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12 Ottobre 2004

Patto con Fassino: no a candidati di disturbo

Autore: Nino Bertoloni Meli
Fonte: Il Messaggero

ROMA E’ entrato candidato e ne è uscito leader. Indiscusso. Accettato da tutti. Romano Prodi è riuscito a tenere insieme la riottosa compagnia del centrosinistra. A ognuno ha dato qualcosa, da ognuno ha ricevuto il via libera. Tolti i panni dell’“uomo solo al comando” che si addicono più a uno scalatore che non a un passista qual è, Prodi ha indossato

quelli dell’Unificatore. E subito gli son calzati assai meglio. Sul nodo più spinoso, l’Iraq, si è assicurato il placet del ”partito del ritiro” (Rifondazione, Verdi e Pdci) accettando il ritiro stesso come ipotesi, ma ottenendo concretamente di attendere almeno l’esito delle elezioni americane (la mozione per il ritiro è destinata a entrare nel congelatore). Per le Regionali la tesi del Listone ovunque è stata confinata in soffitta, sostituita nel documento finale letto da Prodi ai giornalisti dalla più appetibile «Grande allenaza democratica che si presenterà unita in tutte le 14 regioni».

E’ stato un vertice ben preparato. Grande il lavoro e il lavorio di Arturo Parisi, che ha tenuto i contatti con tutti. A dispetto delle apparenze che vedevano un Prodi impegnato all’estero (Vietnam e Corea) e i leader fintamente distratti, tutto è stato deciso e messo a punto tra la sera di sabato e il lunedì mattina. Prodi ha visto o sentito i leader del Listone (Rutelli e Boselli), poi l’appuntamento decisivo ieri mattina presto prima del vertice con Fassino, che è andato a trovarlo al residence dietro via Veneto dove il Professore alloggia. Il metodo degli incontri bilaterali ha funzionato, sicché al vertice quando Prodi ha affidato le tre relazioni a Mastella, Rutelli e Fassino, tutti hanno capito che i giochi erano fatti e che il Listone non si presentava all’appuntamento in ordine sparso.

Con Fassino, il candidato leader non si è limitato a concordare la linea irachena. Il nodo che stava a cuore al leader Ds erano le primarie con l’insidia di una candidatura di Bertinotti che potrebbe diventare la calamita di un certo malcontento a sinistra facendo lievitare Fausto il rosso ben oltre il suo 5 per cento. E tutto a scapito della Quercia. Su questo tra Prodi e Fassino è stato stretto un patto che suona più o meno così: non ci saranno candidature di disturbo o puramente propagandistiche. Tradotto più concretamente: saranno ammesse soltanto quelle candidature chiaramente alternative alla leadership di Prodi, non si potrà in sostanza da una parte dichiararsi favorevole alla candidatura del Professore e dall’altra presentarsi contro. Stabilito questo, che appare la soluzione più razionale se si vogliono evitare primarie burla, spetterà adesso all’immancabile ”tavolo delle regole” stabilire modalità e procedure.

Due i compromessi che hanno richiesto più tempo (e fatica) per essere conclusi. Sulle regionali, per tenersi ben stretto Clemente Mastella, si dice che i candidati verranno scelti «nel doveroso rispetto dell’equilibrio della coalizione», frase che il riottoso Clemente ha gradito venisse inserita. Quanto al fronte del ”ritiro subito”, nel testo finale si dice che nel quadro di una conferenza di pace e della sostituzione delle forze di occupazione «va previsto il ritiro delle truppe italiane già ripetutamente richiesto». E’ stato Fassino a condurre la ”trattativa” finale sul tema. «Lo vogliamo dire che i nostri militari devono tornare a casa?», insistevano Bertinotti e Diliberto. «Certo, c’è scritto ritiro, no», replicava pronto il leader Ds. «E che gli Usa se ne devono andare, ci sta?», insistevano i ”ritiristi”. «Parliamo di conferenza di pace e di sostituzione delle truppe, mi pare chiaro, no», teneva il punto Piero il lungo. Diliberto ha posto il problema della legge 30 e di quella Moratti, «dobbiamo dire che sono due leggi da abolire», e Prodi «apprezzo queste sollecitazioni programmatiche». Pecoraro Scanio ha insistito sugli Ogm, e sulle primarie ha chiesto serietà, «evitiamo candidature di disturbo», mandando il Professore in sollucchero. Di Pietro era già al settimo cielo per essere seduto al tavolo: ha promesso che intende entrare nella Gad non nel Listone, mandando in sollucchero questa volta il socialista Boselli.