Professor Parisi, qual è il bilancio di questa settimana: iniziata con il grande successo delle primarie e finita con la lista unitaria. In sette giorni la politica italiana ha cambiato volto. Quale è il bilancio?
Se l’esperienza non mi avesse abituato a misurare le parole, le direi: una rivoluzione. Controllando parole e sentimenti possiamo almeno dire che il cammino che abbiamo intrapreso quindici anni fa con i referendum istituzionali continua. Continua la costruzione di quella che chiamiamo una democrazia governante. Una democrazia che affida ai cittadini non solo la scelta di chi li rappresenta in Parlamento e nei Consigli ma anche la scelta di chi li governa. Al ritorno della delega ai partiti reintrodotta da Berlusconi con l’approvazione della nuova legge elettorale abbiamo risposto con la partecipazione, alla spinta alla frammentazione favorita dal congelamento dell’Ulivo e dalla spartizione in porzioni determinata dalla proporzionale abbiamo risposto con l’unità dell’Ulivo e dell’Unione.
Come immagina il futuro dei rapporti tra Ds e Margherita?
Io le dico come li vorrei. Un rapporto di alleanza a tempo indeterminato attorno ad un progetto di governo riformatore. Non un accordo chiuso per dominare gli altri, ma un rapporto aperto a tutti i partiti e a tutte le culture del campo democratico. Un rapporto che punta alla creazione di quel soggetto unico del centrosinistra che per noi è da sempre il Partito dei Democratici, quel partito del quale ormai da undici conosciamo il simbolo, l’Ulivo: un simbolo che è in attesa della “cosa”.
Cosa intende per “riformismo”?
Di certo il riformismo non è per me la destra della sinistra. Anche a causa degli equivoci che si sono andati associando a questo aggettivo preferisco da sempre il termine riformatore. Riformatrice è la passione rivoluzionaria che si confronta con le ragioni della realtà . Riformatrice è la politica che sa che il suo fine è il governo della cosa pubblica, della res pubblica, la soluzione possibile nell’oggi dei problemi comuni non la loro semplice rappresentazione con il rinvio continuo della loro soluzione con l’illusione che nel domani mitico che ci guida la loro soluzione sarà definitiva.
Qual è il contributo che Bologna può dare a questo esperienza?
Continuare il cammino, la elaborazione e la sperimentazione che nella società e nel governo locale conduce assieme e alla testa delle altre comunità della nostra regione da decenni. Se l’Ulivo è nato a Bologna e in Emilia non è certo per caso. Qua la classe operaia, grazie anche alla ispirazione e alla azione riformatrice dei propri dirigenti, ha capito prima che altrove che il futuro doveva essere costruito in alleanza con i ceti medi. Qua i progetti di governo, anche se presentati in competizione, sono stati pensati da tempo nell’interesse di tutti. Se negli anni cinquanta è stato possibile a Dozza far proprie le proposte migliori del programma di Dossetti dopo averlo sconfitto nelle elezioni, questo è stato appunto grazie a questo. Perché Dozza e Dossetti non erano portatori di un punto di vista di parte, cattolico o operaio che esso fosse, ma pensavano all’interesse di tutti.
Si voterà con il sistema proporzionale, quello in cui, almeno storicamente, due partiti che si presentavano insieme prendevano meno della somma raccolta da soli. Non c’è il rischio che la lista unitaria faccia questa fine?
Se l’unione dei partiti apparirà guidata dalla convenienza occasionale, quella di perdere di meno così come quella di guadagnare di più, e rappresentata da una lista elettorale pensata come un tram dal quale si pensa di scendere una volta arrivati in parlamento il rischio è reale. Se invece riusciremo a spiegare ai cittadini che quello che ci unisce è un progetto stabile per il governo del Paese, da rappresentare uniti davanti agli elettori e difendere poi in parlamento, son sicuro che ai consensi considerati acquisiti alla partenza se ne aggiungeranno degli altri. Anche per questo ho detto e ripeto che la scelta è tra la qualità della proposta e la quantità delle proposte. Io sono per la prima.
Resistenze al processo unitaria ci sono sia in casa Ds, sia in casa Margherita. Come si può superare questo?
Rimuovendo innanzitutto i detriti dei mesi passati. Ma soprattutto confrontandosi sugli obiettivi finali piuttosto che sulle condizioni. Se l’obiettivo di arrivo non è solidamente comune fin dall’inizio è meglio non partire. Se invece è comune, son sicuro che il tempo e le condizioni per arrivarci non potranno non apparire secondarie.
Le primarie resteranno un esperienza unica o si potranno rifare?
Ormai il processo è avviato. Chi potrebbe mai prendersi la responsabilità di bloccarlo senza mettere nel conto la reazione dei cittadini? Chi potrebbe sostenere che i milanesi possono decidere o partecipare alla scelta su chi e su quale linea debba guidare il governo nazionale ed essere invece esclusi dalla decisioni che riguardano il governo cittadino? D’altra parte le stesse primarie nazionali alle quali siamo arrivati attraverso un cammino tutt’altro che lineare sono state aiutate dalla esperienza pugliese.
C’è chi le invoca per la scelta anche dei candidati per Camera e Senato. Cosa ne pensa?
Anche questo è un problema che dovrà essere posto e risolto. Soprattutto di fronte ad una legge, quale quella in corso di approvazione, che mette nella mani dei vertici dei partiti la compilazione dell’elenco dei parlamentari senza neppure l’obbligo di comunicarli ai cittadini sulla scheda elettorale. Già la situazione attuale era insoddisfacente. Quella che si annuncia può diventare presto insostenibile.
Quale può essere il messaggio forte che l’Unione lancia al Paese per le politiche dell’anno prossimo?
Quello che Prodi ha proposto agli elettori delle primarie e nel quale i cittadini si sono riconosciuti nella stragrande maggioranza: facciamo ripartire l’Italia.