31 Agosto 2005
Paradosso primarie: tutti corrono…per Prodi
Autore: Federica Re David
Fonte: Il Messaggero
ROMA – Dice Alfonso Pecoraro Scanio: «Se vincessi io le primarie, chiederei Prodi di fare il candidato premier e lasciare a me il posto di vice». Dichiara Ivan Scalfarotto: «Mi candido per vincere, ma sotto l’egida di Prodi, per dar forza a quello che è il suo grande progetto dell’Unione».
Antonio Di Pietro, che va ripetendo che il suo programma è in gran parte sovrapponibile a quello del Professore, annuncia: «La scelta serve a rafforzare Prodi, non a cristallizzare l’esistente. Altrimenti avremmo optato per il plebiscito».
Fausto Bertinotti, che oltre a essere il contendente più forte è anche il più realista, avverte: «Se si fanno le primarie, è anche per discutere la leadership della coalizione. Certo, probabilmente vincerà Prodi, ma attraverso la mia candidature spero di imprimere un’interpretazione molto più di sinistra alla coalizione».
E Vittorio Sgarbi, che a Ferragosto aveva chiesto di annullare la consultazione «per evitare un gioco al massacro», dopo che il suo appello è rimasto inascoltato ha deciso di prendere parte allo «scontro fratricida».
Cosa che non farà invece Don Gallo, che sarebbe piaciuto ai movimenti, ma ha preferito seguire il consiglio del Cardinal Bertone. Per la gioia di Clemente Mastella, che chiede a Prodi di ”mettere dei paletti” alle candidature «per non farci ridere appresso», ma la sua se la gioca in termini di peso politico puntando «a uno 0,5% in più di quanto abbiamo preso
alle ultime elezioni».
Insomma, stando ai fatti, l’unico che gioca davvero per vincere è Romano Prodi, che dichiara di considerare una vittoria la conquista della maggioranza assoluta, cioè il 50% più uno dei voti.
E, stando alle dichiarazioni, tutti o quasi corrono con l’intento primario di «rafforzare il Professore». Il che sembra un paradosso, dato che ognuno di loro di quei voti gliene rosicchierà un po’.
Ed è ovvio che tutti lo sanno e cercheranno di usare quel ”pacchetto” in termini di peso all’interno della coalizione, scegliendo come unità di misura chi i collegi, chi ”fettine” di programma.
E se è vero quando i prodiani hanno lanciato la sfida non pensavano a una competizione ”bulgara”, è anche vero che, come ricorda Arturo Parisi ideatore dell’operazione, «le primarie con un unico candidato possono servire eccome.
Bush, ad esempio, lo hanno aiutato a risalire la china in una situazione in cui la sua vittoria alle presidenziali Usa non era affatto scontata. Gli sono state utili per la grande mobilitazione di elettori repubblicani che hanno generato».
Ma il proliferare di candidati, ammesso che tutti riescano a raccogliere le diecimila firme necessarie, preoccupa il presidente dell’assemblea federale della Margherita soprattutto per un altro aspetto: «Non temo per Prodi, dice, ma per l’istituto della primarie in sè.
Ben vengano tutti i candidati, ma chiedo loro di correre per vincere, non per partecipare o, peggio, per contarsi». E proprio per questo, tempo fa, è andato nella sede del Prc per convince Bertinotti a dare alla sua campagna un tono da sfida vera.
«Noi vorremmo – è il ragionamento di Parisi – che questa fosse una scelta senza ritorno, che le primarie diventassero un istituto fisso, per le Comunali, le Regionali, le prossime elezioni. E per questo hanno bisogno di forza e credibilità.
Ci dispiacerebbe dunque se venissero svilite da una conta di tipo proporzionalistico. Ma ricordiamo che la missione fondamentale è la partecipazione: come ha dimostrato la Puglia, mobilitando con largo anticipo gli elettori sul territorio si possono ottenere risultati inaspettati».
«E’ chiaro – dice il sondaggista Nando Pagnoncelli – che più candidati ci saranno, meno voti Prodi prenderà. E che dunque dire ”corro per rafforzarlo” è un paradosso. Ma è anche vero che il Professore di contendenti ne ha bisogno. Magari sarebbe stato tutto più vivace se avesse disputato partita di Coppa dei Campioni, mentre questa sarà di fatto un’amichevole».