2222
7 Settembre 2005

Non è più tempo di mezze misure

Autore: Luigi Spaventa
Fonte: la Repubblica

FORSE il ministro dell´Economia è riuscito a convincere il presidente del Consiglio. Domenica, il ministro Siniscalco aveva espresso la sua sfiducia nel Governatore della Banca d´Italia a conclusione di un´esposizione lucida, completa e precisa. Oggi il presidente del Consiglio ancora classifica le ragioni addotte come “opinioni personali”; ma, aggiunge, le ritiene “per molti versi fondate”.

Se tanto non basta a superare la resistenza del Governatore, si delinea una vera frattura istituzionale, senza precedenti nel tempo e nello spazio. Prima di considerarne gli esiti, meritano richiamo i passaggi dell´argomentazione di Siniscalco. Primo. La valutazione del comportamento del Governatore sotto il profilo della legittimità degli atti compiuti non tocca al governo.

Ma è compito del Governo valutare se, entro gli ampi confini della legittimità, quegli atti siano apparsi in contrasto con le regole di condotta (correttezza, imparzialità, discrezione) che un titolare di ufficio pubblico deve osservare e abbiano perciò danneggiato la credibilità dell´istituzione e del paese.

Si può pertanto aggiungere: non si attenda, ipocritamente, che la deprecata magistratura ci cavi dall´imbarazzo, valendo comunque in quel caso una presunzione di innocenza; e si rammenti che, persino in Italia, la violazione di quelle regole hanno indotto alle dimissioni qualche ministro della Repubblica. Secondo.

La latitudine dei compiti, la ampiezza di discrezionalità informale e la mancanza di trasparenza consentite all´azione della vigilanza sulle banche, unite ai privilegi monarchici del Governatore, hanno favorito le degenerazioni che si sono manifestate.

Privata del compito macroeconomico di garantire la stabilità dei prezzi, una banca centrale che mantenga le competenze di vigilanza deve essere equiparata, nei poteri e soprattutto nei doveri, alle altre autorità di regolazione. A tal fine serve un intervento legislativo: anche il ministro pare consapevole che quello proposto rappresenta piccola parte di quanto sarebbe necessario.

Terzo. La pur timida iniziativa legislativa, facendo seguito a una successione di manifestazioni di sfiducia politica, professionale e istituzionale a casa e fuori (a Bruxelles e a Francoforte la pratica resta aperta), avrebbe dovuto essere interpretata dal Governatore come cenno di dissenso da parte del governo.

L´atteso “atto di sensibilità istituzionale” non è avvenuto; la moral suasion dispiegata per ottenerlo è rimasta priva di effetto. È pertanto giunto il momento di riproporre la questione “nelle sedi appropriate”.

Quali sono queste sedi? Se il Governatore continuasse impavido a resistere sulla sua ultima spiaggia, che cosa potrebbe fare un presidente del Consiglio convinto dalle ragioni del ministro Siniscalco? La via istituzionale può essere una sola.

Come ormai tutti sanno, nomina e revoca del Governatore sono deliberate dal Consiglio superiore della Banca e approvate con Decreto del presidente della Repubblica promosso dal presidente del Consiglio di concerto con il ministro dell´Economia, dopo aver sentito (con parere non vincolante) il Consiglio dei ministri.

Tre sono dunque, formalmente, e in precisa successione temporale, gli attori di questo processo: il primo, il Consiglio superiore, anche se di fatto conta poco, deve darvi avvio con una sua delibera

Il presidente del Consiglio, non potendo egli revocare, dovrebbe allora chiedere al membro anziano del Consiglio superiore di convocare il collegio in seduta straordinaria, ponendo all´ordine del giorno l´informazione sulla posizione del governo e le delibere conseguenti.

Se il Consiglio approva la revoca, seguiranno gli altri due passaggi che formalizzano il provvedimento; il Governatore potrà, se lo ritiene, ricorrere alla Corte di giustizia europea. Se invece il membro anziano non dà seguito alla richiesta di convocazione, o se il Consiglio non raggiunge la necessaria maggioranza di due terzi, si aggraverà la frattura istituzionale; ma il governo avrà di fatto isolato e esautorato il Governatore, all´interno e all´estero.

Sarebbe triste, se si dovesse arrivare a tanto. Ma ormai non vi è più spazio per le mezze misure. O il dottor Fazio si rassegna a uscire di scena; oppure il presidente del Consiglio deve agire subito e con determinazione. Oppure, se né l´una né l´altra cosa avvenisse, il ministro dell´Economia, ora che si è bruciato i ponti alle spalle, dovrebbe trarne le conseguenze.