12 Dicembre 2005
Politica e spese record, un eccesso da fermare
Autore: Mario Pirani
Fonte: la Repubblica
«Dodici anni dopo Tangentopoli, si riparla oggi di questione morale e di costi eccessivi della politica»: così inizia il documentatissimo saggio di Cesare Salvi e Massimo Villone, «Il costo della democrazia» (ed. Mondadori), presentato a Roma dal presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, dall´ex presidente del Senato, Nicola Mancino, dall´on. Massimo D´Alema e dal sottoscritto.
La discussione ha rappresentato un insperato momento di rottura nel silenzio torpido che avvolge il tema della lottizzazione partitica degli spazi pubblici e parapubblici. Tra l´altro, in questa occasione, il leader dei Ds si è dichiarato d´accordo su una nuova legge per il finanziamento della politica, assai più trasparente e meno corriva di quella attuale, come anche per l´instaurazione di un sistema severo di concorsi per le nomine sanitarie, così da sottrarle ai contrastanti interessi di partito.
Speriamo non resti soltanto una dichiarazione di buone intenzioni anche perché, alla sola idea di ritrarsi dai posti occupati (e moltiplicati dal federalismo), il nuovo ceto politico ha finora risposto con infastidita supponenza.
E si capisce il perché se si pone mente ai corposi interessi diffusi che la «Politica S. p. A. « (la definizione è di D´Alema) ormai garantisce. Il libro di Salvi e Villone ne analizza alcuni aspetti, quantificandone altresì il corrispettivo economico.
Sommando tutti gli eletti (dai parlamentari europei fino ai consiglieri di circoscrizione e delle comunità montane) e aggiungendovi i consulenti che gravitano attorno ad ogni ente elettivo, si ha già un primo totale di 427.889 persone.
A queste si aggiunge la pletora di dirigenti e assunti nelle cosiddette «società miste» ed altri enti dalle Regioni e dai Comuni, nonché l´esercito di collaboratori esterni delle pubbliche amministrazioni centrali.
Nell´assieme si calcolano altre 300.000 persone che debbono posto e retribuzione a designazioni del potere politico. Un ceto che ormai si aggira sulle 800mila-un milione di individui. Un apparato diffuso il cui costo, secondo i calcoli di Salvi e Villone, dovrebbe oscillare fra i tre e i quattro miliardi di euro l´anno.
Naturalmente gli autori, essendo tra l´altro due parlamentari, si guardano bene dall´affrontare il tema in una ottica «antipolitica» ma secondo quella di chi vuole segnalare e combattere dall´interno le degenerazioni dello Stato-partito.
In questo ambito viene indicato il fenomeno della presenza di ben 200mila eletti di tutti i gradi, fino a quelli medio-bassi, un tempo assolutamente volontari, retribuiti oggi in misura variabile, talora molto elevata.
«Il mandato elettivo – scrivono gli autori – sta diventando un vero e proprio lavoro. Una carriera che assicura a un numero crescente di persone lo stipendio, la pensione, la liquidazione, l´assistenza, i benefìt e anche privilegi non funzionali al mandato popolare.
A parte i costi è la qualità del sistema che cambia. Un tempo i partiti controllavano politicamente gli eletti, oggi spesso si sta nei partiti per essere eletti. L´eletto non risponde a nessuno, ha i soldi, ha una segreteria, dirige di fatto le strutture di partito».
Mi sembra evidente che non siamo alle prese con una questione morale, sulla scia di Tangentopoli, affrontabile, almeno nei suoi aspetti illegali, dalla magistratura ma di una questione politica che solo un movimento di rigenerazione delle forze politiche, sotto la spinta dell´opinione pubblica, può contribuire a sanare.
Nessun giudice, ad esempio, potrebbe intervenire contro l´apertura di «ambasciate» all´estero che molte Regioni, autodefìnendosi Stati sovrani hanno attuato. A Bruxelles dove molte hanno affittato o acquistato sedi prestigiose gli pseudo diplomatici regionali sono più numerosi di quelli del governo, la Lombardia ha aperto ben 24 uffici nel mondo, comprese Cuba, Pechino, Shanghai; la Campania ha un´ambasciata a New York, la Sicilia ha assunto un ambasciatore in pensione per dirigere le sue relazioni internazionali e inaugurato l´”ambasciata” di Parigi e quella di Tunisi.
Avete mai sentito parlare di ambasciate della Baviera o della California che pure fan parte di Stati federali? Si capisce perché tra 1999 e il 2004 la spesa corrente non sanitaria delle Regioni sia lievitata del 16%.
Eppure sulla questione intrecciata della lottizzazione e delle spese che comporta, salvo qualche voce occasionale come quelle che abbiamo qui ricordato, vige un silenzio pavido e corresponsabile. Più volte in colloqui privati Prodi, Rutelli, Bertinotti e numerosi esponenti ds mi hanno assicurato che avrebbero preso posizione e promosso iniziative di rinnovamento. Finora non è avvenuto.