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3 Gennaio 2006

Presidente maestro

Autore: Maurizio Viroli
Fonte: La Stampa

Nel suo ultimo messaggio di fine anno, il Presidente della Repubblica ha voluto lasciare agli italiani un’alta lezione di etica repubblicana nella quale ha compendiato i principi del suo settennato.


Ha ribadito che i valori che hanno ispirato la sua opera di Capo dello Stato sono stati il senso del dovere e l’amore della patria. Il primo impone di lasciare da parte gli interessi personali; il secondo sollecita a guardare sempre al bene comune dell’Italia, non a quello di una parte, quale essa sia.


Nel nostro Paese «dovere» e «patria» sono parole difficili da pronunciare.


In troppi le hanno declamate in malafede per coprire, o meglio, come scrivevano i classici, per «colorare» politiche di oppressione e di discriminazione. La monarchia parlava di patria e chiamò Mussolini al potere. In nome della patria e della nazione il fascismo metteva in carcere e inviava all’esilio, quando non assassinava, gli oppositori. Troppi politici dei primi decenni della nostra storia repubblicana parlavano sempre di dovere e furono scoperti colpevoli della più ripugnante corruzione.


Ciampi ha proposto agli italiani il vero significato delle parole dovere e patria. Ha interpretato il primo come obbligo interiore, con la propria coscienza, di rispettare scrupolosamente il mandato che la Costituzione affida al Capo dello Stato. Ha spiegato che patria è principio di libertà e di unità, del tutto opposto al nazionalismo, e come tale aperto alla visione della più grande patria europea che non sopprime, ma arricchisce, le patrie nazionali. Lo ha fatto, anche nel suo messaggio di commiato, con profonda convinzione («Vi ho parlato di ciò che avevo nel cuore e nella mente»).


Gli italiani, nonostante l’abitudine al cinismo e alla diffidenza nei confronti di chi parla di dovere e di valori, hanno avvertito che dietro alle parole c’era questa volta l’uomo, con le sue passioni più sincere, con la sua storia personale, con i suoi ideali. Hanno capito, soprattutto i giovani, che dovere e patria non sono addobbi retorici, ma i valori che permettono di vivere liberi. I sondaggi d’opinione, anno dopo anno, lo confermano in modo inequivocabile.


Con la medesima sincerità, Ciampi ha insistito sul valore del Risorgimento e ha ribadito il legame storico e ideale che unisce il Risorgimento, la Resistenza e la Costituzione repubblicana. Ha espresso il suo profondo rispetto per chi ha dimostrato di vivere con sincerità la fede religiosa, ma al tempo stesso ha ribadito la separazione fra Stato e Chiesa e la piena laicità della Repubblica. Infine, ha voluto ricordare a tutti che la democrazia non è esercizio della forza ma ricerca del dialogo, nelle assemblee legislative e nella società, come teorizzava Guido Calogero, suo maestro alla Normale di Pisa.


Nell’arco di tutto il settennato, Ciampi è stato il Presidente-maestro che ha cercato di unire gli italiani insegnando l’etica della libertà nell’unico modo in cui essa può essere insegnata: con la coerenza fra le parole e i comportamenti e con l’esempio. E con l’esempio ha dimostrato la dignità e la bellezza della politica vissuta come servizio fondato su principi morali fermi. Seguendo la strada che Ciampi ha tracciato, si potrebbe forse realizzare quella riforma morale che è presupposto di ogni seria politica democratica. Molto dipenderà da chi prenderà il suo posto al Quirinale, e dalla volontà dei partiti politici, delle amministrazioni locali, delle istituzioni dello Stato e della società civile. Quel che è certo è che se disperderemo questo patrimonio faticosamente costruito perderemo le energie morali e politiche che sono necessarie alla rinascita dell’Italia.