Il biglietto di auguri di Parisi è un alberello formato da tredici simboli che raccontano la storia dell’Ulivo dal ’95 al 2006. «Ricordando un cammino lungo undici anni. E la chiamano impazienza! Buon Natale, Arturo Parisi».
Se un leggero malore, con ricovero in ospedale e pellegrinaggio di visite (da Prodi a Rutelli) non lo avesse sottratto al suo convegno, il presidente federale della Margherita sarebbe stato contento, e molto, di applaudire Prodi che cita Giorgio Gaber per sostenere il partito in fieri, Fassino che per ben tre volte scandisce «partito democratico» e non più partito riformista, Rutelli che spinge sui gruppi unici e i direttori dei due principali quotidiani italiani, Paolo Mieli ed Ezio Mauro, che fissano a metà legislatura la data di nascita del nuovo soggetto. «Il nostro popolo è pronto» avrebbe detto Parisi dal palco.
ATTACCO AI DS – È in questo clima che Rutelli torna a puntare il dito contro i Ds, indicando nella fine del collateralismo tra partiti e corpi intermedi della società una condizione per la nascita del partito democratico. «La Margherita ha visto giusto nella vicenda del Monopoli bancario» rivendica con enfasi il leader, ricordando quando sul Corriere sollevò «dubbi su operazioni finanziarie nelle quali c’era del marcio e nessuno poteva immaginare fosse così profondo». La politica non organizzi i soggetti del potere economico e il collateralismo lasci spazio all’«autonomia flessibile». Rasserenare gli animi è l’intento dichiarato da Rutelli. Ma per Piero Fassino, in piena tempesta Unipol, è uno schiaffo, che i Ds commentano con il più gelido silenzio. Dopo i colpi all’alleato, la chiusa del leader della Margherita è tutta rose e fiori, gruppi unici e fine (a parole) della competition: «Nella prossima legislatura si può far nascere davvero il partito democratico, perché Ds e Dl sono due partiti che credono non alla competizione tra loro ma a una scommessa per un traguardo più grande». Con due severe postille: la sinistra da sola non può essere maggioranza e «senza una Margherita forte non nasce il partito democratico».
Prima della reprimenda di Rutelli, Fassino aveva sottolineato quanto «affini e convergenti» siano i caratteri di Quercia e Margherita e quanto l’Ulivo, che non è solo «un utile accordo elettorale», possa stabilizzare il bipolarismo: «Un soggetto riformatore è necessario per dare un assetto di sistema. Ci vuole un soggetto prevalente affinché si possa governare anche con un margine esiguo di voti». Il leader dei Ds sa che il gruppo unitario al Parlamento europeo non si farà, ma invita a impegnarsi «per costruire in Europa un campo di centrosinistra».
Romano Prodi ha colto una «straordinaria convergenza» nei discorsi di Fassino e Rutelli, al quale però riserva una punzecchiatura affettuosa: finché il partito democratico «resta un’idea è soltanto un’astrazione» dice il leader con parole di Gaber, «se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione». La platea ride e il Professore spiega: «Non voglio invitarvi a una visione gastronomica del pensare politico, ma richiamare tutti noi a mantenerci nel prosaico pensiero di quello che si può fare».
Fondare un nuovo partito «di portata storica», ecco cosa si può fare. Ma sia chiaro – scaccia un sospetto che inquieta Rutelli, Marini e De Mita – «non è nostra intenzione costruire un nuovo soggetto sulle macerie dei partiti». E fu un errore non aprire già nel ’96 un «cantiere permanente» del «partito dei democratici», come Prodi lo chiama in onore a Parisi.
OSTACOLI E TEMPI – Il primo ostacolo che Paolo Mieli individua è ridurre a uno il Dna degli eredi del Pci e quello degli eredi della Dc, una «storia di subalternità e non di compagni di strada» che non può risolversi «con l’equazione Cristo-Marx». Il partito democratico, suggerisce il direttore del Corriere, sia un «incontro virtuoso» tra cattolici, laici e postcomunisti in cui nessun’anima sia subalterna. «Il problema dell’Italia – ragiona il direttore di Repubblica, Mauro, che si dice “interessato” al compimento del partito democratico – è aver avuto il più grande partito comunista di Occidente. La stagione grigia del postcomunismo deve finire, la pratica delle annessioni va abbandonata».
Mieli sprona Prodi a dichiarare «giorno mese e anno in cui nasce il partito democratico» e fissa in due anni e mezzo il Big Bang della nuova formazione.
E ci sarà anche lo Sdi, spera Giuliano Amato: «I socialisti hanno da campa’, devono superare l’ostacolo. Ma dopo le elezioni qualcosa potrà succedere…».