10 Ottobre 2006
L’uovo di Colombo
Autore: Luigi La Spina
Fonte: La Stampa
DARE potere alla gente e alle comunità e riconoscere i limiti del governo. Il potere politico dovrebbe esssere sempre esercitato il più vicino possibile alla gente e alle comunità». Nonostante le apparenze, questa frase non è di Bossi. E’ il settimo degli otto comandamenti dell’uomo nuovo della politica inglese, il brillante quarantenne David Cameron, il giovane leader del partito conservatore.
La retorica della «democrazia dal basso» ha fatto ormai il giro dell’Europa centralista ed è tornata nella sua culla anglosassone, sulla bocca di uno dei probabili protagonisti della futura scena internazionale. Ma sarà possibile, ormai, sfidare il luogo comune della correttezza politica con il buon senso del cittadino comune?
Quello che osserva con fastidio il proliferare della burocrazia nelle amministrazioni locali, che conta con sdegno gli sprechi, le inefficienze, le duplicazioni di competenze tra enti, che legge con stupore nascere ogni giorno, attorno a comuni, province e regioni, sigle e nomi nuovi: circondari, consorzi, parchi culturali, bacini infrastrutturali, unioni territoriali.
Per carità, ognuno, per un miglior sviluppo della democrazia, dotato di consiglieri a gettone di presenza, di consulenti i cui preziosi studi vengono doverosamente ricompensati, di funzionari competenti, di solerti segretarie, di esperti autisti.
Così, accanto alla retorica della «democrazia vicino al popolo», si affianca un’altra retorica, altrettanto demagogica e pericolosa, quella che non ammette come la democrazia abbia effettivamente un costo e che vede in ogni amministratore locale un ladro di denaro pubblico, o, almeno, uno scialacquatore di soldi altrui.
Il caso del viaggio americano di consiglieri regionali e provinciali campani, in occasione del «Columbus day», si potrebbe definire un classico esempio in cui insensibilità politica e propaganda strumentale formano, da una parte, un mix inestricabile di verità e di pretesti e, dall’altra, un segnale di superamento della soglia di sopportazione per certi usi e costumi della politica italiana.
Le accuse per i troppi viaggi di turismo politico, con la scusa di promuovere sui mercati internazionali la città o la regione che si rappresenta o di mantenere costosi uffici in capitali estere sembrano, a prima vista, riguardare la moralità pubblica e meno l’effettivo ammontare dei danni sui bilanci degli enti locali.
Una questione di stile e di sensibilità politica, insomma. Il confronto dei numeri potrebbe, in effetti, avvalorare la tesi di un certo qualunquismo scandalistico alla ricerca di una facile propaganda contro la politica.
In realtà, si tratta di un sintomo di una malattia invece molto grave: la confusione di responsabilità che il modo contraddittorio e maldestro con il quale in Italia è stato applicato il federalismo ha provocato tra il potere locale e quello centrale.
Da noi, il decentramento politico e amministrativo, invece di partire da un vero federalismo fiscale ha aumentato enormente il potere del sindaco e del cosiddetto «governatore» regionale senza costringerlo a un vero rendiconto del suo bilancio con i cittadini amministrati: da una parte, gli enti locali non dispongono delle entrate che arrivano dal loro territorio, dall’altra, attingono dai fondi statali per una buona fetta delle loro uscite.
Con l’aggravante che lo Stato centrale non riesce più, proprio per la moltiplicazione delle voci di spesa e degli enti di spesa, a compiere un efficace controllo sul loro aumento, costante e impressionante. Una situazione nella quale è difficile capire una differenza fondamentale, quella tra un investimento e una spesa.
Al di là dei casi di malcostume, di abuso di potere, di nepotismo, di vera e propria corruzione e concussione, che possono avvenire in periferia come a Roma, il vero nodo dell’irresponsabilità collettiva di cui certi episodi sono una testimonianza, più o meno scandalosamente folkloristica, sta proprio nell’intreccio perverso di competenze e funzioni tra il potere centrale e quello locale.
Se oggi, invece di litigare sulla coperta troppo stretta del bilancio statale, Prodi e i sindaci italiani cogliessero l’occasione per provare a mettere un po’ di ordine in questo pasticcio, l’incontro potrebbe portare persino un insperato buon frutto. Forse, sarebbe anche questo un uovo di Colombo.