È sperabile che i Pacs patto civile di solidarietà dei conviventi
entrino davvero nel programma dell´Unione, senza farsi intimorire dalla Cei e
dai distinguo, ispirati dalla caccia al voto moderato, di alcune componenti del
centro-sinistra. Del resto il progetto di legge presentato lo scorso luglio al
Senato era firmato da numerosi esponenti cattolici e trova favorevole un vasto
numero di credenti. In Europa la tendenza a legalizzare forme di associazione
familiare non tradizionali è tuttora vigorosa: matrimoni omosessuali in Olanda,
Belgio e Spagna; riconoscimento delle coppie di fatto in gran parte degli altri
paesi europei. Non così negli Stati Uniti dove a parte la Corte suprema del
Massachusetts e l´assemblea legislativa della California che (contestate) hanno
riconosciuto il diritto a sposarsi delle coppie dello stesso sesso c´è un
ampio consenso nel valorizzare e difendere il matrimonio come esclusiva
prerogativa delle coppie eterosessuali. Nel 1996 Clinton firmò il DOMA (Defense
of Marriage Act) una legge bipartisan del Congresso che definiva il matrimonio
come l´unione di un uomo con una donna, nell´ambito delle leggi federali. La
nomina di un nuovo giudice conservatore nella Corte Suprema e la crescente
pressione perché un emendamento alla Costituzione definisca il matrimonio
(materia regolata dai singoli Stati) in senso tradizionale, sono altri robusti
argini alla “deregulation” dell´istituto familiare, in linea con la filosofia
dell´America di Bush.
Il progetto di Pacs dell´Unione segue, come è noto, il modello francese, e
regola i rapporti tra conviventi di sesso diverso, o dello stesso sesso,
disciplinando i rapporti personali, i regimi patrimoniali, successori,
assistenziali. Lasciando agli specialisti la valutazione delle complesse
implicazioni del nuovo istituto e dei contenziosi che solleverà, vanno discusse
due interessanti questioni che né il pubblico dibattito né le scarne relazioni
di accompagno ai disegni di legge hanno affrontato. Primo: quale potrà essere la
diffusione del nuovo istituto? Secondo: quale la proporzione delle coppie dello
stesso sesso tra i contraenti i Pacs? La Francia ha approvato la disciplina dei
Pacs a fine 1999 e può servire da guida: stessa popolazione, normativa quasi
identica, caratteristiche sociali vicine. Nel 2000 vennero conclusi quasi 24.000
Pacs; nel 2001 scesero a 19.000 e si pensò che dopo l´iniziale entusiasmo (e
intaccato e l´arretrato di situazioni da regolare), l´istituto non avesse
attecchito. Considerazione smentita negli anni successivi perché il numero è
gradualmente cresciuto fino a circa 36000 nel 2004, a testimonianza della
crescente popolarità della nuova normativa. Un Pacs, grosso modo, ogni 8
matrimoni, e una “rottura” di Pacs ogni 10 patti contratti. Ritengo che in
Italia il fenomeno sarà assai più modesto, almeno nei primi anni. I candidati a
contrarre un Pacs sono, soprattutto, le coppie di fatto coppie stabilmente
conviventi, con figli o senza che per ragioni oggettive o decisioni personali
non possono o non vogliono contrarre matrimonio, il cui scioglimento è complesso
e costoso. Il numero di queste coppie, in Francia, si aggira sui 2,5 milioni,
circa il quadruplo dell´Italia, dove un´indagine Istat del 2002-03 ne ha stimate
564.000. E´ vero che la tendenza è alla crescita all´inizio degli anni ‘90
queste erano appena 200.000 soprattutto nel centro-nord e nelle grandi città,
ma le dimensioni del fenomeno sono ancora modeste. Se si estendesse l´esperienza
francese all´Italia, non più di 10-15.000 coppie farebbero ricorso al nuovo
istituto nei primi anni.
I Pacs riguardano coppie sia etero che omosessuali, anche se molti (male
informati, o con informazioni distorte) credono che siano solo una forma di
“matrimonio gay”. Ebbene, in Francia dove peraltro dei Pacs si conosce poco
più del numero, essendo vietata la raccolta di ogni altra informazione sui
“pacsisti” per una malintesa tutela della privacy si valuta che i patti
omosessuali siano poco più di un terzo del totale. Non sappiamo quante siano le
coppie di fatto dello stesso sesso in Italia, perché mancano indagini fidate e
rappresentative. Circolano numeri assai fantasiosi, ma possiamo far meglio
avvalendoci di indagini più rigorose, dove queste esistono. Se la frequenza
delle coppie omosessuali fosse analoga a quella propria dell´Olanda paese
dagli usi assai disinibiti in questo campo si avrebbero, in Italia, circa
80.000 coppie dello stesso sesso, in prevalenza maschili. Ma l´Olanda è un caso
speciale: adottando l´incidenza delle coppie omosessuali di Francia e Gran
Bretagna, le stime per l´Italia scenderebbero a meno della metà. Di queste, una
proporzione sicuramente inferiore al 10 per cento si legherebbe, ogni anno, con
un patto formale, se all´Italia si applicasse l´esperienza degli altri
paesi.
La Chiesa o meglio, la Cei teme che il nuovo istituto svii le coppie
dal matrimonio. Può essere: ma il matrimonio, e quello religioso in primis, è in
crisi in tutta Europa, Italia compresa, Pacs o non Pacs. Un numero crescente di
giovani, e di meno giovani, si unisce in libertà. La Chiesa fa bene a ribadire
il suo insegnamento, ma la Cei non farebbe male a trarre ispirazione dalla
prudenza di Sant´Antonio de´ Liguori: non sono forse i Pacs il male minore,
rispetto al disordine delle unioni senza regole?