Nizza – «Non sono di destra, non sono di sinistra, sono per la Francia»: il famoso detto di De Gaulle è ancora d’attualità se François Bayrou fa breccia nel cuore dei francesi con un progetto di grande centro «democratico repubblicano», al fondo un po’ gollista. Ormai oltre il 20% nei sondaggi, testa a testa con la candidata socialista Ségolène Royal e poco sotto il candidato della destra, Nicolas Sarkozy, il leader centrista dell’Udf si sente più che mai sulle ali di un sogno, la conquista dell’Eliseo.
Cinquantasei anni, originario dei Pirenei, il «bearnese», come lo chiamano gli amici, è un intellettuale raffinato che di professione fa l’agricoltore e l’allevatore di cavalli da corsa. Al mercato dei fiori di Nizza, mentre stringe mani e dispensa sorrisi, con il suo sguardo un po’ malinconico e il tono modesto di un francese qualunque, mi dice: «Negli ultimi 25 anni, i francesi hanno avuto il tempo di misurare limiti e incapacità di governo dei due maggiori partiti, l’Ump e il socialista. La gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti. Il mio non è un programma, ma un progetto di rifondazione e ricostruzione, mettendo insieme gli uomini migliori della destra e della sinistra».
Ma i due maggiori partiti hanno anche collaborato, nei periodi di coabitazione.
«Quello che propongo io è una cosa diversa. Nella coabitazione, il presidente e il primo ministro si fanno la guerra. Sarebbe come far convivere Prodi e Berlusconi nello stesso esecutivo. In una coalizione, sull’esempio tedesco, si fa invece un accordo fra forze diverse per fare le riforme di cui il Paese ha bisogno. Nell’Europa di oggi, questa non è soltanto una necessità francese, ma un metodo di governo».
Se guardiamo alla Germania e in parte al disegno di partito democratico in Italia siamo pur sempre nella linea di un’alleanza di centro-sinistra. Lei invece viene dalla destra e spera di conquistare la sinistra.
«Non è proprio così. Sono sempre stato un uomo di centro e sono per un’alleanza di centro. Ho molta stima di Prodi e Rutelli che mi sostengono, anche se le situazioni non sono sempre uguali e comparabili. Quello che è straordinario è vedere sorgere questa voglia di centro in poche settimane in un Paese che ha sempre vissuto lo scontro fra destra e sinistra. Questo succede non perché io sono simpatico, ma perché i francesi vogliono cambiare una situazione insostenibile. In Francia, c’è una concentrazione di potere enorme, nelle mani di una persona sola, che produce immobilismo e arbitrio. La Francia è una monarchia repubblicana. Io voglio essere un presidente democratico, che sceglie le persone in funzione della loro competenza. Ho visto un sondaggio: il 60% dei francesi vuole un governo di unità nazionale. Questo movimento non si fermerà».
Tutti i candidati promettono di voler essere un presidente diverso e di fare le riforme. I suoi critici dicono che lei chiede un assegno in bianco. Come pensa di fare le riforme, con un piccolo partito? Dopo le presidenziali ci sono le legislative.
«Il problema è che in Francia si promettono riforme in modo ideologico, a favore di una parte o di un’altra. È la deriva di Sarkozy e di Ségolène. Credo che nel XXI secolo si debba agire in un modo diverso, con convinzioni proprie, ma nel rispetto di tutti. Le riforme si fanno se vengono spiegate e se sono considerate giuste ».
Per la sua contestazione dei due maggiori partiti e della «monarchia» è considerato anche un candidato anti-sistema, un po’ nella logica che ha premiato in passato il Fronte Nazionale di Le Pen.
«Io non mi colloco nel populismo o nell’eversione, ma nella strategia del risanamento di un sistema che non funziona più. Un Paese in cui il Parlamento non ha alcun diritto non è una Repubblica democratica».
Ma di questo sistema lei ha fatto parte. È stato ministro. Inoltre molti esponenti di primo piano del suo partito – da Raffarin a Fillon – sono passati con Sarkozy. Giscard e Barre chi sosterranno? Lei o Sarkozy?
«Non è un problema che mi pongo e non mi interessa molto. Quelli che si sono messi con Sarkozy sono nella logica del vecchio sistema: destra contro sinistra. Tutti quelli che hanno occupato un posto nel vecchio sistema cercheranno di salvare il vecchio sistema. Ma questo non ha alcun effetto, perché la gente vuole cambiare».
Anche lei, come la Margherita, vuole un grande partito democratico europeo. Ma su alcuni argomenti, come la laicità dello Stato, non siete in completa sintonia. Lei sostiene le unioni civili e si è espresso a favore delle adozioni da parte di coppie omosessuali.
«La Francia è un Paese diverso. E ciascun Paese ha le sue specificità e tradizioni. Quanto alle adozioni, ho proposto che venga riconosciuta la responsabilità legale dell’educazione, non dell’affiliazione. In Francia abbiamo i Pacs e intendo rispettare questa legge che non ha impedito ai francesi di formare più famiglie che in passato e di fare più figli. Ne ho sei anch’io e undici nipoti. Sono per la coppia eterosessuale, ma credo che gli omosessuali debbano avere diritti, ad esempio quando si tratta di trasmissione di patrimoni».
Lei vuole le riforme, ma come gli altri candidati vuole preservare il modello sociale francese. Non c’è contraddizione?
«Assolutamente no. Si tratta di modernizzare un progetto di società che è scritto nella storia dei nostri valori – eguaglianza, fratellanza e libertà – e che resta alternativo al modello americano. Non siamo per la legge del più forte o per il potere del denaro. Non sono americano, ma mi batto per un modello europeo di solidarietà. E sono per la solidarietà fra democrazie».
Modernizzare significa anche investire. Nel suo progetto ci sono soprattutto il contenimento della spesa e la riduzione del debito pubblico.
«Senza risanamento non può esserci sviluppo. Gli altri fanno promesse. Il mio è il programma meno costoso, ma non esclude investimenti, soprattutto nella ricerca e nell’educazione. Ma il debito va risanato, mentre gli ultimi governi hanno fatto a gara a ingigantirlo, peraltro in spese correnti. Nel mio progetto, voglio dichiarare incostituzionali le leggi che contribuiscono ad aggravare la spesa corrente».
Se fosse eletto, è vero che nominerebbe un premier socialista? Si parla di Dominique Strauss-Kahn?
«Penso di sì. Ma non faccio nomi».
Al secondo turno, preferirebbe affrontare Ségolène o Sarkozy?
«Ho la mia preferenza, ma non posso dirla oggi» «Non sarò eliminato. I francesi me lo hanno già promesso».