8 Agosto 2005
Politica, affari e il fondo di Carlo De Benedetti
Autore: Silvio Berlusconi
Fonte: la Repubblica
SIGNOR direttore, nel suo editoriale di mercoledì scorso, dal titolo “Repubblica, il diavolo e l’acqua santa”, Lei non ha mancato di insistere sulla sua convinzione che il centrodestra italiano rappresenti un’anomalia nelle democrazie occidentali per quattro ragioni: il conflitto d’interessi, il monopolio televisivo, le leggi ad personam, la cultura populista.
Permetta al diavolo almeno di replicare. Non certo sulle sue convinzioni che io rispetto, nonostante rivelino una sua personale ostilità che non credo di meritare, quanto sui fatti, o meglio sulla loro manipolazione.
Vengo ai punti specifici della sua requisitoria.
Conflitto di interessi. Non starò a ricordare la genesi della legge che lo regola. Osservo soltanto che si tratta di una legge severa, che affida il controllo ad autorità indipendenti e che è stata approvata definitivamente, dai due rami del Parlamento, soltanto grazie alla determinazione dell’attuale maggioranza.
Rispetto a questa legge non c’è stato atto governativo che sia stato ritenuto illegittimo e dunque volto a favorire i miei interessi, economici o di qualunque altro genere. In assenza di atti ufficiali, fossero pure di semplice natura istruttoria, nessuno è titolato a sostenere la tesi che il governo sia condizionato dal conflitto d’interesse. Farlo equivale a emettere condanna nei confronti di qualcuno prima ancora che si istruisca un processo. Un atteggiamento totalmente illiberale, questo sì, distorsivo dello Stato di diritto.
Monopolio televisivo. Non mi limito ad osservare che l’attuale assetto del mercato radiotelevisivo vede, oltre ad una vastissima presenza di emittenti locali, due grandi protagonisti in competizione aperta tra loro e altri, attualmente con minori ascolti ma con grandi potenzialità di espansione come Sky del gruppo Murdoch e La7 del gruppo Telecom.
Né mi limito a ricordare che il monopolio statale in campo televisivo è stato rotto proprio dall’affermarsi del gruppo che ho fondato, che ha aperto il mercato pubblicitario alle imprese di medie e piccole dimensioni con notevolissimi vantaggi per tutta l’economia ed ha offerto al pubblico maggiore libertà di scelta, tanto che nel referendum del 1995 la maggioranza degli italiani si pronunciò a favore della parità di condizioni tra concorrente pubblico e concorrente privato.
Voglio invece sottolineare il fatto che, in questi anni di governo Berlusconi, l’azienda pubblica, la Rai, ha combattuto ad armi pari con Mediaset, ed ha in molti casi superato in ascolti Mediaset. Non crede che, se fossi stato spinto dai miei interessi imprenditoriali, avrei agito per ottenere l’esatto contrario?
Basta poi guardare i telegiornali e i programmi di approfondimento (compresi quelli di Mediaset) per rendersi conto che non esiste monopolio né controllo sull’informazione da parte del Presidente del Consiglio.
Io e il governo che presiedo siamo oggetto di critiche e di polemiche – sia nei telegiornali della Rai che in quelli delle tv private – più di ogni altro governo che ci ha preceduto. Questo è indubitabile. Al contrario di quanto è capitato e capita al sottoscritto, nessuno tra i politici nostri oppositori ha mai potuto nemmeno lamentare un personale caso di censura o di attacco a proprio danno.
Leggi cosiddette ad personam. Su questo punto è stata compiuta in questi anni una manipolazione che ha dell’incredibile. E che non ha tenuto alcun conto di un fatto fondamentale. Cioè che il Presidente del Consiglio e altri esponenti del suo partito, sottoposti a processi penali (infondati e per esclusivi motivi politici), non hanno ricevuto alcun beneficio da leggi che, invece, hanno agevolato nei loro diritti di difesa migliaia di cittadini.
Se si esclude la provvisoria sospensione di poche settimane dei procedimenti nei miei confronti seguita all’approvazione del cosiddetto “lodo Maccanico”, dal nome dell’esponente del centrosinistra che lo aveva proposto, nessuna legge che ha innovato aspetti importanti della procedura penale ha procurato “vantaggi” giudiziari a me o ad esponenti del mio partito.
Quanto al “lodo”, esso è stato cassato dalla Corte Costituzionale non per il merito, ma perché la Corte ha ritenuto che fosse necessaria una legge di natura costituzionale piuttosto che una legge ordinaria. Ma Le ricordo che tutte le forze politiche consideravano, e credo tuttora considerino, assolutamente necessaria una norma che protegga le più alte cariche istituzionali dall’azione penale durante lo svolgimento del loro mandato. Una norma che esiste in quasi tutti i Paesi europei. Dunque si tratterebbe non di una legge ad personam, ma di una legge a tutela delle istituzioni. Tutela necessaria visto il debordante protagonismo di alcuni procuratori della Repubblica che anche in questi giorni stanno occupando la ribalta.
Cultura populista. Qui entriamo nel campo dei puri giudizi politici. Ma anche in questo caso l’accusa mi appare frutto di un atteggiamento di snobismo intellettuale che considero un vizio di certa aristocrazia culturale del nostro Paese. Si è mai chiesto la ragione dell’anomalia tutta italiana nella diffusione dei quotidiani, che sono acquistati da meno di 6 milioni di italiani al giorno? Forse il nostro è un popolo di analfabeti o di indifferenti? O non è forse vero il fatto che l’intellighenzia nazionale è distante anni luce dai problemi che interessano realmente i cittadini?
Non mi stupisce allora che anche Lei consideri populista chi sa parlare ai cittadini con un linguaggio semplice, comprensibile a tutti, e non si rifugia nel gergo elitario, il cui scopo è escludere dalla conoscenza dei fatti e dalla comprensione dei problemi la grande maggioranza degli elettori. Quello che Lei chiama populismo, con qualche, mi consenta, punta di sussiego, io lo considero l’essenza della democrazia. Perché chi governa e chi si occupa della cosa pubblica ha il dovere di far comprendere a tutti il suo pensiero.
Comportarsi diversamente potrebbe far venir meno il suo giudizio tranciante, ma esprimerebbe certamente un’idea della politica e della cittadinanza che risale a prima della conquista del suffragio universale.
Un ultimo punto, e mi scuso per la lunghezza della mia missiva, riguarda la lettera apparsa ieri, su queste stesse colonne, a firma dell’ing. De Benedetti. Prendo nota, con rammarico, del fatto che l’ingegnere, pur essendo persona certo navigata da anni nel duro mondo degli affari, non ha saputo resistere al massacro mediatico, e tutto politico, che investe immediatamente chiunque osi entrare in rapporto con Silvio Berlusconi. Lo capisco, perché io questo massacro ingiusto lo soffro sulla mia pelle quotidianamente da quando ho osato togliere il potere ad una sinistra che si era illusa di avere già vinto.
Non vorrei, Signor direttore, che questa stessa sinistra e che molte persone che la pensano come Lei si illudessero ancora una volta.
Il direttore Ezio Mauro risponderà domani al presidente del Consiglio.