ROMA – La scelta della colonna sonora non sembra casuale: «Voglio trovare un senso a questa condizione», canta Vasco Rossi, e pure i quadri ulivisti convenuti a Roma si interrogano sul significato da dare alla loro situazione di opposizione interna alla Margherita. La risposta arriva forte e chiara da Arturo Parisi: «Siamo stati costretti ad accantonare la costruzione nell’immediato dell’Ulivo come soggetto, ma dobbiamo riprendere il tema dell’Ulivo come progetto» per farlo tornare ad essere maggioritario dentro e fuori il partito. Un’azione che il leader della minoranza non ha timore di definire in termini di «rivolta contro il tradimento» di chi ha stravolto il patto fondativo della Margherita.
Non è che il primo colpo assestato a Francesco Rutelli e Franco Marini: a loro, ma anche ai Ds, il presidente dell’Assemblea federale rimprovera di aver reintrodotto il trattino, anzi «il trattone», nel centrosinistra, causando un processo di scomposizione della coalizione, avviando la competition con la Quercia e, soprattutto, spostando la Margherita «in una posizione più a destra». E nella speranza di conquistare gli elettori delusi da Berlusconi, «intanto si ospitano gli eletti».
Parisi esorta i suoi a scongelare l’Ulivo («affinché faccia un buon olio» come dice Willer Bordon), a riportarlo in mezzo alla gente, a lavorare con «testardaggine» per la costituzione di una casa comune dei democratici. Due sono gli strumenti: il Comitato nazionale Ulivisti per Prodi presidente in vista delle primarie, che «sono una conquista e non un regalo o un prezzo pagatoci in cambio della mancata scissione»; e poi un Laboratorio programmatico che dia voce agli interessi dei cittadini e delinei «un punto di vista riformista, cioé di governo» su questioni come l’immigrazione, il lavoro e pure la Rai, di cui Parisi critica il Consiglio d’amministrazione «occupato dai partiti come forse mai in passato». Un’ultima stoccata contro chi «vuol fare della Margherita un partito di tessere più che di tesserati», nel qual caso «tanto varrebbe che ci si sfidasse direttamente coi blocchetti degli assegni» (sul tesseramento gli ulivisti hanno chiesto una commissione di garanzia), quindi è l’ora dei saluti. «Domani è un altro giorno», canta ancora in sottofondo Vasco Rossi, e anche il leader dell’opposizione dice che bisogna guardare al futuro perché «oltre la gelata c’è un nuovo inizio per l’Ulivo», come recita il titolo del convegno; perché «un mese fa eravamo impallinati» e oggi invece inizia un diverso cammino con l’obiettivo di «ulivizzare l’Unione».
Sorride rilassato Parisi, si gode la standing ovation dei 600 convenuti e non pare affatto preoccupato dell’eco che nel partito hanno avuto le sue parole. Parole bollate come controproducenti» da Ermete Realacci, «livorose e divisive» da Beppe Fioroni, che tuona contro «le rivolte a percentuale garantita». «È un lessico che cerca lo scontro più che il dialogo e che fa male al centrosinistra e soprattutto a Prodi», accusa ancora Renzo Lusetti. Dario Franceschini è attonito: «Credevo che le polemiche fossero alle spalle e che potessimo ora concentrare le forze nella battaglia contro la destra – dice il coordinatore dell’esecutivo -.
Comunque capisco che chi si è voluto qualificare come opposizione debba opporsi. Mi sfugge a cosa, ma debba opporsi». Critiche che gli ulivisti respingono senza tentennamenti: niente polemiche, assicura Giulio Santagata, «ma abbiamo il diritto-dovere di impedire un cambiamento di pelle del nostro partito». Massima lealtà a Rutelli, garantisce Enrico Gasbarra, «ma sul progetto dell’Ulivo vogliamo diventare maggioranza nella Margherita come lo siamo nell’elettorato».
Nessun livore, ribadisce Natale D’Amico, «ma la chiara affermazione di un orizzonte politico alternativo. Nelle condizioni per la “convivenza” rientrava la possibilità di portare avanti la nostra linea». Ancora più chiaro Franco Monaco: «Vorrei ricordare che siamo stati a un passo dalla scissione, l’opposizione fa l’opposizione. Certe reazioni comunque non mi sorprendono perché sono coerenti con la propensione a minimizzare il dissenso, quello che invece ritengo intollerabile è che si tiri dentro Prodi. Ha un sapore ricattatorio».