Una lista comune dell’Ulivo alle prossime elezioni europee. «Tutti i riformisti italiani uniti in Europa per l¹Europa». È l’ultimo sogno di Arturo Parisi, il consigliere e l’amico più fidato di Romano Prodi. Solo così, dice il professore, si può battere Berlusconi nel 2004 e nel 2006. E in questo caso, fa capire Parisi, Prodi potrebbe tornare a guidare l’Ulivo in Italia: «Non chiediamoci cosa può fare lui per noi, ma cosa possiamo fare noi per lui».
Che opinione si è fatto di questa crisi virtuale della maggioranza berlusconiana?
«Più Berlusconi arriva alla soluzione dei suoi problemi personali, con la sospensione dei processi ma anche con la legge Gasparri, più viene meno la ragione sociale del Polo. È un po’ come l’euro per il governo Prodi, raggiunto il quale, dissero alcuni, si era esaurita la missione. Sbaglieremmo noi del centro-sinistra se volessimo infilarci nel loro teatrino. Dobbiamo usare meno gli aggettivi della politica e più i sostantivi dell’economia».
Lei crede all’ipotesi di elezioni anticipate alla fine del semestre di presidenza italiana, nella primavera 2004?
«Ci credo poco. Non le considero l’espressione di un disegno. Potrebbero essere l’esito di un processo uscito fuori controllo. Comunque sanno che il centro-sinistra c’è».
Pensa di avere già la vittoria in tasca come altri leader dell¹opposizione?
«No. Anzi, non condivido per nulla il clima di euforia che si è creato dopo la vittoria alle amministrative. Non possiamo accontentarci di raccogliere da terra la loro sconfitta e rivendercela come una nostra vittoria. Mi sono ben presenti tutte le difficoltà, è un cammino ancora lungo».
Cosa manca per vincere le prossime elezioni?
«Un serio confronto programmatico, innanzitutto. Il centro-sinistra è un perimetro in cui si propongono più progetti che sono in grado di diventare un programma di governo, ma hanno bisogno di confrontarsi. In tante realtà locali le differenze non hanno impedito l’intesa».
Anche nel’96 avete fatto un accordo con Bertinotti che poi è andato in frantumi.
«Il buio del ’98 non deve farci dimenticare che nei due anni precedenti eravamo riusciti con grande fatica a sviluppare un dialogo durante il primo governo Prodi che ci ha consentito di raggiungere l’Europa. Una condizione che non si è più realizzata: dobbiamo ripartire da lì».
Cosa è cambiato rispetto ad allora? I Ds danno le carte, Rifondazione con un piede dentro e uno fuori…
«Alcuni problemi, ahimè, ritornano. Non posso non registrare l’affermazione di Piero Fassino che ha riproposto i Ds come perno della coalizione. L’Ulivo si deve affidare alla coralità, non alla forza dei singoli partiti. Ritengo sbagliata l’idea che l’Ulivo possa fondarsi sulla diarchia Ds-Margherita, figuriamoci se posso accettare che torni in campo l’idea dell’egemonia diessina. Conoscendo Fassino so che si tratta di una scivolata lessicale. Anche se è un lessico che viene dal passato».
Non c’è solo Fassino. Un uomo del segretario Ds, Ignazio Vacca, scrive che «acquisita l’egemonia nei Ds del gruppo dirigente di Pesaro, i movimenti hanno riavvolto i vessilli, nella Margherita è venuto alla luce un assemblaggio frettoloso»…
«È per questo che vedo la scivolata di Fassino con preoccupazione. Voglio considerare queste parole un cedimento all’euforia del momento: non solo nei confronti del Polo che dobbiamo ancora battere, ma anche nei rapporti interni al centro-sinistra. Dobbiamo tornare tutti insieme al tema dell’Ulivo».
Tutti nel centro-sinistra parlano di Ulivo, professore. Ma tutti si preparano a dividersi alle elezioni europee…
«Dobbiamo considerare quell’appuntamento come le prime vere elezioni europee della storia. Tutto possono essere tranne che una simulazione di una competizione nazionale. Sennò tanto vale dire che abbiamo scherzato, che tutti questi anni di impegno sono stati inutili».
Però lei con Prodi alle ultime elezioni europee lanciò l’Asinello per rimescolare le carte nell’Ulivo a livello nazionale. Nel 2004 l’Ulivo si presenterà con gli attuali partiti? O si può immaginare qualche novità?
«Dobbiamo costruire una proposta per l’Europa. Il progetto europeo di Prodi, il progetto Penelope, un’Europa forte, federalista, dotata di istituzioni democratiche, deve diventare il progetto di tutto l’Ulivo. E se questo progetto sarà veramente comune non capirei il motivo per cui non dovremmo poi presentarci agli elettori con un’iniziativa comune».
Sta dicendo che i partiti dell’Ulivo dovrebbero presentarsi con una lista unica?
«Esattamente. Questo sarebbe il modo vero di rispondere all’esigenza di unità che arriva dal nostro elettorato. E allo stesso tempo il modo più sicuro per evitare insensate divisioni. L’Ulivo deve presentarsi come una formazione europeista. Con lo stesso progetto per cui si batte Romano Prodi in Europa».
In questo caso Prodi sarebbe disposto a guidare la lista dell’Ulivo?
«Questo è un fatto secondario. Ogni cosa a suo tempo. Piuttosto che chiedere a Prodi di scegliere noi, siamo noi che dobbiamo scegliere fino in fondo di sostenere il suo progetto».
Lei conosce bene le obiezioni che arriveranno alla sua proposta. Alle europee si vota con la proporzionale…
«Non mi si dica che la moltiplicazione delle liste ci premia. Gli elettori dell’Ulivo ci hanno più volte dimostrato, anche alle amministrative, che sanno premiare la qualità di un progetto quando si presenta sotto il segno dell’unità. L’Europa ha bisogno della nostra unità. Nessuno può presentarsi da solo compiutamente come partito europeista. È una bandiera che possiamo sventolare solo stando insieme».
In Europa i Ds stanno con i socialisti, una parte della Margherita con i liberal-democratici e un’altra addirittura con i popolari, assieme a Berlusconi. E poi ci sono i Verdi, lo Sdi…E lei vorrebbe unire tutti sotto la stessa insegna?
«Perché continuare a importare dall’Europa divisioni che vengono dal passato invece di costruire anche in Europa la nostra unità presente? Vogliamo il massimo di unità. I riformisti italiani protagonisti in Europa per l’Europa. La mia proposta intercetta il confronto aperto da Massimo D’Alema e Giuliano Amato sulle pagine di “Italianieuropei” che proposero il superamento del Partito socialista europeo. Una proposta accolta con freddezza dagli altri partiti europei. Ma a D’Alema e Amato chiedo di continuare su quella linea,
di essere partecipi della scommessa che loro stessi hanno lanciato. Non possiamo restare sempre al vorrei ma non posso. È il momento di dare testimonianza alle nostre convinzioni, non limitarci a lasciarle a verbale».
E la Margherita?
«Il dibattito che lancio riguarda l’intero Ulivo. Ma la Margherita nell’Ulivo è forse la formazione più leggera, più libera da vincoli del passato, e ha i doveri che le vengono dalla sua libertà. Ha meno difficoltà di altri ad assumere pienamente il progetto di Prodi. Ma sarebbe meschino, riduttivo assumerlo in esclusiva. Ripeto: la mia è una proposta di unità».
E se Berlusconi rovina tutto e ci porta a votare nel 2004, cosa farete? Chiederete a Prodi di tornare in anticipo?
«Io so solo che Prodi si sente pienamente legato al compimento della sua missione europea. E che svolgerà il suo incarico fino all’ultimo momento».