CITTÀ DEL VATICANO – Karol Wojtyla è grave. Sospeso tra la vita e la morte. Soffre in agonia, con la febbre alta. La pressione è bassissima. I medici allargano le braccia e sussurrano «non possiamo fare di più». Don Stanislao Dziwisz, il fedele segretario, gli ha dato l´estrema unzione, mentre nell´appartamento papale ha cominciato a diffondersi il mormorio delle orazioni.
La crisi è sopravvenuta improvvisa, inaspettata nel tardo pomeriggio dopo una giornata passata tranquilla. Il Papa si era alzato come di consueto verso le otto, si era fatto trasportare nella cappella privata per la messa celebrata dal suo segretario e poi si era messo in poltrona a lavorare un po´ sugli incartamenti mandatigli dalla Segreteria di Stato. Quando si sentiva stanco, si faceva leggere il breviario dall´altro segretario polacco don Mietek e da una delle suore di Cracovia, Eufrasia.
Di colpo, verso le 18 e 45, Giovanni Paolo II è stato colto da ripetute crisi respiratorie e la pressione è crollata. Il pontefice è stato subito adagiato sul letto. Gli intimi lo hanno visto diventare bianco come un cencio. «Aveva la pressione a terra, precipitata a quaranta», ha confidato un collaboratore del pontefice.
Contemporaneamente Wojtyla è stato colto da un violento attacco di febbre. Febbre altissima. Febbre rovente. I medici e i più stretti collaboratori si sono trovati di fronte al corpo di un vecchio, logorato allo stremo, che non presentava nessuna speranza di ripresa.
È stato allora che don Stanislao – «Staszek» come lo ha sempre chiamato affettuosamente Giovanni Paolo II – è andato a prendere l´olio santo, comprendendo la gravità della situazione. Mormorando le sacre formule latine, don Stanislao ha somministrato a papa Wojtyla l´estrema unzione. Per la Chiesa cattolica, dopo il Concilio, è il sacramento degli ammalati. Sacramento di consolazione. Viatico per sopportare le difficoltà e le angosce della malattia.
Non è più il sacramento dell´ultima ora. Don Stanislao, mentre ungeva il pontefice con l´olio santo, ha pregato in silenzio per il suo «padre» spirituale, sperando nell´intimo che la forte tempra di Wojtyla potesse vincere ancora una volta. Già alla vigilia della tracheotomia nel policlinico Gemelli, Dziwisz aveva somministrato al Papa il sacramento degli ammalati. E in quell´occasione tutto era andato bene.
La febbre, ha spiegato a tarda notte il portavoce Navarro in un comunicato, è stata causata da un´infiammazione alle vie urinarie. Quelle complicazioni a tradimento che colpiscono gli anziani immobilizzati. «Il Santo Padre – precisa la dichiarazione – è stato colpito da un´infezione documentata delle vie urinarie». La risposta dei sanitari è stato un nuovo bombardamento di Wojtyla con massicce dosi di antibiotici.
La preoccupazione maggiore, intanto, era di riportare la pressione del pontefice a livelli accettabili. Verso le undici di sera il risultato sembrava raggiunto. «E´ stabilizzato», suona il commento trapelato intorno a quell´ora dall´appartamento papale.
Mentre il cardinale Segretario di Stato Sodano veniva informato, i centralini dei sacri palazzi venivano intasati o repentinamente staccati. Segno dell´estrema gravità della situazione. E ancora una volta, secondo voci di palazzo, si è riprodotta in seno all´equipe medica una divisione tra «quelli del Vaticano» e «quelli del Gemelli».
Alcuni sanitari del policlinico preferirebbero ricoverare subito il pontefice al Gemelli, dove stanno i macchinari per le situazioni più gravi. Ma il professor Buzzonetti, medico personale del Papa, e il suo segretario monsignor Dziwisz hanno pregato di non spostare Giovanni Paolo II. È l´ultimo desiderio di Giovanni Paolo II.
Non spegnersi intubato negli androni di un ospedale, ma finire i suoi giorni in dignità come romano pontefice. Nella sua stanza. Con la finestra affacciata su piazza San Pietro. Anche il professor Proietti del Gemelli ha confermato che di trasferimento non si parla.
Per tutta la serata i passanti in piazza san Pietro hanno potuto vedere le finestre dell´appartamento papale completamente illuminate. Poi, avvicinandosi la mezzanotte, tutte le luci sono state spente. A tarda notte i medici stavano ancora lottando per salvarlo.
«E´ stata iniziata un´appropriata terapia antibiotica», ha comunicato Navarro. Aggiungendo che «il quadro clinico è strettamente controllato dall´equipe medica vaticana, che lo ha in cura». I rischi altissimi, che corre adesso Wojtyla, sono molteplici.
Un blocco renale, un crollo del sistema cardiaco o uno shock settico, dovuto all´infezione urinaria, che può provocare un´elevata coagulazione dei vasi sanguigni. E possono ripetersi i sintomi di soffocamento. Solo ieri notte, nello shock del collasso che ha colto il pontefice, è trapelata dalle mura vaticane la notizia che durante la Via Crucis del 25 marzo papa Wojtyla è sempre stato mostrato di spalle perché era attaccato ad un respiratore.
Ora quel giorno appare già così lontanto. «Il papa sta morendo», ha commentato da Vienna il cardinale Schoenborn. Però, ha soggiunto, Giovanni Paolo II non si è mai mostrato sconfortato. «Spera piuttosto che arrivi per lui il momento del sollievo delle sue sofferenze».
Il Calvario di Karol è ora dietro quelle finestre chiuse dell´appartamento papale. L´ultima immagine negli occhi dei romani è il suo gesto benedicente di mercoledì. E c´è chi spera ancora di rivederlo.