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28 Novembre 2006

Mitrokhin, è bufera sul ruolo di Guzzanti

Autore: Francesco Grignetti
Fonte: La Stampa
«E’ la quarta volta che Romano Prodi è nel mirino. E al quarto caso (Telekom Serbia, intercettazioni illegali, spionaggio fiscale, ora Mitrokhin) è doveroso interrogarsi politicamente su che cosa sia successo in questo Paese nel recente passato, su chi e perché ha fatto lotta politica con mezzi illegali, sull’uso strumentale delle commissioni parlamentari».
Così parla Franco Monaco, deputato della Margherita, vicinissimo al presidente del Consiglio. Non è un caso. Ieri la sinistra ha improvvisamente deciso che la questione della commissione Mitrokhin è seria e non va fatta cadere.
Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, avvia un’inchiesta interna sui collegamenti tra le forze di polizia e la commissione presieduta da Paolo Guzzanti, diffondendo la notizia con nota ufficiale. I quattro parlamentari dell’Unione (Bressa, Brutti, Fiano e Caprili) che partecipano al Copaco, scrivono al presidente Scajola e chiedono un’indagine con audizioni di Amato e Guzzanti.
Parla il segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano, uno degli interessati: «Vorremmo capire come furono utilizzate le risorse e che tipo di mandato venne dato a questi consulenti».
Si scatena Angelo Bonelli, Verdi: «Se fosse accertato l’uso di una commissione parlamentare da parte dei servizi per indebolire i partiti d’opposizione, ci troveremmo di fronte ad un vero attentato alla democrazia».
Un fuoco di fila su quella strana commissione, insomma, che doveva indagare sulle infiltrazioni del Kgb in Italia dal dopoguerra al 1989, anno in cui scomparve l’Urss, ma che si dilungava fin troppo sui politici di oggi. Al centro degli interrogativi è Mario Scaramella, magistrato onorario a Ischia, nipote di Antonio Rastrelli (l’ex presidente della Regione Campania, esponente di An). Un napoletano dall’aria furba che intratteneva rapporti con agenti segreti russi e che, in certi colloqui clandestini, insisteva nel chiedere indiscrezioni non tanto sul Kgb, quanto su Prodi, D’Alema, Giordano, Diliberto, Pecoraro e tanti altri. Pare che Scaramella si agitasse ancora in questi mesi. Perché? Con quali soldi e sulla base di quale incarico? C’entrano forse i servizi segreti, magari nemmeno quelli italiani?
Paolo Guzzanti prova a prenderne le distanze. In un lungo sfogo su Radio Radicale, il senatore di Forza Italia dice: «Ho avuto una quantità di resoconti da Scaramella. Erano cose spesso interessanti, ma prive di riscontri. Non ho voluto fare un gran polverone sulle dichiarazioni di Litvinenko secondo cui Prodi sarebbe stato l’uomo di riferimento dei sovietici. Ora mi si accusa di essere uno scorretto. Ma io quel resoconto l’ho secretato e chiuso a chiave in una cassaforte. Avrei potuto farne carne di porco e buttarlo in campagna elettorale. Ma non l’ho voluto fare. Mi sono mosso con rettitudine». E il misterioso Scaramella? «Non voglio dare l’impressione di scaricarlo, però io ho diffidato di lui. Avevo un dubbio: troppo attivo. Le sue cose le ho prese con centomila molle. Mi ispirava una diffidenza istintiva». Gli chiedono: pare che abbia avuto ancora incontri recenti con quei signori. E Guzzanti: «Sono fatti suoi. Sicuramente non lo fa su mio incarico o suggerimento».
E si torna a Mario Scaramella, l’uomo dei misteri. L’ex senatore Giampaolo Zancan, dei Verdi, che partecipava ai lavori della Mitrokhin, se lo ricorda bene. «Era un consulente personale di Guzzanti. Rimanemmo interdetti quando si scoprì che era stato coinvolto in una sparatoria con certi camorristi sul Vesuvio. Chiedemmo informazioni. Ci fu detto che era un esperto di bombe atomiche». Come quelle mine che, denunciò, si troverebbero nel Golfo di Napoli. Disseminate nel 1970 da un sottomarino sovietico. Aspettavano di esplodere al passaggio delle navi americane. Per ora è esploso solo uno scandalo.