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2 Gennaio 2006

L’onore delle coop

Autore: Massimo Mucchetti
Fonte: Corriere della Sera

Con le dimissioni annunciate di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, le cooperative della Lega pongono le premesse per riprendere il ruolo che loro compete per centenaria tradizione e, in particolare, per il peso economico acquisito negli ultimi trent’anni. Benché il cambio della guardia all’Unipol sia maturato in tempi abbastanza rapidi, se si tiene conto della complessità dei processi decisionali delle 46 cooperative che controllano la compagnia, il tramonto di questi due manager non può essere considerato un incidente della storia. Consorte e Sacchetti rappresentano le virtù e i vizi di un sistema che un tempo credeva di poter realizzare isole di socialismo, compreso quella delle polizze, e ora punta all’economia sociale di mercato integrandosi perfettamente con le imprese private. Lo dimostrano il boom della grande distribuzione cooperativa e la straordinaria crescita nei servizi ormai appaltati all’esterno dalle aziende maggiori e dalla pubblica amministrazione. All’indomani della crisi di molte cooperative causata da Tangentopoli, Consorte e Sacchetti avevano fatto di una malandata compagnia di Bologna il terzo gruppo assicurativo italiano, quotato in Borsa con la collaborazione di Mediobanca e protagonista, negli ultimi cinque anni, di una lunga serie di acquisizioni. Partecipando alle scalate di Olivetti e poi di Telecom Italia, Consorte e Sacchetti hanno introdotto le coop rosse nel recinto dell’alta finanza, e tanto li ha forse illusi di avere una delega in bianco per fare di una convergenza di interessi e uomini, maturata a cavallo dell’Opa del secolo, un centro di potere permanente in collegamento trasversale con la politica e con la Banca d’Italia, senza curarsi di quanto spericolate fossero rispetto ai conti e alla legge le avventure dei loro sodali: dalla scalata all’Antonveneta al rastrellamento della Rcs.


Di più, i due capi caduti di Unipol hanno anche dato l’impressione di ritenere che fosse possibile utilizzare per l’arricchimento personale le relazioni e, secondo quanto filtra dalle inchieste della magistratura, le informazioni connesse alla carica. E questo li ha perduti.


Consorte e Sacchetti si dimetteranno per potersi difendere meglio, come usa dire, ma le notizie di versamenti per decine di milioni di euro sui loro conti correnti da parte di Emilio Gnutti e Gianpiero Fiorani hanno fatto emergere un problema di governance molto serio che andava affrontato senza attendere l’esito delle inchieste.


Anche perché i versamenti cominciano nel 2001, quando Unipol e la sua controllante Finsoe, allora guidate entrambe da Consorte, partecipano alla cessione del pacchetto azionario di controllo di Olivetti senza incassare per intero la plusvalenza possibile.


Le cronache del capitalismo sono ricche di episodi discutibili, ma le spiegazioni di Consorte e Sacchetti (operazioni finanziarie e consulenze) non spiegano abbastanza. E così, con un occhio rivolto a un passato inaccettabile e un altro al futuro dell’Opa su Bnl, sulla quale si dovrà pronunciare la Banca d’Italia del dopo Fazio, le 46 cooperative dell’Unipol hanno affrontato il problema esercitando le responsabilità dell’azionista di maggioranza, premessa necessaria di ogni buona governance. Perché questa premessa sia anche sufficiente non servirà soltanto un gerente di rango, ma anche e soprattutto la massima trasparenza sulle motivazioni del cambio della guardia. Le cooperative non sognano più il socialismo, ma meritano un’informazione non inferiore a quella che si riserva ai mercati finanziari.