2222
21 Agosto 2005

L’intervento di Prodi sui Ds e la questione morale Per la Margherita il caso non è chiuso

Autore: Maria Teresa Meli

ROMA – Più che i Ds poterono i sondaggi. Certo, la pervicacia sabauda con cui Piero Fassino si è applicato per ottenere l’uscita di Romano Prodi è indubbiamente servita. Ma quel che ha spinto il capo dell’Unione a muoversi è stato il fatto che questo tormentone estivo sulla questione morale non ha certo arrecato consensi al centrosinistra. Anzi: gli elettori sono perplessi e delusi. Perciò Prodi si è mosso. Ma la vicenda è tutt’altra che chiusa.

Nonostante il “battage” pubblicitario organizzato dalla Quercia: l’intervista del direttore dell’ Unità Antonio Padellaro (che all’uopo si è recato a Castiglione dal Professore) non era ancora terminata, che già i diessini dichiaravano sulla base dell’unica affermazione di Prodi che era stata anticipata alle agenzie di stampa, su richiesta, ovviamente, del Botteghino.

E che il “caso” non sia archiviato lo dimostra anche la determinazione con cui Arturo Parisi in questi ultimi due giorni di trattative tra Fassino e Prodi ha spiegato al candidato premier dell’Unione che non poteva spingersi «troppo oltre» per placare le ire diessine.

Sia il presidente federale della Margherita, che personaggi assai vicini a Prodi, come Antonio La Forgia, hanno condotto un “pressing” sul capo dell’Unione perché venissero mantenuti fermi certi punti.

«La polemica è chiusa – è infatti il convincimento di Parisi – ma sicuramente non lo è la questione delle regole che dobbiamo affrontare da subito: tutta l’Unione dovrà rispondere a questi problemi».


Anche Francesco Rutelli ha una posizione analoga: è chiaro che per il presidente della Margherita, come per Parisi del resto, non è in discussione la «moralità» di Fassino, ma a suo giudizio i Ds devono essere «più liberi da condizionamenti» nell’affrontare la vicenda che riguarda l’Unipol.

E Willer Bordon, parisiano di ferro, spiega: «Su Fassino nessuno ha dubbi, ma questo non vuol dire che non sia criticabile l’appoggio che i Ds hanno dato a Consorte». Il capogruppo della Margherita al Senato ritiene che l’«assurdità di tutta questa vicenda sia data dall’amplificazione che ne hanno dato gli stessi Ds».

«La loro reazione – osserva – è stata incomprensibile. Piero, è una bravissima persona, ma ha sbagliato politicamente: avrebbe dovuto cavalcarla lui la questione morale. E comunque anche Prodi è stato tirato in causa inutilmente dai Ds: Romano non può occuparsi di queste piccole questioni che riguardano la dialettica interna alla coalizione. Ciò detto, ha fatto benissimo a far cessare la polemica perché rischiavamo di avvitarci».


Però Bordon insiste: «Il concetto fondamentale espresso da Parisi nell’intervista al Corriere della Sera – sottolinea – è che il centrosinistra non può rappresentare un’alternanza di potere.

E’ per questo che ci è permesso dire che alcuni episodi non ci sono piaciuti, e ciò non significa mettere in dubbio l’integrità di Fassino». Parisi e i suoi (ma anche Rutelli è su questa stessa posizione) sono quindi convinti che vada affrontato subito il gande tema delle regole e della questione morale.

Un linguaggio non dissimile usa anche il fondatore della Quercia, Achille Occhetto: «L’integrità personale di Fassino – spiega l’ex segretario – è indiscutibile ma ci sono dei severi rilievi di opportunità politica da fare ai Ds».

Insomma, la miccia non è stata ancora disinnescata, anche se Fassino si dichiara soddisfatto delle affermazioni di Prodi. Del resto, non poteva chiedergli di più perché il Professore non era disposto a concederglielo: «Piero, ripeterò le cose che ho già detto», gli aveva anticipato.

Il che non significa però che i ds non siano ancora diffidenti: «Resta la guardia alta verso settori prodiani che hanno sparato contro di noi ad alzo zero», annuncia il deputato della Quercia Peppino Caldarola.