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23 Settembre 2005

La sinistra e la sfida dei Pacs

Autore: Massimo Livi Bacci
Fonte: la Repubblica

È sperabile che i Pacs ­ patto civile di solidarietà dei conviventi ­
entrino davvero nel programma dell´Unione, senza farsi intimorire dalla Cei e
dai distinguo, ispirati dalla caccia al voto moderato, di alcune componenti del
centro-sinistra. Del resto il progetto di legge presentato lo scorso luglio al
Senato era firmato da numerosi esponenti cattolici e trova favorevole un vasto
numero di credenti. In Europa la tendenza a legalizzare forme di associazione
familiare non tradizionali è tuttora vigorosa: matrimoni omosessuali in Olanda,
Belgio e Spagna; riconoscimento delle coppie di fatto in gran parte degli altri
paesi europei. Non così negli Stati Uniti dove ­ a parte la Corte suprema del
Massachusetts e l´assemblea legislativa della California che (contestate) hanno
riconosciuto il diritto a sposarsi delle coppie dello stesso sesso ­ c´è un
ampio consenso nel valorizzare e difendere il matrimonio come esclusiva
prerogativa delle coppie eterosessuali. Nel 1996 Clinton firmò il DOMA (Defense
of Marriage Act) una legge bipartisan del Congresso che definiva il matrimonio
come l´unione di un uomo con una donna, nell´ambito delle leggi federali. La
nomina di un nuovo giudice conservatore nella Corte Suprema e la crescente
pressione perché un emendamento alla Costituzione definisca il matrimonio
(materia regolata dai singoli Stati) in senso tradizionale, sono altri robusti
argini alla “deregulation” dell´istituto familiare, in linea con la filosofia
dell´America di Bush.

Il progetto di Pacs dell´Unione segue, come è noto, il modello francese, e
regola i rapporti tra conviventi di sesso diverso, o dello stesso sesso,
disciplinando i rapporti personali, i regimi patrimoniali, successori,
assistenziali. Lasciando agli specialisti la valutazione delle complesse
implicazioni del nuovo istituto e dei contenziosi che solleverà, vanno discusse
due interessanti questioni che né il pubblico dibattito né le scarne relazioni
di accompagno ai disegni di legge hanno affrontato. Primo: quale potrà essere la
diffusione del nuovo istituto? Secondo: quale la proporzione delle coppie dello
stesso sesso tra i contraenti i Pacs? La Francia ha approvato la disciplina dei
Pacs a fine 1999 e può servire da guida: stessa popolazione, normativa quasi
identica, caratteristiche sociali vicine. Nel 2000 vennero conclusi quasi 24.000
Pacs; nel 2001 scesero a 19.000 e si pensò che dopo l´iniziale entusiasmo (e
intaccato e l´arretrato di situazioni da regolare), l´istituto non avesse
attecchito. Considerazione smentita negli anni successivi perché il numero è
gradualmente cresciuto fino a circa 36000 nel 2004, a testimonianza della
crescente popolarità della nuova normativa. Un Pacs, grosso modo, ogni 8
matrimoni, e una “rottura” di Pacs ogni 10 patti contratti. Ritengo che in
Italia il fenomeno sarà assai più modesto, almeno nei primi anni. I candidati a
contrarre un Pacs sono, soprattutto, le coppie di fatto ­ coppie stabilmente
conviventi, con figli o senza ­ che per ragioni oggettive o decisioni personali
non possono o non vogliono contrarre matrimonio, il cui scioglimento è complesso
e costoso. Il numero di queste coppie, in Francia, si aggira sui 2,5 milioni,
circa il quadruplo dell´Italia, dove un´indagine Istat del 2002-03 ne ha stimate
564.000. E´ vero che la tendenza è alla crescita ­ all´inizio degli anni ‘90
queste erano appena 200.000 ­ soprattutto nel centro-nord e nelle grandi città,
ma le dimensioni del fenomeno sono ancora modeste. Se si estendesse l´esperienza
francese all´Italia, non più di 10-15.000 coppie farebbero ricorso al nuovo
istituto nei primi anni.

I Pacs riguardano coppie sia etero che omosessuali, anche se molti (male
informati, o con informazioni distorte) credono che siano solo una forma di
“matrimonio gay”. Ebbene, in Francia ­ dove peraltro dei Pacs si conosce poco
più del numero, essendo vietata la raccolta di ogni altra informazione sui
“pacsisti” per una malintesa tutela della privacy ­ si valuta che i patti
omosessuali siano poco più di un terzo del totale. Non sappiamo quante siano le
coppie di fatto dello stesso sesso in Italia, perché mancano indagini fidate e
rappresentative. Circolano numeri assai fantasiosi, ma possiamo far meglio
avvalendoci di indagini più rigorose, dove queste esistono. Se la frequenza
delle coppie omosessuali fosse analoga a quella propria dell´Olanda ­ paese
dagli usi assai disinibiti in questo campo ­ si avrebbero, in Italia, circa
80.000 coppie dello stesso sesso, in prevalenza maschili. Ma l´Olanda è un caso
speciale: adottando l´incidenza delle coppie omosessuali di Francia e Gran
Bretagna, le stime per l´Italia scenderebbero a meno della metà. Di queste, una
proporzione sicuramente inferiore al 10 per cento si legherebbe, ogni anno, con
un patto formale, se all´Italia si applicasse l´esperienza degli altri
paesi.

La Chiesa ­ o meglio, la Cei ­ teme che il nuovo istituto svii le coppie
dal matrimonio. Può essere: ma il matrimonio, e quello religioso in primis, è in
crisi in tutta Europa, Italia compresa, Pacs o non Pacs. Un numero crescente di
giovani, e di meno giovani, si unisce in libertà. La Chiesa fa bene a ribadire
il suo insegnamento, ma la Cei non farebbe male a trarre ispirazione dalla
prudenza di Sant´Antonio de´ Liguori: non sono forse i Pacs il male minore,
rispetto al disordine delle unioni senza regole?