero per vederlo dopo che la nuova legge elettorale lo ha escluso: è un vero insulto al Paese».

Gli chiedono quale sarà il suo primo atto di governo. Scherza: «Riposarmi…». Poi: «Dare subito un segnale forte all’economia».


Nemmeno una domanda sui Pacs alla Zapatero: la sigla di giornata era Tav.