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19 Dicembre 2007

“L’ex comandante è fuori dalla realtà così cambierò la Guardia di Finanza”

Autore: Carlo Bonini
<B>"L'ex comandante è fuori dalla realtà<br>così cambierò la Guardia di Finanza"</B>

ROMA
– Il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Cosimo D’Arrigo,
siede sul lato lungo del piccolo tavolo di lavoro del suo ufficio in
viale XXI Aprile.

Generale, Roberto Speciale prima le ha
dato del “poveretto” e dell’abusivo, annunciando il suo rientro. Poi,
si è dimesso da un incarico in cui nessuno lo aveva reintegrato con una
lettera in cui ha messo in mora il legittimo potere costituzionale del
Governo, ordinando al suo capo di Stato maggiore di trasmettere la
missiva all’intero Corpo. Lei, il primo giugno scorso, nel suo primo
ordine del giorno da Comandante generale, scrisse: “Di Roberto Speciale
ho apprezzato il profondo senso dello Stato e delle Istituzioni,
l’intimo, radicato culto dei valori e delle regole, lo straordinario
spirito di servizio verso la nostra Patria!”. Userebbe ancora queste
parole?

“Innanzitutto, tengo a dire che, come forse lei saprà,
il capo di Stato maggiore non ha dato alcun seguito alla richiesta di
Speciale. Perché nessun seguito legittimo quella richiesta poteva
avere. Detto questo, sarò molto franco. Sette mesi fa espressi quel
giudizio sulla base di una conoscenza e di un’amicizia che dura da 42
anni e che oggi confermo, non certo per malinteso senso di generosità.
Ma in questi sette mesi sono accadute molte cose. E’ un altro film. La
situazione è degenerata e il generale Speciale, che ha continuato ad
agire per fatto personale, ha perso il senso della realtà. Perché,
vede, la lettera di dimissioni da un incarico che non aveva e in cui
non avrebbe mai potuto essere reintegrato è una lettera fuori dalla
realtà. Dico sempre ai miei collaboratori, che ciascuno di noi ha il
suo tempo. Il tempo di Speciale è finito. Lui ha deciso che è finito in
una certa data. Per me era finito molto prima”.

E’ qualcosa di più e di peggio di una lettera fuori della realtà. E’ un manifesto di infedeltà istituzionale.
“Io
non so perché l’abbia scritta. So soltanto che è stato anche
sollecitato da alcuni amici dentro e fuori la Guardia di Finanza i
quali sostengono che volesse fare “un bel gesto” per liberare il Corpo
dall’imbarazzo. Ma non voglio essere ambiguo. E dunque le dico
chiaramente che non solo non condivido nulla dei contenuti di quella
lettera, ma che i principi della nostra Costituzione prevedono che in
caso di conflitto tra Autorità politica e autorità militare, i generali
debbano giustamente perdere. Sempre”.

A proposito di
ambiguità, in questi sette mesi lei ha taciuto. Quasi a conferma di
quel che si diceva di lei il giorno della nomina. D’Arrigo è un re
Travicello che non riuscirà a spostare neppure un posacenere.

“Non
sono un re Travicello e, al di là dell’apparenza, non ho neppure un
buon carattere. In questi sette mesi, anche facendo violenza a me
stesso, mi sono imposto il silenzio per chiudere con un passato che non
ci deve più riguardare. Per disgiungere il problema personale di
Roberto Speciale dai destini e dall’immagine di un Corpo di 60 mila
donne e uomini. Io dovevo spegnere rapidamente un antagonismo
strisciante che attraversava ufficiali di grado elevato del Corpo e non
prestare il fianco a strumentalizzazioni interne. Dovevo capire dove
stavo, cosa era la Guardia di Finanza e, soprattutto, capire di chi mi
potevo fidare non solo dal punto di vista professionale, ma della
coerenza con le istituzioni”.

Che significa “coerenza con le istituzioni”?
“E’
coerente con le istituzioni un finanziere che pensa che la Guardia di
Finanza è un’istituzione dello Stato, una risorsa del Paese, non uno
strumento buono per l’affermazione di interessi privatistici, di parte.
E mi riferisco non solo agli interessi di parte espressi dalla
politica, ma anche agli interessi economici. La Guardia di Finanza è
un’arma letale. E’ una macchina delicata, con le sue criticità, che
deve essere tenuta al riparo da tentazioni. Siamo tutti uomini e
viviamo immersi nello stesso contesto. Ma la Guardia di Finanza deve
essere un’istituzione neutrale. E guardi che non sto parlando solo di
un desiderio, ma di un progetto da coltivare quotidianamente”.

E quando lei ha assunto il Comando che grado di “contagio” ha registrato?
“Ho
avvertito degli schieramenti, delle fazioni. Come dicevo,
inevitabilmente, gli ufficiali del Corpo sono funzionari dello Stato
esposti. Ma proprio per questo, proprio per comunicare quel concetto di
neutralità, non mi sono avventurato nel gioco delle appartenenze e
delle opposte fazioni”.

Che però esistono. Nella passata
legislatura, la Guardia di Finanza di Roberto Speciale è stata uno
snodo cruciale di un sistema di spionaggio illegittimo a fini politici
che ha visto l’intelligence del Corpo, con il suo II Reparto, lavorare
in perfetta osmosi con il servizio segreto militare diretto dal
generale Pollari, ex capo di stato maggiore della Finanza. Non c’è
stata vicenda cruciale della vita democratica del Paese, dalle scalate
bancarie agli accessi abusivi alle banche dati tributarie, alla
violazione del segreto istruttorio su notizie politicamente sensibili,
che non abbia visto al lavoro dei finanzieri. Non crede che ignorare il
problema e dire semplicemente che si volta pagina non sia sufficiente?

“Io
non ero qui fino a sette mesi fa, e ho visto una volta sola il generale
Pollari, cui, come gesto di cortesia, ho offerto un caffè nel mio
ufficio. Io posso dire dunque cosa farò di qui a qualche settimana. La
cosiddetta intelligence della Guardia di Finanza, il II Reparto, così
come è stato conosciuto, non esisterà più. Sarà riorganizzato. La
cosiddetta intelligence della Finanza si occuperà di analisi di fonti
aperte, di analisi di banche dati, e terrà rapporti con i nostri
ufficiali presenti all’estero nelle ambasciate. Lo spionaggio sarà
fatto da chi istituzionalmente lo deve fare, i Servizi. La Guardia di
Finanza farà polizia giudiziaria e tributaria, lotta all’evasione”.

E
il patrimonio di informazioni accumulato in questi anni che fine farà?
E come sarà possibile ricostruirne l’uso che ne è stato fatto?
Individuare i soggetti cui è già stato consegnato?

“Conosco da
una vita e sono amico dell’ammiraglio Branciforte, nuovo direttore del
Sismi. E insieme stiamo lavorando proprio a questa materia. Per altro,
il Sismi ha cominciato a restituire al Corpo, anche se in numeri ancora
molto esigui rispetto all’esodo d’origine – parliamo di una quindicina
di effettivi, al momento – sottufficiali che erano transitati al
Servizio nella precedente gestione. I finanzieri che rimarranno al
Sismi saranno impiegati esclusivamente in attività di spionaggio e
contrasto alla criminalità economica, ai grandi traffici illeciti. Le
informazioni sin qui raccolte resteranno patrimonio del Corpo e delle
sue banche dati, sotto la responsabilità del Comandante generale”.

Perché siete stati reticenti sull’uso che è stato fatto nella precedente gestione dei fondi riservati?
“Non
siamo stati affatto reticenti. Abbiamo semplicemente ricordato al
Parlamento quali sono le procedure che governano l’uso di quei fondi.
Che il comandante generale è responsabile dell’intero impiego delle
somme in bilancio e che non esistono giustificativi di dettaglio di
quelle spese. Oggi, insomma, io sono in grado, per il passato, soltanto
di sapere quanto denaro è stato speso, da chi, per autorizzazione di
chi e quando. E sono informazioni che, se mi verranno richieste dalla
Procura militare di Roma o dalla Corte dei Conti, non avrò nessuna
difficoltà a fornire. Detto questo, ho stabilito che d’ora in avanti, i
fondi riservati vengano distribuiti per intero soltanto agli uffici
periferici per contribuire a far fronte a spese che le nostre limitate
risorse spesso non ci consentono di coprire”.

In 4 anni,
Speciale ha distribuito 500 encomi solenni, di cui hanno beneficiato
100 ufficiali. Non crede che questo sia sufficiente a predeterminare le
carriere e dunque il futuro dell’intero Corpo. Ad assicurare continuità
con la passata gestione?

“Le rispondo di no. E con assoluta
certezza. Prima di Natale, varerò un piano di impiego che prevede
l’avvicendamento di circa il 60 per cento degli ufficiali in posizioni
di comando su tutto il territorio nazionale. E nelle decisioni che
abbiamo preso in Commissione avanzamento, quegli encomi solenni cui lei
fa riferimento non hanno pesato. Per un motivo molto semplice. Ne ho
esaminato una per una le motivazioni e la legge di avanzamento non
prevede che faccia carriera chi ha più encomi. Ma chi è più capace. Per
altro, tengo a dire che, oggi, dopo sette mesi, i generali di corpo
d’armata sono su questo punto assolutamente coesi con le mie posizioni.
Le dirò di più. Ho detto che, personalmente, non darò più di un encomio
solenne l’anno. E che quella decisione dovrà essere condivisa dal
basso. Dai comandi territoriali”.

Anche a Milano ci saranno avvicendamenti?

“Anche
a Milano. Perché Milano non è diversa da altri comandi e deve dunque
essere una piazza soggetta al naturale turn-over di qualunque altra
importante città”.

E’ ancora convinto che il ponte aereo di
spigole e gli elicotteri di Speciale, i voli assicurati ai politici
siano, come ebbe a dire all’Espresso, episodi destinati a risultare
“meno pregnanti di quel che appaiono”?

“Per noi, la storia
delle spigole e dei voli è un terribile macigno che faticheremo a
rimuovere. Le dico però che a me le spigole non piacciono e che se a
Orvieto è più conveniente andare in macchina che in elicottero, vado in
macchina, perché me ne frego dell’immagine. Detto questo, il ministro
Padoa Schioppa mi ha chiesto di verificare le procedure che regolano i
voli assicurati alle autorità, per renderle più stringenti e sobrie. E’
una cosa che farò immediatamente. Tengo anche a dire che, come deciso
circa due anni fa, stiamo ammodernando la flotta aeronavale, il che ci
consentirà di renderla più efficiente e meno costosa, tagliandola del
40 per cento”.

Il viceministro Vincenzo Visco è stato
crocifisso per essersi azzardato a denunciare in solitudine nel palazzo
della politica “anomalie” nel funzionamento della Gdf. Dopo quel che
lei ha detto e promette di fare, aveva poi così torto?

“Il
ministro Visco non è un passante. Ha la legittimità e l’autorità di chi
è stato eletto democraticamente. Ha delle prerogative politiche che
esercita e dunque il diritto di indicare, come ogni ministro, di
qualunque colore sia il governo, delle priorità e degli obiettivi cui
un comandante generale è tenuto a dare corso. Io ho avuto l’incarico di
colmare il gap, il vuoto, che si era aperto tra l’Autorità politica e
il Corpo. E sto lavorando per questo”.