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7 Settembre 2004

Le primarie – Arturo Parisi a confronto con Luigi Contu (Caporedattore politico de “La Repubblica”)

Professore, la situazione in Iraq appare di giorno in giorno più compromessa, gli atti di terrorismo si susseguono e noi abbiamo là le nostre truppe. Io comincerei da una riflessione sia sulla posizione italiana in Iraq sia anche sul dibattito interno e sulla posizione che ha il centrosinistra – in questo caso direi di più la sinistra – sul rapporto con l’Islam e con il terrorismo.
Innanzitutto, di fronte a questi fatti – fatti che vanno ripetendosi – non possiamo che esprimere tutta la nostra angoscia – angoscia è la parola più corretta . E’ un ‘angoscia in parte impotente, ma è un’angoscia che ci costringe ad alleggerirci dall’illusione che si possa vivere in un mondo a parte. Questi fatti non sono i primi. E’ da tempo ormai che missionari, volontari, giornalisti, rischiano – muoiono – per noi. Purtroppo la nostra umanità è commisurata alla prossimità. E quindi funziona ad intermittenza. Se la esercitassimo con maggiore continuità ce ne avvantaggeremmo tutti.
Sia quando sono in gioco le nostre vite, sia quando sono in gioco vite di altri fratelli che hanno un colore diverso e appartengono a gruppi diversi.
Detto questo, la nostra risposta è nota. Non esistono scorciatoie. L’unica strada a nostra disposizione è la politica. La politica unita all’intelligenza, ma la politica guidata dall’intelligenza. Non pensiamo che esistano scorciatoie. Ed è a questo proposito che noi non possiamo che ripetere sostanzialmente quella che è la posizione, la linea, che ha guidato il nostro orientamento durante questi mesi e anni. E’ quella della richiesta di un governo del mondo in nome del mondo. Una entrata in campo del multilateralismo e dell’ONU. L’ONU è una sigla che, pur con tutta la sua incompiutezza rappresenta la nostra idea, la nostra domanda di politica a livello mondiale. E quindi anche la nostra richiesta di discontinuità. Perché questo è il punto. A una discontinuità che non ci è stata riconosciuta, che ci ha impedito anche di condividere la corresponsabilità, al di là della nostra condizione di opposizione. Noi ci sentiamo chiamati in causa, indipendentemente da questo pre-ruolo. Però ci sentiamo chiamati in causa per risolvere con le armi della politica. Per spegnere l’incendio indipendentemente da chi e da come lo ha attizzato.
Questo è quello che noi chiediamo. Innanzitutto la verità come punto di partenza. E comunque, in questo momento, al di là di questo quadro generale, resta la condivisione di ogni possibile azione per la quale il nostro intervento – intendo dire il nostro intervento di opposizione – possa svolgersi utilmente per la salvezza di vite che noi sentiamo nostre al di là dell’immediata prossimità dell’appartenenza.


E la permanenza delle nostre truppe lì? Continuare a chiederne il ritiro non può apparire un cedimento a questa escalation del terrorismo in Iraq?
Noi continuiamo a chiedere un cambiamento di passo. Noi continuiamo a chiedere al governo il perché e il per come le nostre truppe sono lì. Se per l’antica iniziativa umanitaria in nome della quale i nostri soldati sono andati lì. O per partecipare ad una guerra che noi continuiamo a rifiutare profondamente.


Sarà sicuramente un dibattito che da settembre in poi si riaccenderà. Io passerei ora alle tematiche per cui sono stato chiamato qui. Quando sono stato invitato si ragionava di una serata dedicata alle primarie, di cui sicuramente parleremo. Però non possiamo non partire da quanto è accaduto ieri sera dopo le dichiarazioni del presidente Prodi, che naturalmente hanno messo in subbuglio non soltanto la Margherita, ma anche i giornali. La prima domanda che le farei è: che cosa è successo? Come è possibile che il presidente Prodi sia venuto qui e abbia bacchettato la linea della Margherita e il suo leader in questo modo?…evidentemente devono esser venute fuori delle incrostazioni di questi ultimi mesi, che forse erano rimaste un po’ troppo sotto traccia…
Premesso che i dibattiti che svolgiamo, anche quello che stiamo avviando stasera,  appartengono pienamente alla politica non alla categoria dell’ “ammoina” . Alla politica e alla democrazia, che per noi è parlare in pubblico delle cose pubbliche, e quindi è guidata dal dovere della verità. Quello che è successo ieri, cui io ho assistito insieme agli altri, è che Romano Prodi è tor5nato tra noi come chi torna in una casa che sente sua e quindi, proprio perché la sente sua, si permette quel rilassamento, quel dovere di accenti interiori di verità, che ognuno di noi si permette in famiglia. E quindi al dovere di svolgere in pubblico le cose pubbliche è aggiunto questo dovere che è quello di dirsi a cuore aperto – perché ha parlato con la testa, ma anche col cuore, abbiamo sentito una passione nelle sue parole – quelle che sono le sue preoccupazioni.


Che sono anche le sue?
Sono le mie e non solo le mie. Tanti amici qui presenti condividono le preoccupazioni di Prodi. E le hanno manifestate in un tempo che ha consentito a qualcuno di immaginare che fossimo guidati da preoccupazioni diverse. Ma direi che, prima che preoccupazione, quella che guida le sue parole, quello che ha guidato le nostre parole, è il sentimento della nostalgia. Anche per il politico esiste la nostalgia. Nostalgia per un tempo diverso, un tempo nel quale tutti assieme abbiamo fondato la Margherita. Lo dicevamo allora che la Margherita è stata fondata, prima ancora che da noi, dai milioni di elettori, quel 14,5% di elettori che ha messo il suo segno, ha manifestato la sua scelta per la Margherita. Per una Margherita che nel voto – chè poi gli statuti le hanno dato vita in seguito al voto – si è proposta dall’inizio senza alcuna esitazione come una Margherita per l’Ulivo. Quella Margherita appunto che Francesco Rutelli ha portato alla vittoria. Perché nel dire – allora questo fu lo slogan nel quale ci riconoscemmo – “Tre schede Tre voti Tre volte Rutelli” – noi volevamo dire che tutti i voti che noi chiedevamo agli elettori appartenevano alla stessa storia. Che la Margherita non era diversa dall’Ulivo, che la Margherita lavorava per l’Ulivo, che la Margherita trovava innanzitutto anche se non esclusivamente in questa scelta il suo segno di identità più importante. Ed è proprio il ricordo di questa stagione che noi e immagino Prodi abbia voluto riproporre – lo ha detto anche in modo esplicito –  al centro del dibattito. Invitarci tutti a ritornare a quello che è stato l’inizio.


A ritornare, significa che non è più quello che era l’inizio, vero? In questi mesi abbiamo seguito il dibattito interno, abbiamo visto anche dei documenti, delle decisioni degli organi direttivi della Margherita. Lo stesso Rutelli proprio ieri mattina ribadiva che la scelta della Federazione, la scelta delle primarie – che poi sono i due passaggi successivi che servono anche a capire come andrà a finire il discorso della coalizione e dell’Ulivo – sono assolutamente confermati e non c’era alcuna opposizione. Ora, da osservatore e ancor più da lettore dei quotidiani e da lettore di politica, mi domando cosa c’è che non va allora nella Margherita, per voi. Visto che lei prima diceva “parliamone apertamente”: quali sono gli atti, quale è la linea, cosa è cambiato dal 2001 ad oggi nella Margherita?
Mah, le parole ci son tutte. Le parole sono tutte al loro posto. Credo sia difficile non riconoscerci direi anche nella passione con la quale ieri Francesco Rutelli ha voluto ricordare alla Festa che iniziava quella che è la scelta fondamentale della Margherita. La sua determinazione a proseguire e a portare a compimento il progetto dell’Ulivo, la sua scelta per la Federazione che è stato il seguito e lo svolgimento della iniziativa della Lista Unitaria. La sua scelta per la costruzione di una coalizione di governo, raccolta appunto ad un progetto di governo, che porti il Paese fuori dal dramma nel quale l’attuale governo l’ha portato. E l’accettazione convinta della proposta delle primarie, quella appunto di cui avremmo dovuto discutere questa sera, in cui parleremo inevitabilmente di “primarie e dintorni”. E’ la proposta formulata da Prodi poco più di 15 giorni fa – visto che è una proposta formulata da Prodi il 26 luglio, e dunque in termini di giorni non festivi si tratta di poco più di dieci giorni. Accanto a queste parole, nelle quali ci riconosciamo tutti, tuttavia si sono aggiunte altre parole e sono mancati altri fatti. E’ su questi che oggi noi ci troviamo a discutere. Sulle parole in più e sui fatti in meno. Questo è il problema al centro della nostra attenzione. Ma soprattutto al momento: perché i partiti sono delle comunità di persone vive, che discutono in pubblico tranquillamente, come facciamo noi stasera. E mi sento assolutamente sereno, pur se guidato da una preoccupazione, di porre un problema di questo genere, che normalmente è riservato a riunioni “riparate”, in una piazza pubblica davanti agli altri cittadini, negandomi a quella logica de “i panni sporchi si lavano in casa”, perché appunto è questa l’idea di politica che abbiamo. Non è una idea “riparata”, concretamente. Non è un dramma che esistano diversità di valutazione. Sulle parole e il loro significato, sulle altre parole e sui fatti mancanti. Quello che è importante è riconoscere l’esistenza dei problemi. Non credo che possano esserci problemi che siano risolvibili se non se ne riconosce l’esistenza. Questo è il primo punto.


Quali fatti sono mancati nella politica della Margherita e nelle decisioni della Margherita?
Innanzitutto un cambiamento di passo. Adesso che non è un tempo infinito quello che ci separa dal 15 di giugno – mi riferisco all’indomani delle elezioni europee. Anzi, per esser più esatti, al momento in cui si è aperto il dibattito, ancora più avanti, visto che opportunamente avevamo sospeso un dibattito per attendere tutti gli elementi dei quali avevamo bisogno dallo svolgimento del secondo turno delle elezioni amministrative locali. Poco più di un mese e mezzo, luglio e i primi giorni di settembre. Ebbene, è appunto in questo periodo che quello che noi aabbiamo sentito venir meno è appunto la forza di cui ha bisogno un aereo nel momento del decollo. E’ una forza di spinta, che deve portarlo in volo. In quel momento è venuto meno quello che è il propellente principale, la forza propulsiva. Il riconoscimento del rilievo, dell’importanza, della forza della risposta che  ci era venuta dagli elettori. Ieri Prodi l’ha ricordato, richiamando questo problema di come valutare il risultato delle europee. Lui ha detto “speravamo che fosse un 4 a 0” ma almeno un 2 a 0 lo è stato, concretamente. Ci siamo trovati di fronte a una definizione di “pareggio” che arretrava in modo non dichiarato verso un riconoscimento di sconfitta. Difficile costruire il futuro muovendo da una definizione che vuole quella che è  – che sarà destinata ad esser ricordata, man mano che ne prendiamo le distanze rivaluteremo quel risultato – quella che è una grande vittoria come una quasi sconfitta.


Una grande vittoria per la portata dell’operazione politica, che certamente è stata un’operazione coraggiosa e inedita anche nella storia della sinistra italiana. Dal punto di vista del peso elettorale dei voti forse però è stata un po’ al di sotto delle aspettative di molti…
Bè…le aspettative sono di quelli che se le aspettano!.. Noi ci aspettavamo esattamente quello. Sono state fatte tante dichiarazioni. Io credo che la più prudente, la più corretta, è stata appunto quella di Francesco Rutelli. Abbiamo visto affermazioni che lanciavano il cuore oltre l’ostacolo, attendendosi misure che viaggiavano oltre il 35%, scommettendo su una partecipazione minore a quella che è stata poi quella effettiva. Il nostro obiettivo è stato però sin dall’inizio un obiettivo politico, piuttosto che elettorale. E per un motivo molto semplice. Perché noi abbiamo cercato in questa prova il primo passo per costruzione di una coalizione di governo, che facesse della Lista Unitaria il nucleo unitivo più importante della coalizione. Non un “unirsi per dividere”. Ma scrivemmo, appunto, un “unirci per unire”. Ricordo, il giorno appena prima della conclusione della campagna, lo sconcerto con il quale alcuni amici della coalizione registrarono la scelta di Prodi – che andava a Napoli per chiudere la campagna – di recarsi prima alla chiusura della campagna dei Verdi. E, prima ancora, di cercare – e trovare – un incontro con Bertinotti, un incontro con Occhetto, un incontro con Mastella. Proprio alla vigilia di un voto, per cui ci veniva contro-obiettato “oh!…ma qui noi siamo concorrenti…e mandiamo un messaggio di unità?!”. E’ esattamente questo, era esattamente questo il messaggio! Ma sarebbe stato possibile, secondo lei, vincere le elezioni amministrative – quelle che hanno determinato e segnato la vittoria del centrosinistra – senza salvaguardare questo clima unitario? Sarebbe stato possibile registrare quello che è stato il successo più importante – la vittoria di Milano, quella che ha costretto Berlusconi e la maggioranza di centrodestra a prendere atto della sua sconfitta e delle sue contraddizioni? Non sarebbe stato certamente possibile. Ed è qui che sta il segno e la linea e l’ispirazione della Lista Unitaria. Ed è qui che bisogna cercare anche il segno e la linea e l’ispirazione della Federazione dell’Ulivo, che noi riteniamo debba dar seguito alla Lista Unitaria. Questo è il punto. E con tutto ciò, pur con tutta questa prudenza, pur con tutta questa preoccupazione per il tutto prima ancora che per la parte, noi abbiamo registrato un risultato – oggi c’è stato un incontro che ha affrontato questo problema – un risultato che è superiore di un punto a quella che era la base di partenza e soprattutto ha definitivamente e ulteriormente contraddetto quella che veniva considerata una regola aurea della sociologia elettorale, che “due più due in politica non fa mai quattro, ma fa tre”. Noi abbiamo fatto “quattro virgola due”. Sarà poco, ma lo abbiamo ulteriormente contraddetto…


Questo anche la Margherita lo aveva già fatto nel 2001…
…E l’Ulivo. Tutto. La nostra storia degli ultimi dieci anni è appunto guidata e segnata dall’unità e dal premio che l’unità registra contro la divisione.


Torniamo alla “corsa” di Prodi. Prodi a fine ottobre concluderà il suo mandato. Ha lanciato l’idea delle primarie. Concorderà però che riprendere il cammino oggi con un’uscita alla Festa della Margherita che segna comunque una cri nel rapporto tra Rutelli e Prodi – questo è evidente – complica molto questo quadro. Ora io le chiedo intanto se oggi ci sono stati incontri. Ne avete parlato? E soprattutto le chiedo quale può essere un momento di ricucitura di questa situazione. Perché credo che cominciare un discorso di coalizione con un rapporto di crisi con il partito che ha contribuito a fondare e che ha comunque una componente importante che si riconosce nella sua leadership, sia un ostacolo non indifferente.
Complica se la storia si concludesse qui. Ma noi viviamo questo passaggio come il passaggio di una storia che continua. In fondo quale problema – ho letto da qualche parte qualcuno che  ha dichiarato che le dichiarazioni di Prodi in qualche modo sono un fattore di divisione. Quale è il problema? Il fatto che Prodi ha invitato alla scelta? Invitare alla scelta – e ha aggiunto, anche, a contarsi – è per definizione invitare a dividersi. Ma a dividersi per unire, a dividersi per riunirsi. Questo è il segno. Noi sappiamo che di tutto abbiamo bisogno, all’infuori che di unanimismi. Unanimismi…fasulli? Diciamo fasulli. Di unanimismi inadeguati. E’ quello, ciò di cui noi ci lamentiamo. Non del fatto che esistano opinioni diverse. Ma del fatto che le opinioni diverse vengono in qualche modo non riconosciute. E quindi viene privato il presupposto fondamentale perchè possano essere ricomposte. Io credo che il fatto che le opinioni siano state messe sul tavolo, in modo non equivoco, è il primo passo perché esse possano e debbano essere ricomposte. Noi ci sentiamo impegnati dentro il partito – quelli che si riconoscono di più dentro la preoccupazione di Prodi. Sono sicuro che Prodi più di tutti si farà carico di questa necessità, di ricomporre l’unità e di lavorare per l’unità all’interno di tutta la coalizione. Però non riteniamo che l’unità possa essere pagata col prezzo della – starei per dire della menzogna – cioè del mancato riconoscimento della verità. Noi abbiamo bisogno di basi solide per andare avanti. E le basi solide sono affidate a delle scelte chiare. E’ questo e solo questo che noi chiediamo. Da questo punto di vista è inevitabile – io lo vivo e sono convinto che questo passaggio sia una crisi di crescita. Quando gli organismi e anche le comunità si costituiscono, mettono per iscritto degli impegni straordinari. E’ strada facendo che vanno a riguardare…: “oh!…fammi vedere cosa avevo scritto”.. Questa è una cosa seria. Ebbene, noi di fronte alle scelte siamo costretti a ritornare sui nostri documenti fondamentali. E a riscoprirne la forza. A risceglierli. Io dico anche, eventualmente – come dire – ridefinendoli. Ho detto in qualche dibattito interno: “non mi interessa rimettere in discussione cose  che in qualche modo potremmo e dovremmo, in nome del patto fondativo”, considerare fuori della discussione.. L’importante è che le riconquistiamo. Come un punto di riferimento solido, un punto di riferimento comune.


Resta il fatto che questo suo auspicio poi si scontra con una situazione abbastanza complicata. Veniamo allora ai fatti concreti. I prossimi passaggi sono, sia sul fronte della coalizione sia all’interno della Margherita, quello della Federazione e quello delle primarie. Prodi ieri ha detto addirittura “se Rutelli ha un programma alternativo, si può candidare, così come ha fatto Bertinotti, come hanno fatto Salvi e Mastella”. Io intanto le farei una domanda preliminare sulle primarie e cioè: qual è il senso, qual è il vero obiettivo di primarie indette, quando sostanzialmente tutto il centrosinistra ha già detto che il lesder è Prodi?
Cioè lei vuol dire che c’è un candidato unico?


No, voglio dire che comunque la maggior parte dei partiti del centrosinistra, anzi la totalità dei partiti del centrosinistra è schierata per Prodi. C’è Bertinotti che dice “potrei concorrere, ma comunque riconoscerei la sua leadership”. Perché fare delle primarie formalmente?
Primo, perché che il candidato sia uno solo, questo lo sa lei, ma mi farebbe piacere sentirlo definitivamente, da questo punto di vista. L’ho detto, l’altro giorno, a chi mi obiettava, a chi avanzava la stessa obiezione: “ma come facciamo a sapere se il candidato è solo Prodi, se noi non apriamo le primarie?”. Le primarie  servono anche per questo. Per consentire, a chi pensa di essere portatore di un’idea generale per la coalizione, di alzare la mano. E dire “io ho un’idea diversa”. Io credo che per il bene della coalizione sia utile e necessario andare a un confronto. Perché privare la coalizione di questa richiesta, di questa possibilità di scelta? E, secondo, perché io credo che i partiti siano determinanti, ma è arrivato il momento di dare la parola anche ai cittadini. Noi durante tutti questi anni, questi lunghi anni che noi chiamiamo la transizione, iniziati nell’89 – assumiamo come punto di riferimento il ’93 – siamo guidati da parole che attendono dei fatti conseguenti. E queste parole muovono da un problema. Che noi chiamiamo crisi di rappresentanza dei partiti. E’ il problema che ci costringe a prendere atto che i partiti hanno nelle loro mani un potere di gran lunga superiore alla loro legittimazione. E quello che è il nuovo riferimento comune – la coalizione – invece, quello che è l’oggetto d’amore crescente all’interno della democrazia dell’alternanza, della democrazia governante, della democrazia bipolare, ha viceversa molta più legittimità che potere. E’ in questo contrasto, tra i partiti che hanno più potere che legittimità e la coalizione che ha più legittimità che potere, che noi abbiamo cercato, che noi cerchiamo – ieri Prodi l’ha detto in modo chiaro – le linee che spingano i partiti a riequilibrare, a superare il “gap”, lo squilibrio tra legittimità e potere. E riteniamo che in questo contesto le primarie – come è successo per tanti paesi dell’Occidente e il primo esempio è naturalmente quello americano – possano trovare in questa occasione un appuntamento, uno stimolo, una sfida per approfondire e radicarsi meglio tra i cittadini. Per crescere e recuperare quella funzione pubblica alla quale son chiamati dalla nostra Carta costituzionale, alla quale son chiamati da quella che è la vocazione storica. Noi pensiamo che le primarie servano innanzitutto ai partiti.


Non sarà che la richiesta di Prodi   – e, mi sembra di capire, forse anche la sua – deriva anche dal fatto che forse Prodi non si sente così sicuro di questa leadership, magari con il riproporsi di un quadro più complesso , come è stato dal ’99 in poi,  nel rapporto con i Ds e poi vediamo anche adesso con la Margherita. Ieri lo ricordava qualcuno e lo disse Prodi molto bene dopo la crisi di governo “mi sono reso conto che senza una mia forza in Parlamento, sono un po’ in balia degli eventi”. Ora mi pare che stando così le cose – il rapporto con i Ds è senz’altro buono, anche con Bertinotti mi sembra che si sia avviato un confronto proficuo, con la Margherita in quata fase siamo in attesa di un a riunificazione, come lei dice – però resta il problema di un potenziale candidato, come lei dice giustamente, non ancora formalmente candidato alla leadership del centrosinistra, che non è direttamente collegato ad un partito. Allora forse il cercare le primarie è anche un tentativo in qualche modo di scavalcare o di organizzarsi un proprio esercito, per così dire, che consenta di avere maggiore autonomia. Qui rientriamo però nel discorso successivo di un problema, poi, in caso di vittoria…
Ma guardi che questo non è un problema di Prodi. Questo è un problema del sistema politico italiano. Questo è un problema, ripeto, che ci fa compagnia da quando abbiamo iniziato a parlare di queste cose. Oggi ho risentito tornare in campo la proposizione..”mah, parliamo di cose che si mangiano, parliamo di cose che si toccano, ma che sono tutte queste questioni che riguardano gli assetti, le architetture…..”. No. E’ una cosa che ci fa compagnia da tanto tempo. Per quelli che si sono spesi in questi anni, è un’obiezione che hanno incontrato. Ma bisogna che ci chiariamo, una volta per sempre. Il punto di partenza di tutti i ragionamenti sono i problemi della gente. I problemi della gente. Perché dobbiamo farla complicata. Chiediamolo ai cittadini di Polignano, dell’assetto che ha consentito a loro di avere un sindaco stabile per due legislature per poi, avendo fatto un’altra prova, risceglierlo come il proprio sindaco, quello che guida la vita di questa comunità. Chiediamolo a Cofferati e alla coalizione di centrosinistra a Bologna, quando la sera della vittoria si son ritrovati sapendo che in quel momento  iniziava il momento del governo. E non, viceversa, iniziava tutta quella infinita “ammoina” che poi metteva capo , anche a livello locale, a delle giunte che duravano solo nove mesi. Proviamo a chiederglielo. Queste cosa sono? Son cose che si mangiano, o son cose astratte? Questo è un problema che non è risolto! Non è risolto.


Certo, è vero. Nella realtà locale però è in atto un sistema elettorale che lo consente.
Certo, nella realtà locale è risolto. A livello nazionale è un problema che non è risolto. A livello locale i cittadini lo sanno, che è risolto. I cittadini di Bologna sapevano, non solo nel momento della vittoria ma ancora prima, nel momento in cui si è configurata indipendentemente dalla forme di scelta e di legittimazione la candidatura di Cofferati, sapevano che da querl momento il referente unitario dell’azione di governo era riconoscibile e individuabile. In qualche modo i poteri che lo attendevano da sindaco retro-agivano sul presente, dandogli quella forza di governo del quale la nostra comunità, quella di B olona, ha assolutamente bisogno esattamente come il pane. Perché è pane quello che corrisponde alle singole voci del programma. A livello nazionale noi non abbiamo risolto questo problema. E quindi assieme a questo problema – che è il problema di individuare quelle che sono le contraddizioni, i drammi, i drammi che son presenti all’interno della nostra società – scegliere un governo che li affronti, scegliere una coalizione che sia la base per questo governo, scegliere un candidato – perché questo è il punto – che sia portatore di una forza adeguata per vincere. E poi governare. Vincere e poi governare. Risolvendo i problemi ai quali è orientata la politica. Questo è il problema. Noi questi problemi, a livello nazionale, non li abbiamo ancora risolti. Per cui il governo nazionale si trova ancora come un vaso di coccio in mezzo a vasi che vanno rafforzandosi, in una situazione che rischia di disarticolarsi. In una situazione che va disarticolandosi. In un contesto come  quello del federalismo “non” solidale, anzi selvaggio, promosso dalla destra nel nostro paese. Un approdo disastroso. Ed è dentro questa storia di rafforzamento dell’esecutivo, di radicamento dell’esecutivo. Nella scelta diretta dei cittadini, perché questo è il nostro principio. Noi non disponiamo del padrone. Noi riconosciamo un solo “principe”: gli elettori. Ed è appunto quel restituire lo scettro al principe, l’antico slogan con cui iniziava il nostro cammino, che ci chiede di rimettere nelle mani del principe, il cittadino, lo scettro del candidato presidente. Non solo nel momento della definizione della risposta a domande formulate dagli altri. Ma nella stessa definizione della proposta e della domanda. Questo è il senso. C’entra Prodi con questo? C’entra. C’entra nella misura in cui pensa – e l’ha detto ieri – che la missione alla quale si sente chiamato ha un senso ed è praticabile se affronta contemporaneamente il problema della definitiva soluzione dell’assetto politico del paese, dell’assetto politico-istituzionale e dei nodi economico-sociali che vanno esplodendo sotto i nostri occhi. C’entra. Ma solo in questo senso c’entra.


Ho capito. Quindi lei vede le primarie come un primo passo anche in questa direzione. Anche per stabilire delle regole nuove per poi evidentemente – nella speranza di una vittoria elettorale – cominciare a  capire le regole nuove che diano maggiore stabilità al governo futuro…
Non. Non un primo passo. Un ulteriore passo. Questa è una storia che continua. Bisogna continuare a percorrerla…


Bè, diciamo che le primarie verranno prima. Prima di un’eventuale vittoria…
Certo. Noi immaginiamo che non solo a noi, ma anche al centrodestra è stato giustamente posto il problema. E cosa succede quando Berlusconi dovesse venir meno? Come il centrodestra riuscirà a risolvere un problema, che ha risolto con uno schema padronale, nel momento in cui non avesse almeno un esempio da seguire? In fondo è questo quello di cui parliamo. Se condividesse già immediatamente questa preoccupazione, in due settimane potremmo fare una legge guidata dalla stessa preoccupazione. Sappiamo che non è così. Non possiamo far conto su questa consapevolezza. E quindi dovremo camminare con le nostre gambe.


La differenza è che Berlusconi è il leader di una coalizione – il primo partito di una coalizione – che guida il centrodestra, quindi è avvantaggiato, in questo.
Ah!…è il leader di una quantità infinita di miliardi, di migliaia di miliardi!..più che di un partito.


Però i voti li prende…Insomma…li ha presi. Restiamo sul tema delle primarie. Lei le ha studiate molto, è stato negli Stati Uniti, è un dibattito questo che in Italia va avanti da tanto tempo…Forse – visto che sulle primarie nel centrosinistra c’è anche una certa unità – è il momento in cui veramente si faranno. Lei ha già Un’idea, ha immaginato una soluzione? Sappiamo che ci saranno varie possibilità…le primarie chiuse, le primarie con le liste, gli elettori limitati agli elettori del centrosinistra, aperti al centrodestra. Io le chiederei questo – forse più come politologo, ma comunque adattando naturalmente la sua esperienza al suo ruolo attuale e al centrosinistra italiano – come vede le primarie?
Ah!. .mi consenta di sottrarmi al dovere della ricetta! Io so solo una cosa. Che non possiamo continuare ad agitare i problemi senza risolverli. E meno che mai a indicare soluzioni senza dar loro seguito. Perché qui, concretamente, la storia delle primarie dura da troppo tempo perché possiamo continuare così. D’altra parte non mi sembra che si siano trovate altre soluzioni. Certamente troviamo una soluzione inadeguata la soluzione del “caminetto” dei segretari. Perché, se le considerazioni che abbiamo svolto sulla crisi di rappresentanza hanno ancora un fondamento, sulla necessità di riequilibrarla è evidente che abbiamo bisogno di un punto di appoggio più solido. Né mi affiderei ai sondaggi, che ci danno delle utili indicazioni ma tuttavia ci dicono più della notorietà e della popolarità, piuttosto che della scelta politica dei cittadini. Dei cittadini che scelgono. Questo è il primo problema. E’ perciò che in qualche modo noi siamo costretti a dire – mentre inizia la stagione politica – “adesso o mai più”. Veramente adesso o mai più. Perché ormai è iniziato il conto alla rovescia. Dobbiamo prepararci eventualmente anche ad un’elezione anticipata. Io penso, immagino, che la legislatura si concluderà alle scadenze naturali. Per alcuni versi lo auspico pure. Non so se in nome dell’argomento di Montanelli, che sento superato, perché la gente è gia abbondantemente vaccinata, è già pronta, sostanzialmente, da questo punto di vista. Ma perché tutti hanno bisogno di verificare, di mettere alla prova il fondamento della pretesa di novità rivoluzionaria col quale la Casa delle Libertà, il Polo e il Cavaliere è sceso in campo. Questo io penso. Ma tuttavia elezioni anticipate potrebbero anche darsi. E allora noi abbiamo a disposizione non più di un paio di mesi, per portare a compimento questa scelta. Non per fare le primarie, no..già sento che  si parla di  gennaio..no. Quanto al modo: è evidente che è un’iniziativa che muove dai partiti. Perché sono i partiti in quanto tali che, riconoscendo il fondamento di questo problema, la necessità della soluzione di quets istanza, prendono nelle proprie mani la proposta di Prodi. Non per assecondare un suo capriccio, ma perché condividono – come hanno lasciato scritto in un mucchio di documenti – l’esistenza di questo problema. Ed è muovendo da questa scelta che noi troveremo le regole. Non voglio dire che volere è potere. Perchè tra dire e fare c’è di mezzo il mare, tra volere e potere qualche volta c’è di mezzo un oceano. Tuttavia problemi tecnici non esistono. Questo è il primo punto: non esistono problemi tecnici.


Ma non potrebbero essere, ad esempio, le regionali una prima prova da associare al discorso delle primarie? In fondo, vogliamo scegliere il candidato premier, perché non far scegliere dalla base e dai cittadini anche il candidato alla Regione?
Mah, questa è  una scelta disponibile..


Perché mi pare che già sulle Regioni le famose Segreterie hanno già cominciato a riunirsi….
E’ sempre bene che l’esempio venga dall’alto. Da questo punto di vista è sicuramente più capace di espandere e di diffondere  la sua efficacia una iniziativa che muova dal livello nazionale  piuttosto che dal livello locale. Tuttavia questo è da valutare situazione per situazione. Nelle singole regioni, dalle coalizioni delle singole regioni. Anche per ripararsi dal tentativo dei tavoli nazionali, nei quali la Puglia viene scambiata con la Calabria, la Calabria con la Campania… Questo senza sottovalutare anche gli aspetti di prudenza che chiamano le dirigenze nazionali a richiamare a un quadro più ampio le scelte locali. Ma tuttavia mai contraddicendo il principio che è quello fondamentale del riconoscimento dell’autonomia e della sovranità locale, perchè anche le scelte della Puglia siano fatte in Puglia.


Lei, prima, ragionando di primarie ha riportato un po’ il discorso della transizione  non completata, di un sistema politico tutto sommato forse non maturo. Non le sembra un’anomalia anche il fatto che noi molto probabilmente ci troveremo alle prossime elezioni politiche a compimento di legislatura sostanzialmente – se Prodi si candiderà, sarà investito ecc.. – con gli stessi due candidati che si sono candidati nel ’96? Questo è un fatto diciamo un po’ inedito e potrebbe essere anche questo un sintomo della difficoltà di uscire dalla transizione e di arrivare a un bipolarismo, ad un maggioritario compiuto?
Mah… che siamo dentro la transizione l’abbiamo ripetuto, non è il caso di ripeterlo ulteriormente. Tuttavia io vorrei anche prendere le distanze da questa simmetria…Nel senso che da una parte abbiamo uno che è stato sempre lì, bene o male è dal ’93, dalla prima dichiarazione di Casalecchio che sta lì (noi non lo sapevamo, ma lui lo sapeva), o al governo o all’opposizione. Dall’altra parte c’è una persona che si ripresenta.  Cosa che, giustamente, succede in tanti posti… Ripeto, a Polignano il sindaco si è ricandidato adesso, dopo due legislature interrotte – per rispetto della legge – da un’altra. E si presenta ai cittadini, forte di un’esperienza di governo che i cittadini riconoscono e sapranno riconoscere. E si ripresenta non  all’insegna della continuazione o della ripetizione della storia precedente. Ma proprio in termini completamente diversi. Dicendo la prima cosa che ha detto Prodi chiaramente, che il 2006 è completamente diverso dal ’96. Non solo nei problemi che nel frattempo sono esplosi nella società e nel mondo. Ma anche nelle istituzioni e nel sistema politico. Ed anche in nome di questo cambiamento che lui ha avanzato questa proposta di ulteriore innovazione, delle primarie. Anche qui non inventata così improvvisamente come se fosse un capriccio. Ma svolgendo un piano che accomuna i riformatori di questo paese ormai da quindici anni.


Sì, il piano è certamente cambiato, anche da un punto di vista internazionale e assolutamente non possiamo fare un paragone. Resta il fatto che comunque Prodi troverà tra i suoi interlocutori Bertinotti, che già nel ’96 è stato un problemino…e soprattutto nel ’98. Ora la candidatura di Bertinotti alle primarie. Bertinotti è stato come sempre molto tempista e pochi giorni dopo la proposta di Prodi ha subito detto “io mi candido”. Il che è stato commentato come una scelta di chiarezza, anche da parte vostra, un confronto assolutamente auspicabile. Nello stesso tempo è innegabile che può creare delle tensioni – e credo che abbia creato delle tensioni – un po’ nei Ds, perché è chiaro che la competizione potrebbe in qualche modo catalizzarsi tra i due e quindi dare a Bertinotti un ruolo e forse una forza maggiore di quella che non avrebbe elettoralmente.  E il fatto che sostanzialmente la candidatura di Bertinotti sia uscita fuori così rapidamente e soprattutto il fatto che lui vorrebbe delle primarie sul programma, questo può creare delle ambiguità nella competizione interna?
Bè, apre dei problemi…Ma prima ancora dei problemi che apre io mi vorrei soffermare un momento sui problemi che chiude. Perché più che sulla risposta di Bertinotti, vorrei richiamarmi e soffermarmi sulle ispirazioni della risposta. E innanzitutto su quella della accettazione di entrare in una logica di governo. Questa non è una cosa di dettaglio. Bertinotti, al di là di quelli che sono i suoi orientamenti personali, operava dentro un sistema politico in nome di una componente che prima ancora che come partito esiste nella società. In qualsiasi ballo incontriamo il referente di questa posizione, che a tutto è interessato all’infuori che al governo delle cose, quasi preoccupato del governo delle cose. Il fatto che Bertinotti entri, da una parte, in gioco, determinato a confrontarsi sulla soluzione e sapendo che comunque l’alleanza non può che avere come punto di riferimento il governo, è un salto enorme. Il secondo punto che Bertinotti ha posto è che “io poi vengo con voi per decidere assieme, ma come come decidiamo? Perché altrimenti entro in una posizione che oggettivamente.…..(brano di registrazione mancante)….  alle mie ragioni, anzi mi propongo di conquistare alle mie ragioni persone che non sono dalla mia parte: Ma le conquisto all’interno di un confronto che ha come posta il governo del paese”. Questo è il punto. Ma questo è il punto se è il punto che Bertinotti intende tenere. Perché il problema che deve essere chiaro è che il confronto è tra linee. Non è un confronto di persone né un confronto di partiti. Guai se tra poco noi ci dovessimo trovare improvvisamente candidati tutti i Segretari di partito. E cosa facciamo? Un’altra elezione proporzionale? Abbiamo finito. Allora avrebbe ragione D’Alema che ha detto  “l’elezione l’abbiamo già fatta alle Europee, c’è già  quello che è il candidato, il promotore, il riferimento della Lista più grossa ancorché alle Europee, chiudiamola lì perché l’argomento è risolto”. Ma non è questo evidentemente il punto. Non sarà una cosa semplice. Non sarà semplice. Ed è chiaro che da questo punto di vista il problema della scelta delle linee programmatiche e il problema del candidato sono tra loro strettamente collegati. Credo che sia assolutamente fuorviante mettere a confronto e in contrasto e in opposizione l’idea di primarie di programma e di primarie di candidato. Io non immagino che le primarie si possano svolgere tra candidati che ci raccontano e ci illustrano il proprio “curriculum vitae” e rinviando il confronto programmatico. E neppure immagino le primarie di programma, perché come facciamo le primarie di programma? Immaginando un questionario che su argomenti distinti, chiude? Ma ci fermiamo un momento a ragionare cosa ne potrebbe venir fuori? Un disastro, ne verrebbe fuori. Andiamo lì a fissare un decalogo, una gabbietta della quale diventiamo prigionieri? E’ evidente che la leadership non può che far riferimento a delle linee programmatiche che attendono evidentemente una specificazione. E allo stesso tempo che queste linee programmatiche si affidano a una leadership, per la garanzia della loro attuazione e anche per l’adattamento alle situazioni. Anche per il programma del ’96…è dentro l’azione che abbiamo, direi “a vista”, individuato, sulla base della coerenza programmatica che avevamo proposto,  il punto di appoggio e il motore di tutta quanta l’azione di governo. E quindi non sono scindibili, non si possono scindere. L’idea di poter svolgere primarie per la scelta del candidato e primarie per la scelta del programma come se fossero distinte è, a mio parere, quanto di più astratto uno possa immaginare.


Quindi lei vede il rapporto con Bertinotti sostanzialmente migliore e anche più chiaro grazie a questa scelta, ed eventualmente anche grazie alle primarie. Non vede invece il rischio – sempre in caso di vittoria – che, superato questo primo ostacolo, poi si possa porre un problema da un punto di vista elettorale, visto che Rifondazione entrerà nel governo e forse lo stesso Bertinotti (non lo esclude), questo non possa portare ad uno sbilanciamento a sinistra soprattutto nella percezione da parte dell’elettorato più moderat, che poi è quello che potrebbe fare la differenza? Anche considerate le ultime cose che ha detto Bertinotti al nostro giornale, che “il comunismo è da reinventare” ecc…
Si può ripetere quello che ha detto in modo definitivo Prodi. Che intanto già prendere atto che l’unico che abbiamo conosciuto è fallito ed è all’origine di un dramma per l’umanità destinato a non essere dimenticato, non è una cosa da poco…E’ evidente che le parole attendono ancora delle cose : Se l’ho detto per noi, deve valere ancora di più per Bertinotti che sicuramente di passi, al momento, sembra averne fatti non di meno di noi. Anzi, mi permetterei di riconoscergli, più di noi. Questa proposta è del 26 luglio, oggi siamo al 7 settembre…non possiamo chiedere a uno scambio di interviste più di quello che può essere chiesto a uno scambio di inetrviste. E’ un confronto che deve essere portato aventi. Quando andremo al dettaglio probabilmente scopriremo, ho paura – ma comunque non mi preoccupa, non mi sorprende – scopriremo dei nodi che attendono di essere sciolti. Però andiamo, fiduciosi della comune consapevolezza che questi nodi debbono essere sciolti.


Supponiamo una vittoria del centrosinistra allo scadere della legislatura: anche lei ritiene che tutto quello che ha fatto il governo, il centrodestra in questa legislatura debba radicalmente cambiato o c’è qualcosa che può essere salvato? Ancora: a suo avviso il centrosinistra potrebbe immaginare, potrebbe ipotizzare, sempre in caso di vittoria, di lasciare all’opposizione la presidenza di una delle due Camere parlamentari?
Come vede, siamo costretti a ripeterci. E’ evidente che noi abbiamo il nostro programma e non possiamo non avere il nostro programma.  Un programma che deve consentire agli elettori di capire in che cosa il centrosinistra si distingue dal centrodestra. Il punto di partenza deve partire dalle nostre idee generali. Poi…il Cristianesimo celebra il natale nel solstizio d’inverno, le nostre chiese sono piene dei residui dei templi pagani…e perché mai noi non potremmo usare materiale che viene dal passato? Ma è costruito intorno a un progetto , a un’idea, a una fede,  auna linea che guida l’azione che è la nostra e nella quale noi chiediamo di essere riconosciuti. Non certamente dalla provenienza delle pietre e dai templi che sono stati distrutti. Quanto alla seconda domanda…mah..è il senso quello che conta. .Prodi anche ieri ha ricordato il precedente del ’96, il fatto che noi ci ponemmo immediatamente, in un tempo in cui lo scontro era certamente più forte, quello della ricerca di una garanzia che trovasse anche un riscontro nei volti, nei nome, nelle istituzioni. Non abbiamo motivo per abbandonare questa convinzione. D’altra parte in un tempo in cui Berlosconi era sicuramente non meno Berlusconi del Berlusconi che abbiamo di fronte, iniziammo il programma dellUlivo con la scheda n. 1, che apriva il programma con la formulazione di un patto da scrivere assieme. E come si può aprire un programma, in un tempo certamente più duro da questo punto di vista di quello attuale, all’insegna di questa affermazione, senza sentirci chiamati ad onorarla nel tempo?