19 Maggio 2005
Le manovre sul “Corriere”
Autore: Giulio Anselmi
Fonte: Corriere della Sera
Che succede al Corriere. Qualcuno rastrella in borsa il titolo Rcs, società editrice, tra l´altro, del grande quotidiano milanese. Il prezzo dell´azione raggiunge quotazioni da capogiro: 35 volte l´utile atteso per il 2005, 19 volte il margine operativo lordo. Numeri inspiegabili col valore dell´azienda, se paragonata a realtà editoriali comparabili. Dietro gli acquisti c´è un nome e un volto: quello di Stefano Ricucci, immobiliarista romano finora semisconosciuto, già in possesso del 9,6 per cento e intenzionato ad arrivare al 15. Ieri è stata una giornata campale, con la speculazione dapprima frenata dalle dichiarazioni di Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa e azionista autorevole di Rcs, secondo il quale un´Opa ostile non avrebbe alcun successo, poi ridivampata con un ulteriore passaggio di mano del 2,7 per cento del capitale. A sera una nota degli "aderenti al patto di sindacato" riafferma il loro impegno nella difesa dell´autonomia del Corriere della Sera "da qualsiasi speculazione finanziaria e politica".
La dichiarazione è stata dettata dall´ovvia necessità di mandare un segnale di tranquillizzazione ai mercati e all´interno dell´azienda, dove giornalisti e manager si interrogano sul futuro. L´interpretazione dei dati non è facile: unico punto fermo è che la scalata, a quei livelli, è priva di senso economico e che punta quindi a dividendi di altro tipo. Si tratta di capire quali. Gli azionisti che controllano oltre il 50 per cento del capitale Rcs, – Mediobanca, Fiat, Intesa, Capitalia, Pirelli, Pesenti, Della Valle, Ligresti, etc. – ostentano olimpica tranquillità: i nuovi acquirenti resteranno comunque fuori dal patto, nessuno dei membri può accettare di fare il cavallo di Troia di Ricucci o di suoi alleati. La violazione dell´impegno d´onore sarebbe sanzionata da un marchio d´infamia e da un´esclusione a vita. È una logica un po´ da "salotto buono", quella stessa che ha fatto di Mediobanca, e ora di Rcs, il club del capitalismo italiano.
Ma è poco credibile che degli uomini nuovi o degli avventurieri dilapidino enormi quantità di denaro per rimanere seduti su uno strapuntino davanti a una porta chiusa, magari accontentandosi di qualche azione di disturbo. Tra i maggiori azionisti di Rcs corrono diverse ipotesi. Una, minimalista, immagina che l´obiettivo sia semplicemente quello di diventare famosi e di entrare tra i grandi: protagonisti da prima pagina, di cui si raccolgono le dichiarazioni, senza fare troppo le pulci al passato, e riservandogli comunque un trattamento migliore. Un´altra, più verosimile, si basa sull´interdipendenza dei tavoli: Mediobanca, Generali, Fiat, Corriere. Una terza riferisce quanto sta accadendo al Corrierone ad altre grandi partite finanziarie, come lo scontro sulle banche e la scalata di Antonveneta: in quest´ottica l´attacco al giornale milanese, tanto ostentato, rappresenterebbe un´esibizione di forza. Un´ultima, quella riferita a disegni di Berlusconi o addirittura di esponenti della sinistra, viene definita fantapolitica.
Tante diverse interpretazioni dimostrano solo grande confusione. Anche perché manca la risposta alla domanda principale: a chi risponde Ricucci, chi c´è dietro le sue misteriose ricchezze Il nuovo scalatore, la cui azienda non è quotata in Borsa, non deve spiegare ad alcun azionista perché paga Rcs il doppio di quello che vale. Ma la debolezza del vecchio capitalismo rende alcuni soci vulnerabili: la Fiat, nell´attuale situazione di difficoltà, potrebbe trovare difficile giustificare la sua permanenza in Rcs. Proprio tutti, all´interno del patto, saprebbero resistere a forti pressioni È un fatto che i giornali rappresentano una tentazione assai forte, e uno strumento prezioso, per chi punti a nuovi assetti di potere: senza la pressione dell´opinione pubblica, per esempio, difficilmente la Consob avrebbe trovato il coraggio di smascherare le trame del banchiere di Lodi Fiorani e dei suoi alleati.
Per questo saremmo cauti prima di liquidare come fantastiche e inattuabili le ipotesi di conquista. Forse nessuno tenterà davvero quello che uno dei soci aderenti al patto ha definito «un piccolo colpo di Stato» per sostituire al mondo delle imprese qualche speculatore. Ma il nuovo capitalismo arrembante che non ha voglia di fare anticamera, pronto a qualsiasi asse politico, induce a essere prudenti. Il Corriere è un bene troppo prezioso per il Paese.