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18 Dicembre 2005

Mieli e Mauro contro i postcomunisti

Autore: Federica Fantozzi
Fonte: l’Unità

UN PARISI-DAY con echi morettiani: l’ideatore dell’Ulivo, non c’è, causa
malore, ma lo si nota eccome. Nell’hotel con vista sui binari della stazione che
il 16 luglio ospitò l’iniziativa ulivista «oltre la gelata», quasi un requiem
tra amici per l’alberello stenterello, si celebra in tutt’altro clima, tra
stelle di Natale e ulivi addobbati, il cammino – la «maratona» dirà Prodi –
verso l’Ulivo partito democratico.
Obiettivo che pare vicino, quasi un
Eurostar pronto a materializzarsi dalla finestra: Rutelli lo fissa alla prossima
legislatura, i direttori dei due maggiori
quotidiani (convocati, dice Natale
D’Amico «per l’autorevolezza ma anche per il loro ruolo nel processo») fanno
fretta. Paolo Mieli pone la deadline dei primi 2 anni e mezzo, Ezio Mauro lo
vorrebbe prima. Gli ulivisti fanno circolare la «soddisfazione per
l’accelerazione sulla data indicata dai direttori». Hanno altri motivi di buon
umore: ci sono gli aficionados (Monaco, Magistrelli, Gasbarra, Orlando, Bordon)
ma anche i leader che 5 mesi fa non c’erano.
Per conseguenza Parisi non è
più «l’ultimo dei giapponesi» ma l’organizzatore, il padrone di casa (assente)
che riceve gli omaggi degli invitati. La notizia del suo ricovero al San Giacomo
per una lieve indisposizione arriva inaspettata poco prima dell’inizio.
Prende la parola, emozionato, Franco Monaco: «Arturo è genio politico e
testardaggine sarda». Poi Rutelli, nonostante «con lui abbia dissentito nei mesi
scorsi». Sarà Prodi, con cui il legame personale non si è incrinato neppure
quando quello politico vacillava, a rassicurare la platea: «Arturo ha
ironizzato che prima di ogni incontro si automette ko quindi sta bene». Poco
distante, al teatro Capranica davanti a un migliaio di persone, sta nascendo la
lista civica nazionale «Cittadini per il Presidente». La «terza gamba»
dell’Ulivo: per tenere in vita il “popolo delle primarie” e portarlo alle
urne. Testimonial Rita Borsellino e il “governatore” del Friuli Illy.
Un’iniziativa a cui gli ulivisti guardano con «simpatia e attenzione». Ci va
Gregorio Gitti, invitato anche Filippo Andreatta. La Borsellino,
star della giornata, si riconosce «nell’Unione ma in nessun partito»,
partecipa a entrambe le manifestazioni e guadagna applausi con «programma
partecipato, soluzioni condivise, politiche inclusive».
Inconsueta tavola
rotonda finale: i direttori di Repubblica  e Corsera illustrano la
loro agenda del
partito democratico (”PD”), Giuliano Amato fa le domande. I leader se ne sono
andati, Rutelli dopo aver stretto la mano a Mieli che aveva
alzato il
braccio: «Paolo, questo saluto lo fa Di Canio…». Mauro esordisce richiamando
il ruolo di «testimoni» dei giornali: «Non ho mai avuto tessere di
partito né
le prenderò». Si parla dei problemi di incontro tra culture cattolica,
laico-liberale, socialista-comunista. Mauro: «La parola “riformista” è
stata
l’unica foglia di fico per gli ex comunisti negli ultimi 10 anni. In Italia non
c’è il portato della propria cultura di riferimento, come se fossero
radioattive. Il PD riformerà il paradigma culturale». Amato, parlando di
sinergie Ds-Dl, si concede una battuta sul ricambio generazionale proposto da De
Benedetti: «Io e Treu come Totti-Cassano prima, ora ipotizzerei Toni-Gilardino
ma non posso addentrarmi nel futuro come fanno i ventenni…». Mieli teorizza,
nel PD, la possibilità di «dissenso anche battagliero e organizzato» sui temi
etici. Mauro è preoccupato della «via italiana al cattolicesimo, di una specie
di Dio italiano che cammina». Poco prima la platea aveva accolto l’immagine di
Papa Ratzinger nel video con qualche fischio. Amato ricorda il documento con
Parisi in cui certificavano la costituzione, con le primarie, di una grande
associazione politica. Mieli lo gela: «Con le primarie è nato un partito. Ma
statutariamente si scioglie il 9 aprile 2006. Ha una data di
scadenza e i partiti lo sanno. Può cambiare le cose solo il leader se indica una
precisa data di nascita del PD. Che so, 30 aprile 2008…». Poi Mieli indica i
due nemici del PD: «l’«unificazionismo» e il «cosismo», cioè «la cultura con
cui i Ds hanno fatto la
Cosa
». Premette che «il gruppo dirigente Ds è fatto da fior di
politici, ma tutti post-comunisti. In Dl non sono tutti ex Dc, Rc ha messo
dei correttivi. Ma Fassino, Angius, Violante, Bassolino: tutti. Dopo 16 anni!
Possono diventare 2 secoli! Nei Ds c’è qualche caso di trasmissione
ereditaria di ruolo. È comparsa 2 volte l’espressione “figli di un dio minore”,
speriamo non ci sia una terza». Infine Mieli invita «a definire le regole
future delle <CF2>leadership</CF> dopo questi anni a guida
prodiana». Mauro: «Il cosismo è la disgrazia della politica italiana». Il PD
potrà sbloccare il sistema istituzionale: «Per passare dall’identità comunista
che li ha segnati tutti a una non comunista i Ds hanno bisogno di un
apriscatole esterno. Oggi i dirigenti Ds tecnicamente sono dei post-comunisti, a
parte che Berlusconi glielo ricorda sempre. È una stagione terribile, bisogna
far finire questa stagione grigia, uscire dal post-comunismo».