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8 Febbraio 2006

L’Europa che non c’è

Autore: Gianfranco Pasquino
Fonte: l'Unità
Ubi libertas ibi Europa. Lasciando da parte le patetiche boutades di
Berlusconi, che avrebbe ottenuto il tasso di cambio fra Lira e Euro a 1.500 (ma,
attenzione, sono boutades che risuonano almeno in parte dell’elettorato
provinciale padano), l’Europa sembra, finora, la grande assente dalla campagna
elettorale. Per quel che riguarda il presidente del Consiglio, il problema non
si pone poiché i suoi amici più cari sono Putin (che non è mai stato comunista)
e Bush (che, neppure lui, sembra essere mai stato comunista) e del cui
europeismo è lecito dubitare.
Invece, per il centrosinistra, se vuole che l’Italia riacquisti un po’ di
prestigio europeo e internazionale con l’influenza politica che ne consegue, il
problema è di tutto rilievo.
Non è, in primis, un problema elettorale poiché l’elettorato di
centrosinistra, dicono tutte le ricerche, è già europeista, mentre quello di
centrodestra lo è in misura molto minore. Esiste, tuttavia, un elettorato che è
stato democristiano che qualche accentuazione europea potrebbe gradirla,
considerarla rassicurante e politicamente opportuna. Il fatto è che, a
prescindere, non del tutto, da considerazioni elettoralistiche (che, ad ogni
buon conto, mettono in contatto gli elettori con coloro che li rappresenteranno
in parlamento e al governo), non possiamo affermare che siamo esposti alla
globalizzazione senza tenere conto dell’Unione Europea come tramite per quella
globalizzazione, ma anche come strumento politico, economico e sociale per
governarla in maniera democratica e feconda. Il punto vero di un discorso
sull’Europa è che tutte le tematiche importanti per il governo dell’Italia sono
tematiche a valenza e, in buona misura, a soluzione europea: immigrazione,
mercato del lavoro, riforma del welfare, investimenti in ricerca scientifica,
commercio, rapporti con il Medio-Oriente…
Il provincialismo bigotto e l’americanismo furbesco del centrodestra non
hanno nessuna risposta di respiro europeo da dare a queste tematiche. Anzi,
hanno dedicato molte energie ad evitare di recepire alcune importanti direttive
dell’Unione Europea. Non hanno cercato nessun coordinamento a livello
europeo.
Non hanno impostato nessun tentativo di collaborazioni rafforzate. L’esito
è sotto gli occhi di tutti quelli che in Italia vogliono vedere. Quando ci si
chiede se e come l’Unione riprenderà un cammino a passo spedito e se e come si
potrà rilanciare la Costituzione dell’Unione, la risposta viene cercata, persino
in Italia, in un rinnovato/ritrovato accordo fra Germania e Francia e in una
augurabile collaborazione, un po’ più audace, da parte degli inglesi. Non è che
la sedia italiana rimane vuota; è che, a quegli incontri di vertice, nessuno ha
neppure pensato di invitare il rappresentante italiano. Il perché è
semplice.
Per cinque anni quell’eventuale rappresentante italiano non ha avuto quasi
(il quasi intende salvare il Ministro degli Esteri Fini che, nei limiti della
sua appartenenza al governo di centrodestra, ha almeno tentato di garantire
l’adesione dell’Italia alle decisioni europee) nulla da dire. Certamente, non ha
mostrato nessuna disponibilità ad intraprendere iniziative e a formulare
proposte. Per molte buone ragioni, esperienza e competenza, conoscenza dei
partners europei, consapevolezza dell’importanza dell’Unione Europea per
l’Italia, Romano Prodi dovrebbe sapere sviluppare qualche iniziativa atta a
consentire all’Italia di rientrare nel giro europeo ad un buon livello.
Convincere gli italiani non è sufficiente. È ancora più importante riuscire a
convincere gli europei che l’Italia tornerà ad un ruolo attivo nell’Unione
Europea. Per conseguire questo obiettivo bisogna parlare di Europa e di
soluzioni europee, non soltanto per farsi belli agli occhi dei corrispondenti
stranieri e delle ambasciate europee in Italia, ma perché soltanto con soluzioni
europee il Paese potrà essere governato con successo in maniera migliore.
Le tematiche europee sono destinate a durare e se il prossimo governo
volesse svolgere un ruolo incisivo nell’Unione, ruolo che si deve meritare
partendo quasi da zero, deve articolarle intraprendendo fino da ora, nella
campagna elettorale, una straordinaria, approfondita, convinta e meritoria opera
di carattere politico-pedagogico.