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20 Luglio 2004

La verifica irrisolta si proietta sull’Europa

Autore: Massimo Franco
Fonte: Corriere della Sera

Con eufemismo istituzionale, Pier Ferdinando Casini osserva che «c’è un pochino di confusione: bisogna mettere ordine se non altro nei lavori parlamentari». In realtà, la confusione è generalizzata, nella maggioranza di governo. E lo stesso presidente della Camera ostenta un distacco così marcato nei confronti della situazione, da far pensare ad un’irritazione controllata. Casini ha salutato con un gelido «mi occupo delle mie competenze» la nomina del leghista Roberto Calderoli a ministro delle Riforme, avvenuta ieri sera al Quirinale. Ma da tutta la coalizione filtra un umore nero. La sostituzione di Umberto Bossi, che ha optato per Strasburgo, non ha placato lo scontro nel centrodestra. Si profila una coda di polemiche destinate a scaricarsi sul Parlamento; e a gonfiare di risentimento la ripresa autunnale. I leghisti ieri hanno detto che vogliono assicurazioni sul federalismo: voteranno la riforma delle pensioni solo in cambio di garanzie su quello che per loro è un tema-simbolo. Il rinvio è a martedì, almeno per ora. Ma potrebbe verificarsi uno slittamento ulteriore, sebbene i centristi avvertano che «la riforma va assolutamente approvata presto, per i conti pubblici e per il Paese». Casini già avverte che le Camere potrebbero lavorare fino alla prima settimana di agosto. Si tratta di un gioco di veti che smentisce gli inviti alla coesione ripetuti quasi d’ufficio dai berlusconiani. Formalmente, la resa dei conti è finita; nei fatti, è rinviata a dopo l’estate, con qualche colpo di coda residuo. Sono manovre dilatorie proiettate su un orizzonte di giorni, se non di ore; e nascono esclusivamente dalla diffidenza reciproca che segna i rapporti fra alleati. «Si vuole avere da parte di ciascuno degli interlocutori la certezza che una riforma marci insieme all’altra» ammette il ministro di An Maurizio Gasparri. Siamo in una fase di «tatticismi e di confusione».

Ieri, non c’era accordo neppure sull’eventualità di mettere la fiducia sulla manovra. Palazzo Chigi tende a non escluderla. Il vicepremier Gianfranco Fini, invece, sostiene che «non sarà necessaria». Non bastasse questa babele, si infittiscono le manovre sul nome del commissario europeo che Silvio Berlusconi dovrebbe indicare ai vertici di Bruxelles entro il 15 agosto. Ormai, le ombre della verifica si allungano anche su questa nomina; e promettono di condizionarla fino all’ultimo. Si dice da settimane che al posto di Mario Monti potrebbe andare l’attuale ministro per le Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, dell’Udc. Ma la questione non sembra ancora risolta. Nei giorni in cui i contrasti fra Berlusconi e Marco Follini erano vistosi, dalla presidenza del Consiglio si davano le quotazioni di Monti in netto rialzo. Il Quirinale si mostra neutrale, pur esprimendo un giudizio positivo sull’operato del commissario. E la Commissione avrebbe fatto sapere che sarebbe gradita la conferma di Monti. Ma la decisione ha implicazioni politiche immediate. Potrebbe svelenire o peggiorare i rapporti nella maggioranza. Si dice che il partito di Bossi sia disposto ad appoggiare la candidatura di Buttiglione solo se i centristi si mostreranno malleabili sul federalismo. La decisione finale toccherà a Berlusconi. E peserà sulla reputazione europea dell’Italia.