COMINCIAMO dalla coda di questo rapporto che vuole essere – e come tale viene annunciato – un contro-rapporto, una contro-deduzione: un´analisi e una verifica che dovrebbe svelare e indicare le responsabilità della pattuglia di soldati americani che, la notte del 4 marzo, ha ucciso Nicola Calipari. Nelle ultime righe delle 67 pagine si leggono 4 conclusioni alquanto nette.
1. «È da valutare aderente alla realtà dei fatti quanto asserito dalla signora Sgrena e dal conducente della Toyota Corolla». Dunque, Giuliana Sgrena e il maggiore C., alla guida della Corolla, non mentono: «La loro ricostruzione è coerente e plausibile».
2. I rappresentanti italiani della commissione (l´ambasciatore Ragaglini e il generale Campregher) «non hanno individuato elementi atti a far supporre che i fatti e le vicende che hanno portato alla tragedia siano riconducibili a elementi di volontarietà».
Gli americani, per dirla in modo comprensibile, non l´hanno fatto apposta.
3. «È verosimile che lo stato di tensione dipendente dalle circostanze di tempo, modo e luogo, e probabilmente dall´inesperienza e dallo stress, abbia potuto indurre taluni militari a reazioni istintive e poco controllate». È verosimile, dunque. Non è né vero né falso, ma forse appena probabile o addirittura soltanto possibile, che qualche soldato per stanchezza o immaturità abbia perso quella notte il controllo.
4. Non ci sono regole chiare per un blocking position, insomma per un posto di blocco volante, e dunque è «problematica la precisa individuazione, attribuzione e graduazione di specifiche responsabilità individuali». Nessuno ha colpa o può essere detto responsabile della morte di Nicola Calipari.
Se si parte dalla coda, si comprende che il governo italiano non ha in mano nessuna fonte di prova – né forse la voglia o la possibilità – di accusare alcuno. Il governo italiano conviene che è stata una tragedia accidentale. Un omicidio colposo. Nessuno può finire sul banco degli imputati. è una conclusione che, se si escludono le percezioni del maggiore e della Sgrena, si sovrappone agli esiti dell´indagine americana come una fotocopia al punto che c´è da chiedersi perché Palazzo Chigi si è risolto a non firmare il lavoro della commissione.
La ragione delle decisione va rintracciata non in Iraq, non in quel che è accaduto durante il sequestro di Giuliane Sgrena e nella notte del 4 marzo quando venne liberata, né nelle correzioni della politica verso Washington, ma nel dibattito politico italiano, nelle convenienze di Berlusconi.
Il governo deve salvare la faccia. Ha giocato la sua partita inalberando il vessillo della «dignità nazionale» e dell´”orgoglio patrio”, avvantaggiandosi dell´inedito sostegno della sinistra radicale. Contemporaneamente il capo del governo non può davvero rompere con gli americani. Dà allora un colpo al cerchio e un altro alla botte.
Accetta la conclusione del comando multinazionale e dissemina il rapporto di reticenze e trucchi verbali. Deve stare alla trama dei fatti non ai fantasmi della propaganda e, quelli, i fatti, non gli offrono alcuna vera possibilità di spingere in fuorigioco l´amico americano.
Quando bisogna mettere parole nero su bianco non lo si può fare con i veleni o i bocconi tossici distribuiti in questi giorni all´opinione pubblica. Conviene dunque annotare – molto velocemente – che cosa non c´è di tutte le rivelazioni diffuse e accreditare da «fonti di intelligence» o da «fonti vicine al governo», in queste settimane. Non c´è la bubbola che Nicola Calipari fosse pedinato nella sua missione a Bagdad.
Scompare nel nulla venefico da cui era nata, la notizia che un´auto ha seguito la Toyota Corolla per un´ora nelle strade della città. Non si ha traccia dell´aereo che teneva dietro l´auto degli italiani lungo l´autostrada verso l´aeroporto.
Non c´è più traccia della comunicazione che il Sismi avesse informato il capostazione della Cia della missione che doveva riportare a casa la nostra giornalista. È stato uno dei punti chiave.
Roma, il Sismi, il governo, il ministero della Difesa – non si sa chi – aveva comunicato al comando della forza di coalizione che Nicola Calipari sarebbe atterrato a Bagdad per liberare la giornalista Le “soffiate” distribuite prevedevano, un sì o un nebuloso sì forse. La Cia lo sapeva.
Di certo, dicevano le voci di dentro ai giornali, il capitano Green, aiutante di campo del nostro generale Marioli sapeva, era stato informato 20, 25 minuti prima della sparatoria. Purtroppo è saltato fuori che, è vero, il generale Marioli disse a Green che in aeroporto stava arrivando con Calipari la Sgrena, ma gli disse anche di tenere la bocca chiusa con tutti.
Non si propone più nemmeno l´ipotesi che a sparare non fosse stata una compagnia del 69° reggimento fanteria della guardia nazionale di New York, ma addirittura un manipolo di mercenari della Blackwater security di scorta all´ambasciatore Negroponte.
Tutte le bagatelle costruite, con il consueto metodo depistatorio che ha governato la nostra lotta al terrorismo, si sono afflosciate come un sacco vuoto, alla prova di un documento ufficiale. Quel che resta nero su bianco sono, si può dire, osservazioni da polizia stradale incrociate alle notule di un burocrate ministeriale.
Che cos´è un blocking position (BP) Il burocrate sostiene che la BP non «è codificata: non c´è né nei manuali dell´esercito né nelle procedure operative standardizzate emanate a cura delle unità, non c´è alcun accenno alle modalità di costituzione, di organizzazione e di gestione dei BP».
Ovviamente, il burocrate deve ammettere che «la posizione di blocco (BP) è una locuzione comunemente utilizzata nel gergo dei militari Usa e non sarebbe altro che una delle diverse missioni che si possono assegnare a un Traffic Control Point».
Stabilito che i posti di blocco volanti esistono anche per l´esercito americano, il burocrate lascia il posto all´agente della polizia stradale. Come ci si organizza in blocking position Gli italiani pretendono di spiegarlo, dimentichi di quanto è accaduto a Nassiriya.
Bisogna disporre di «segnaletica, in lingua locale e in inglese di preavviso della presenza del check point e dell´esigenza di fermarsi… tale segnaletica deve essere collocata a una distanza di 200-400 metri dalla linea di arresto… occorrono cavalli di frisia… coni riflettenti con funzioni di canalizzazione.. luci chimiche per segnalare gli ostacoli posti sulla carreggiata, strumenti per la visione notturna, rotoli di filo spinato e nastro da cantoniere, 1 (una) torcia elettrica per segnalazioni al traffico in afflusso… «.
Visto che c´è, la “polizia stradale” prende il sopravvento nel contro-rapporto. «La scena dei fatti non è stata preservata dopo la sparatoria, nonostante il comandante di compagnia e i responsabile del veicolo fossero, nella vita civile, rispettivamente un sergente e un agente di polizia».
Quel che segue è addirittura imbarazzante perché sembra che l´estensore, gli estensori del rapporto vogliano discutere della tragedia di Nicola Calipari come se si trattasse di un incidente stradale lungo la Roma-Civitavecchia.
È fuor di dubbio, che i rilievi della scientifica sul tratto autostradale italiano siano possibile ad ogni ora del giorno e della notte, ma i rappresentanti italiani (o chi ha corretto il loro lavoro) sembrano pretendere che le stesse modalità siano rispettate su un´autostrada detta «della morte», dove per ogni miglio ci sono in media quasi dodici attacchi al giorno.
Quando si deve affrontare, poi, l´assenza di ogni informazione, concessa agli americani, sulla missione di Calipari, il rapporto postula uno scenario messo insieme da un meccanico non abilissimo. «Indiscutibilmente, è certo e assodato che il comando americano fosse al corrente dell´arrivo di Calipari». Ci mancherebbe altro.
Gli danno bagde, pistola e l´accompagnano all´autonoleggio. Ma sapevano della sua missione No, e comunque sottolinea, infantile e capriccioso il rapporto, «l´eventuale conoscenza della missione del Sismi non avrebbe potuto avere alcuna incidenza favorevole sul coro degli eventi».
In soldoni, se anche i soldati americani del posto di blocco volante avessero saputo dell´obiettivo di Nicola Calipari, nulla sarebbe cambiato. Sempre avrebbero accoppato Nicola… Sono risposte così imbarazzate e tortuose, così poco consolanti che ci chiede se valesse davvero la pena fare un contro-rapporto. Davvero Berlusconi con questi argomenti pensa di passare per eroe della «dignità nazionale»