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5 Luglio 2005

Ma nell’Unione resta il nodo delle primarie

Autore: Nino Bertoloni Meli
Fonte: il Messaggero
ROMA – Tutto era stato già scritto
quella mattina del 16 giugno, quando a casa di Ricardo Franco Levi,
l’uomo ombra di Romano Prodi, fu mangiata una simbolica crostata. Il
Professore in compagnia di Arturo Parisi si incontrò con Piero Fassino
e Massimo D’Alema e lì, su caldo e pressante suggerimento di segretario
e presidente dei Ds, il gran capo dell’Unione capì che insistere sulla
lista unitaria avrebbe significato non ottenere questa e perdere la
leadership. La saggia rinuncia al Listone significò se non il
disconoscimento, certamente l’abbandono della pattuglia prodiana dentro
la Margherita al proprio destino. Ma sotto la vigile guida parisiana,
isolati alcuni giapponesi che non mancano mai in questi casi, nel
partito di Rutelli sono state evitate ulteriori lacerazioni, la parola
”scissione” è stata archiviata, i parisiani si organizzeranno adesso in
minoranza ulivista, non si dimetteranno da nulla e attenderanno
fiduciosi gli sviluppi. Ma che cosa è cambiato, dopo tutti questi
passaggi, nel centrosinistra?Le Fed, le aggregazioni tra affini, i
timoni riformisti sono stati mandati in soffitta. Archiviati. Zac. Il
”partito di Prodi” non c’è più, non è mai nato. Ci sono invece, anzi
tornano alla grande, i partiti. Come riconosce onestamente lo stesso
Parisi in cravatta rossa da combattimento nei panni già di capo
dell’opposizione, «ora ci sono l’Unione, un candidato premier e una
serie di partiti che si incontrano, si riuniscono tra loro e decidono».

Per il professore sassarese, l’Ulivo è stato «congelato», ma una
speranza per una rifioritura c’è sempre. Spiega Parisi: «Se le primarie
vanno bene per Prodi e se vinciamo le elezioni, allora credo proprio
che l’Ulivo potrà rifiorire, discorsi oggi chiusi potrebbero
riaprirsi». Anche la vicenda del Listone, potrebbe riaprirsi? Parisi
non fa neanche terminare: «No, quella è una storia chiusa. L’ultima
valutazione di Parisi è sulla Cdl dopo la conclusione del congresso
Udc. Il professore sassarese non crede a una candidatura di
Pierferdinando Casini a palazzo Chigi al posto di Berlusconi, e non
perché la cosa, secondo alcuni politologi, potrebbe riaprire i giochi
nell’Unione, ma per una convinzione politica più di fondo: «Non c’è lì
un candidato che sia rappresentativo di tutti e nello stesso tempo
rappresenti la continuità. Il fatto è che l’eredità comune da quelle
parti è il fallimento, e non so se c’è qualcuno che voglia caricarsi di
questo». Tutti temi che la minoranza della Margherita discuterà in un
seminario nazionale convocato a Roma per il 16 del mese.
Siglata la tregua all’ombra dell’ulivo sia pure congelato, il problema
prossimo venturo dell’Unione ha un solo nome: primarie. «Ora bisogna
farle, e seriamente, e con l’impegno dei partiti della federazione»,
scandisce Franco Marini di punto trasformatosi in un alfiere della
conta per la leadership. Il tema sarà al centro del vertice dell’Unione
previsto per lunedì 11. All’appuntamento i partiti di centrosinistra
arrivano con le idee non proprio collimanti. C’è Fausto Bertinotti che
vorrebbe una competition puramente fra candidati sul modello pugliese
rinviando il programma a dopo.
Ci sono Ds e Margherita che puntano invece a collegare i candidati ai
programmi. E poi c’è Mastella che vuole far emergere il centro,
Diliberto che vorrebbe un candidato della sinistra, e poi Di Pietro e
poi Pecoraro Scanio, tutti allo stato favorevoli a Prodi ma al tempo
stesso candidati contro di lui. Si è studiata la clausola
anti-proliferazione candidati: un filtro di 10 mila firme, più
l’appoggio di un bel po’ di eletti, più la tagliola del termine, entro
luglio vanno presentate le candidature, poi non c’è più tempo.
Ma è sul modo di presentarsi che c’è la maggiore discussione. La
Margherita propone che Prodi (e gli altri) accompagnino al nome del
candidato almeno alcuni punti programmatici, in modo da chiamare gli
elettori e votare non una faccia ma un programma. «Le primarie non
devono essere un concorso di bellezza», dice Paolo Gentiloni,
consigliere principe di Rutelli. E spiega: «Prodi va alle primarie come
leader di tutti ma come candidato di una parte, cioè l’asse ulivista
Ds-Margherita, quindi spetterà a noi fare campagna come federazione,
altrimenti non si capisce perché non ci siano candidati né Ds né
Margherita».