2222
17 Gennaio 2006

Mille firme per Romano, intellettuali in campo

Autore: Gianna Fregonara
Fonte: Corriere della Sera

Mille firme in poche ore, per dire «stiamo con Romano Prodi, vogliamo il partito democratico al più presto» e già prima delle elezioni un segnale concreto. Le ha raccolte via mail e spedite ieri pomeriggio al medesimo Prodi perché le portasse al vertice con Piero Fassino e Francesco Rutelli, un gruppo di giovani professori universitari non solo di Bologna, che hanno collaborato a vario titolo con i progetti di Prodi e che sogna un progetto politico nuovo per il centrosinistra: si tratta di Filippo Andreatta, Massimo Bergami, Gregorio Gitti, Claudio Lodici, Franco Mosconi, Maurizio Sobrero, Salvatore Vassallo. Annunciano anche che, qualsiasi cosa succeda nei vertici politici del centrosinistra, stanno fondando «un’associazione per il partito democratico».

Il popolo delle primarie diventa il popolo delle email: «Un bel successo: in cinque ore, avendo spedito duecento messaggi, abbiamo ricevuto mille risposte», spiegano gli animatori del progetto, facendo riferimento alla potenza di fuoco del loro messaggio.

Un modo per mobilitare gli ulivisti della prima ora, per rilanciare un progetto che vada oltre «un’intesa provvisoria e tattica che sarebbe un messaggio perdente». «Un’iniziativa culturale, innanzitutto», spiegano, che ha consentito però a Romano Prodi di arrivare al vertice con i leader di Ds e Margherita «sostenuto» da nomi come quello di Michele Salvati, Aldo Bonomi, Carlo Feltrinelli e Gad Lerner.

Di far sapere ai suoi alleati che quanti hanno lavorato al programma del centrosinistra, da Paolo Onofri a Fabrizio Onida, da Salvatore Bragantini a Pippo Ranci, da Fabio Gobbo a Piero Giarda, vogliono vedere realizzato il loro progetto.

E che con lui ci sono anche imprenditori come Federico Minoli, che è presidente della Ducati, Paola Pierri, vicepresidente dell’Ubm del gruppo Unicredit, e persino cuochi di successo come il marchigiano Mauro Uliassi.

E poi ci sono anche politici, delle amministrazioni locali come Massimo Carraro e Riccardo Sarfatti, che in primavera hanno sfidato Formigoni e Galan in Veneto e Lombardia, l’assessore toscano Massimo Tosco e l’assessore all’Economia a Bari Francesco Boccia.

Se si aggiunge che nelle stesse ore in Lombardia e in Veneto Sarfatti e Carraro hanno rilanciato pubblicamente la lista unitaria al Senato «perché favorisce la vittoria», si ricostruisce la mappa del nucleo duro del progetto prodiano, che è disponibile ad andare fino in fondo: anche a costo di ricominciare da capo, cioè dalle liste separate, Margherita, Ds e Lista Prodi, se alla fine non si dovesse trovare l’accordo definitivo sulla lista unitaria anche al Senato o alle liste civiche nelle regioni a rischio: «Prodi ha detto domenica scorsa una verità scomoda, una parresia, si è messo in gioco per segnalare che se si sbaglia progetto c’è il rischio di una mancata vittoria, di non poter governare e di avere poi grandi difficoltà nell’opera di cambiamento politico», spiega Gregorio Gitti.

I problemi, nella ricostruzione dei prodiani ad oltranza, risalgono alla legge elettorale: «Con la nuova situazione è a rischio la vittoria piena al Senato, fare la lista unitaria in tutte le Regioni ci permetterebbe di avere quel valore politico aggiunto che può fare la differenza, altrimenti si dovrebbe recuperare spazio e rappresentanza politica per più liste».

L’alternativa che questo gruppo di intellettuali ha esaminato è stata quella della «terza lista», la lista per il partito democratico, la lista della società civile, aperta tutt’al più agli amministratori locali.
E ieri sera speravano di potercela fare.

Sullo sfondo poi c’è l’associazione per il partito democratico, che si sta costituendo e che ha uno scopo di elaborazione culturale e politica di più lungo periodo, che lavorerà con «i rappresentanti più aperti» di Ds e Margherita.

Uno dei temi principali allo studio è quello della democrazia interna ai partiti: «Un problema — spiega Gitti — che riguarda anche il centrosinistra: bisogna che i partiti oltre a norme trasparenti per il tesseramento e la gestione dei bilanci, rispettino gli statuti e prevedano strumenti democratici per la partecipazione e per la scelta dei candidati, condizionando il finanziamento pubblico al rispetto di questi paletti».

Ai partiti gli intellettuali prodiani contestano di essere vecchi nel pensiero e nelle regole. Vorrebbero un ricambio generazionale e un’ispirazione culturale che «superi le ideologie del Novecento».