Roma
– Una lettera a Rutelli e Soro, inviata qualche giorno fa. Per denunciare le
«decine di ricorsi pendenti» sui congressi locali della Margherita, le
«diverse e diffuse illegalità». Firmata dal presidente dell’assemblea
federale del partito, Willer Bordon. Che adesso, mentre ieri si è riunita la
commissione di garanzia che non ha sciolto il nodo del ricorso sulla
convention romana, rilancia: «Il congresso cittadino di Roma è da
considerarsi nullo. Con tutta evidenza, non si è raggiunta la soglia minima
di votanti, i 15 mila iscritti su un totale di oltre cinquantamila tesserati
dichiarati».
Da presidente federale del partito, adesso che farà?
«Io
ho il dovere di far rispettare lo statuto e il regolamento che abbiamo
approvato, tutti insieme. Dice che se non partecipa almeno il 30% degli
iscritti, quel congresso è nullo. Farò valere la norma. A tutti i
livelli. Sia interni che esterni».
Che vuol dire?
«Che se qualcuno dovesse
rivolgersi anche alla magistratura, certamente non mi volterò dall’altra
parte. Nessuno può chiedermi di far finta di niente in nome di presunti
interessi più larghi. Queste sono logiche di altri tempi».
Ma si è già
rischiato qualche intervento del magistrato?
«A Bari è stata preannunciata
l’intenzione di chiamare in causa il giudice. Purtroppo, l’intero percorso
congressuale è infarcito di irregolarità. Lo abbiamo denunciato in mille
modi, Arturo Parisi è stato molto duro. Rutelli e i popolari, nel partito
che dovrebbe nascere, di nuovo rischiano di mettere sono la targhetta. Ma le
conseguenze possono essere molto pesanti».
Per esempio?
«Temo un effetto a
cascata. Se viene annullato il congresso di Roma, saltano quei delegati
eletti alle assise nazionali. E quindi lo stesso appuntamento di Cinecittà
rischia di vedere invalidate le sue decisioni. Sono i frutti avvelenati di
un tesseramento mostruoso».
Però, secondo il vertice della Margherita, alla
fine degli accertamenti risulta solo lo 0,4 di tessere gonfiate.
«Ma se
non hanno neanche accettato di effettuare delle verifiche a campione. La
verità è un’altra. Per un partito il consenso vero si misura con il
termometro dei risultati elettorali. La Margherita, scesa ormai all’8 per
cento, ha dimezzato il suo peso rispetto al 2001. E il Pd, che i sondaggi
danno al 23, è la metà dell’Ulivo del ‘96. Sarebbe un fallimento, una
tragedia per molti, la fine di una speranza».
Il paragone però non torna:
l’Ulivo, allora, era molto più largo del Pd di oggi.
«E perché mai
qualcuno ha deciso di chiudere la porta alle altre forze, di espellerne
delle parti, di ridurre la pluralità della Margherita ad una cosa tipo i
“Popolari con Rutelli”? E’ evidente, e avevamo messo in guardia, che in
questo modo lasci scoperto un intero fronte, che si auto-organizza sulla
strada del Pd».
E’ l’addio di Bordon alla Margherita?
«Non so se andrò
al congresso. Di certo sarò il 18 aprile alla Costituente dei cittadini per
il Pd, l’embrione di una terza area dell’Ulivo. La vedo aperta a Di Pietro,
Boselli, Pannella, a Mussi, Salvi e Angius, ai verdi, a tutti gli ulivisti
della Margherita tagliati fuori, e al popolo delle primarie. Spero ancora in
uno scatto in extremis del congressi Dl e Ds, ma se così non fosse non ci
ritireremo certo dalla scena, diventa inevitabile un’autonomia politica e
anche parlamentare».
Avreste i numeri per un nuovo gruppo ulivista al
Senato?
«Valuteremo, vedremo. Al momento siamo in sei-sette a Palazzo Madama
su queste posizioni. E voglio solo ricordare che Mastella, che ne ha appena
la metà, ogni giorno fa ballare il centrosinistra».