“Emersione di nuovi soggetti e di capitali misteriosi, rastrellamenti di azioni sul mercato, scalate clandestine, sospetti e accuse di insider trading…niente di più lontano da produzione e lavoro”: così, richiamando eventi recenti, si esprime il presidente di Confindustria nella sua recente relazione.
Quei “nuovi soggetti” egli evidentemente non li ama. Eppure, ci si potrebbe chiedere: non saranno essi l?incarnazione di quegli “uomini nuovi”, che, dalla Roma repubblicana, alla Francia della rivoluzione, al capitalismo di oggi, entrano in scena per dare una salutare spallata a vecchi assetti di potere, per negare gli altrui privilegi e vantare loro diritti; che, perseguendo senza remore i loro interessi, danno stimolo di concorrenza e nuovo sangue a sistemi politici ed economici senescenti?
Non sarà quella del presidente Montezemolo la reazione di chi rappresenta un vecchio ordine minacciato di salutare eversione? Uomini nuovi furono quelli del Terzo Stato nella Francia del XVIII secolo: “il borghese [che] ha lavorato, fabbricato, commerciato, guadagnato, risparmiato…; razza energica che sente la propria forza, che giudica i suoi rivali, che conosce la loro debolezza, che paragona la propria assiduità e la propria istruzione alla loro leggerezza e alla loro inefficienza” (Taine), la cui affermazione è “il frutto di un lavoro ingegnoso più che della ricchezza” (Voltaire).
Ma questi connotati storici degli uomini nuovi stentiamo a riconoscerli nei soggetti a cui si riferisce Montezemolo: quelli che salgono dalle pianure lombarde e calano dai colli laziali.
Sono in effetti “misteriosi” i loro capitali: nulla si conosce della loro origine e poco della loro storia. Non si ha notizia di imprese da cui essi traggano origine, né (se non per qualche tentativo non riuscito) di imprese, di iniziative ardite e di innovazioni che essi abbiano generato. Quelle risorse, ingenti e liquide, vengono piuttosto massicciamente mobilitate per
scalate di finanza e per l?acquisto di partecipazioni che servano da strumenti di potere nel vecchio ordine.
Certamente non vi sono più “salotti buoni” meritevoli di difesa, e neppure di rimpianto: il nostro grande capitalismo ha dato mediocre prova di sé e questa è una delle ragioni dei nostri problemi. Ma un assetto opaco e geograficamente variegato di poteri e di interessi colludenti e aggressivi, quale oggi vediamo manifestarsi in episodi frequenti di reciproca assistenza, non rappresenta certo un’alternativa valida o desiderabile: non fosse altro che per la completa mancanza di trasparenza.
E allora? Al netto di episodi su cui la magistratura ha giudicato o sta indagando, non è questione di lecito e illecito. Né vale la deprecazione moralistica degli arricchimenti ottenuti con la “speculazione”: se non si trae vantaggio da notizie riservate su società quotate o da decisioni amministrative e legislative compiacenti, se non si violano norme esistenti (tre se che meriterebbero un approfondimento), l’attività speculativa, piaccia o non piaccia, fa parte di un’economia di mercato.
E neppure è questione di “rendite” contrapposte ai profitti. In un contesto diverso, osservava Mario Monti che il problema non è quello degli imprenditori che si rifugiano nelle rendite, se ne esistono le occasioni: sta piuttosto alla politica impedire che quelle occasioni si manifestino.
Così si deve ragionare anche in questo caso: nei riguardi della politica e, aggiungerei, anche delle istituzioni. Non tocca all’una o alle altre impedire ad alcuno di perseguire lecitamente i propri interessi e accumulare ricchezze. Ma, nell’ambito del lecito, i “nuovi soggetti” devono operare privi di qualsiasi rete di protezione: quella di un tacito consenso
istituzionale ai loro interventi (gli “incontri più o meno riservati presso le autorità” di cui ancora parlava Montezemolo); o quella di un implicito assenso politico, magari concesso nell’illusione che la politica possa usarli per ridisegnare a miglior fine la mappa economica del Paese senza essere essa stessa usata.
Le liaisons, le amicizie, fra politica e poteri economici, sono sempre un po’ dangereuses, un po’ pericolose: queste lo sarebbero particolarmente.