Decine di messaggi sul sito di Forza Italia: se lo fate non vi voto più.
Silvio disse: il maggioritario è una religione Le oscillazioni della Cdl sulle
elezioni. La Russa era netto: il proporzionale sa di muffa. Fini si era
convertito al «turno secco».
Sarà divertente vedere Ignazio La Russa votare la riforma elettorale che ha
in mente la destra. Sul tema era stato infatti di maschia nettezza: «Il
proporzionale trasmette un ricordo di vecchiume, intrighi, guerriglie nei
partiti». Insomma: «Sa di muffa». E due mesi fa aveva confermato: «An rifiuta il
ritorno al proporzionale». Ri-fiu-ta. Arrossendo d’imbarazzo, però, si consoli:
sarà in folta compagnia. Poche materie infatti come quella elettorale han visto
tutti dire il contrario di tutto. A partire da Silvio Berlusconi che, alla
millesima giravolta, ebbe pure a lagnarsi di chi gliela faceva notare: «Con
coerenza assoluta dico sempre le stesse cose». Una coerenza da latticini:
mungitura il martedì, scadenza il venerdì.
Elencare tutte le posizioni che ha preso via via è impossibile. Riassunto
in pillole: «Il maggioritario per noi è quasi una religione, l’80% degli
italiani ha approvato il referendum». «Se le cose stan così tanto vale tornare
al proporzionale». «Il maggioritario è contro la partitocrazia». «Sono per il
doppio turno di coalizione ma anche il proporzionale dà stabilità». «Ora sono
anch’io convinto che la strada migliore sia quella d’un sistema uninominale
secco a un turno, come in Gran Bretagna». «Il maggioritario è stato stravolto
con l’introduzione della quota proporzionale. Va eliminata per togliere alla
nomenklatura la possibilità di entrare in Parlamento attraverso una
scorciatoia». «Prima regola: in una democrazia maggioritaria governa chi ha
vinto le elezioni». «Sono per il doppio turno, una scelta più meditata,
ragionevole». «C’è chi vuol tornare al Grande Centro, al sistema proporzionale,
alla palude del consociativismo!». «Anch’io avevo sperato nel maggioritario ma
si è vista la frammentazione». «Modello tedesco con premio di maggioranza? Sono
più che favorevole». Insomma? Boh.
Obiezione: anche a sinistra c’è chi, sia pure meno ondivagando, si è
battuto per anni per il proporzionale e invece ora si leva furente contro
l’iniziativa della destra. Vero. Verissimo. Ma la risposta, su questo punto, va
lasciata ancora a Berlusconi che dieci mesi prima (dieci mesi) delle «politiche»
del 2001 che si avviava a vincere, respinse l’idea di una riforma elettorale
proposta dall’Ulivo e assai meno radicale di quella di oggi, con queste parole:
«Il tempo è scaduto». Tesi rilanciata dai coristi con minime varianti. Alfredo
Urso: «Non si cambiano le regole del gioco in campagna elettorale». Gianfranco
Fini: «Non si cambiano le regole a partita iniziata». Rocco Buttiglione: «Le
riforme elettorali non si fanno in campagna elettorale». Giulio Tremonti: «Non
si cambia la legge elettorale a colpi di maggioranza, non si cambiano le regole
se la campagna elettorale è già iniziata». E il futuro «garante» dei lavori
parlamentari Pier Ferdinando Casini ammiccava: «Capisco che Rutelli voglia
vincere le elezioni e proponga di cambiare la legge elettorale ma nel mezzo
della partita non si cambiano le regole». L’accusa? La spiegava ancora il
Cavaliere: «Quella proposta dal centro sinistra è una legge per il suo bene e
per il male del Paese».
Mentre il forum di Forza Italia (www.forzaitalia.it/sms) viene intasato di decine di
messaggi quasi tutti contro la svolta («se lo fate non vi voto più», scrive ad
esempio Camillo: «è un giro di valzer indecente»), val dunque la pena di
ricordare almeno alcune delle chicche consegnate agli archivi. Antonio Martino,
in un momento in cui il Cavaliere si sentiva proporzionalista: «Il maggioritario
era il cuore del programma di Forza Italia nel ’94 come nel ’98. Io ho la
tessera numero 2 e, in otto delle undici cassette che nel ’94 abbiamo dato ai
candidati per prepararsi alla campagna elettorale, ero io a parlare. La
decisione di Berlusconi mi crea grossi problemi». Maurizio Gasparri, l’estate
scorsa: «Nessuno pensi di tornare al “suk” al mercato arabo dei tempi andati. Se
qualcuno lo proponesse ritornerebbe sui suoi passi con le pive nel sacco. Vanno
bene tutti i sistemi, quello regionale, quello comunale, quello in vigore adesso
per il Parlamento, ma deve essere un sistema bipolare e comunque maggioritario».
Renato Schifani, un mese fa: «Ormai il Paese è abituato alla logica del
bipolarismo, del maggioritario. La battaglia referendaria dell’abolizione del
proporzionale ha tracciato un solco che ritengo irreversibile».
Il più interessante da seguire nella curva a gomito, però, è forse il
ministro degli esteri Fini. Il quale, gagliardamente contro il maggioritario
quando pensava lo danneggiasse («L’uninominale è un sistema elettorale voluto
dalla Dc, dal Psi dal Pds, dalla cupola di Confindustria e dal potere sindacale
per salvare la partitocrazia e riciclare i partiti sepolti da Tangentopoli») si
convertì solo quando si rese conto che il nuovo sistema poteva essergli invece
utile. Ma fece seguire alla conversione il furore dei convertiti: «Noi siamo per
il maggioritario a turno secco». Tesi ribadita per anni, fino a promuovere il
referendum per l’abolizione di quel 25% rimasto di proporzionale e a sfidare
D’Alema: «Se davvero vuol dialogare con noi, lo invitiamo ad uscire
dall’ambiguità: impegni la parte della sua maggioranza che crede nel bipolarismo
a sostenere una nuova legge elettorale, che rafforzi il maggioritario e che
recepisca lo spirito del referendum Segni». Ancora: «La legge elettorale
proporzionale è il mastice di quanti hanno nostalgia del pentapartito». «An non
cambia idea sulla legge elettorale, quindi è indisponibile a intese basate su
una legge proporzionale». E via così… Per dirla con La Russa: uffa, la
muffa!