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13 Febbraio 2007

Minacciato anche all´università io come Biagi, odiano le riforme”

Autore: Carlo Brambilla
Fonte: la Repubblica

MILANO – «Quattro giorni fa, nella notte tra giovedì e venerdì, misteriosi hackers hanno oscurato il sito della Facoltà nella quale lavoro inserendo la stella a cinque punte delle Brigate Rosse. Due mesi fa sul muro della Facoltà era comparsa la stessa sigla. Segnali? Avvisaglie da prendere in seria considerazione? Al momento non diedi grande importanza alla cosa. Mi sentivo tranquillo, sicuro. L´estate scorsa avevo perfino scritto al ministro Tommaso Padoa Schioppa, dopo il suo appello al contenimento della spesa pubblica, chiedendo di disporre la cessazione della mia protezione. Ma non mi vollero togliere la scorta. Il prefetto mi chiamò per spiegarmi che l´allarme non era cessato… Gli ultimi sviluppi sembrano confermarlo».


Pietro Ichino, docente di Diritto del Lavoro all´Università Statale giuslavorista di fama, con un passato da dirigente Cgil, oggi duramente contestato da una parte della sinistra sindacale, da 5 anni sa di essere un possibile bersaglio dei terroristi. Nel febbraio del 2003, poco prima dell´arresto di Nadia Lioce, scattò per lui un allarme ulteriore e gli venne assegnata una vettura blindata.


Professor Ichino, dall´uccisione di Marco Biagi, nel 2002, lei vive sotto protezione. Negli ultimi tempi ha mai avuto la sensazione di essere pedinato, seguito, controllato?

«Io lavoro ogni giorno in Università. La mia porta è sempre aperta e c´è un via vai continuo. Faccio lezione davanti a centinaia di studenti. Partecipo a molti incontri pubblici. Non c´è bisogno di pedinarmi per sapere dove trovarmi».


Sotto casa mai nessun movimento sospetto?

«E´ accaduto qualche volta che gli agenti della scorta abbiano chiesto i documenti a qualcuno che si aggirava intorno a casa mia. O abbiano avuto qualche sospetto su un´auto che sembrava seguirci e ne abbiano comunicato la targa alla centrale. Ma non mi hanno mai detto che ne fosse emersa alcuna pista di indagine interessante».


Ha mai avuto paura?

«Quando non si muove un passo senza essere seguiti da due agenti armati non si può avere paura. Anzi, ci si sente fin troppo sicuri. Si soffre, semmai, del sacrificio di una parte del proprio “right to be let alone”, della propria libertà. Mi è capitato due o tre volte, nei primi tempi, di sognare la scena di un tentativo di aggressione sulla porta di casa. Ma poi ha sempre prevalso il senso di sicurezza».


Come pensa di essere finito nel mirino dei terroristi?

«Sono 30 anni che i brigatisti se la prendono con chi studia il mondo del lavoro: da Tarantelli a Giugni, a Peschiera, a D´Antona, fino a Marco Biagi. Odiano chi progetta le riforme che possono far funzionare meglio il mercato del lavoro, il sistema delle relazioni industriali. Evidentemente pensano che la lotta armata trarrebbe giovamento da un sistema che funziona male».


Il ministro Amato ha parlato di «attentato sventato».

«Mi sembra difficile che, potendo scegliere un bersaglio, ne scelgano uno protetto, come sono io… La capacità operativa che le Brigate Rosse hanno oggi è decisamente minore di quella che avevano al tempo del sequestro Moro».


Recentemente lei è stato duramente contestato, a Roma, da alcuni lavoratori per il suo libro I nullafacenti (Mondadori), nel quale punta l´indice sui dipendenti pubblici inefficienti e si lancia la proposta di licenziare i fannulloni.

«Quella fu una contestazione civile. Per nulla violenta. I contestatori avevano pessimi argomenti, ma volevano semplicemente discutere. Il vero pericolo nasce invece da gli atteggiamenti volti a demonizzare la persona. A chiudere il dialogo. A impedire che si discuta. Quello che rende possibile l´aggressione, l´assassinio, il terrorismo, è considerare l´essere umano come un simbolo. Una bandierina da abbattere. Questa è l´operazione che fanno i brigatisti. Ma non bisogna chinare la testa. Altrimenti vincono loro, vince l´intimidazione».


Nella sua «Lettera aperta ai terroristi», pubblicata dal Corriere della Sera nel 2003, scelse di rivolgersi a loro sul terreno umano: «Guardiamoci negli occhi, anche solo per un attimo…». Riscriverebbe oggi le stesse parole?

«Oggi ancora più di allora. Il terrorismo si sconfigge cercando sempre la persona nell´avversario».