12 Novembre 2005
Meriti da riconoscere al nostro bipolarismo. Grandi coalizioni senza progetto
Autore: Angelo Panebianco
Fonte: Corriere della Sera
La nuova legge elettorale fa sperare a coloro che hanno fin qui «subito » il bipolarismo di scompaginare il gioco. Puntando, ad esempio, su una situazione di stallo dopo il voto, dovuta al fatto che al Senato si potrebbe realizzare un pareggio fra gli schieramenti. Marco Follini ha rilanciato ieri sul Corriere della Sera il tema della Grande Coalizione. Follini è persona seria e arguta, e un politico di solide convinzioni. Ma la sua analisi dei guai prodotti dal bipolarismo e dei vantaggi delle grandi coalizioni non convince. Il nostro bipolarismo ha più meriti di quanti Follini sia disposto a riconoscergli. In primo luogo, il merito di avere «costituzionalizzato le estreme» (Lega, Rifondazione comunista).
La costituzionalizzazione delle estreme è stata pagata con l’eterogeneità delle coalizioni, ma la domanda è: se le estreme fossero state lasciate fuori dalla porta l’incisività dei governi ne avrebbe guadagnato? L’esperienza italiana non dice questo. Dice che, quando le estreme vengono lasciate fuori dal gioco del governo, esasperano i loro tratti di partiti anti-sistema, ottengono, grazie alla protesta a tutto campo, buoni risultati elettorali, e ricattano dall’esterno i governi. Tolto il periodo degasperiano, gli esecutivi egemonizzati dalla Dc subirono potentemente i ricatti esterni delle estreme condannandosi, spesso, all’immobilismo.
Se guardiamo con occhio distaccato alla nostra breve esperienza bipolare dobbiamo ammettere che, sia col centrosinistra che col centrodestra, l’eterogeneità delle coalizioni non ha impedito ai governi di fare, insieme a cose sbagliate, anche cose importanti (come ricordava ieri, su questo giornale, Sergio Romano). Il secondo merito è che, grazie al bipolarismo, nel 2001 fu possibile ciò che non lo era mai stato dall’unità d’Italia in poi: l’alternanza, la sostituzione di una maggioranza per via elettorale (anziché parlamentare) con un’altra maggioranza. Achi, come Follini, è per cultura politica affezionato alla tradizione dei governi centristi che tagliano via le estreme quello straordinario (storicamente parlando) risultato non dice nulla. Ma dice tanto a chi ha sempre visto nella assenza di alternanza un segno del malfunzionamento della democrazia.
Utili in situazioni di emergenza (come le guerre) le grandi coalizioni non servono, in genere, per fare incisive riforme. Non servono, ad esempio, se il problema è ridurre la spesa pubblica: come si può ridurla se si accresce il numero di coloro che partecipano alla spartizione delle spoglie e dispongono del potere di veto? Follini, uomo intelligente, dovrebbe piuttosto riflettere sulle debolezze delle forze centriste, che forse spiegano le difficoltà del nostro bipolarismo. I centristi, troppo spesso, sono privi di carica progettuale, trattano il centro come un «luogo» (che assicura rendite di posizione) piuttosto che come un «progetto». Se anziché pensarsi come i depositari di una «moderazione» senza contenuti fossero artefici di una proposta forte per il Paese (dove è la proposta centrista per rilanciare lo sviluppo?) disporrebbero di argomenti per combattere le correnti massimaliste.
E’ vero invece che è più facile, ma meno utile per il Paese, pensare di occupare in permanenza, grazie alle alchimie parlamentari, ruoli di governo. A prescindere.