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24 Aprile 2006

La seconda carica dello Stato a un prescritto per mafia?

Autore: Marco Travaglio
Fonte: l'Unità

Il giovin virgulto individuato dalla Casa delle Libertà per la presidenza

del Senato, in nome del rinnovamento della politica, si chiama Giulio

Andreotti.

Molti eccepiscono che l’ex (sette volte) presidente del Consiglio

ha pochi tratti in comune con Silvio Berlusconi. Ma almeno uno ce l’ha: una

prescrizione.

Nella sentenza più agghiacciante (e dunque più sconosciuta)

pronunciata nella storia della giustizia occidentale, è scritto che

Andreotti ha “commesso” il reato di associazione per delinquere (Cosa

Nostra, per la precisione) fino al 1980, e se l’è cavata solo grazie al

fattore-tempo.

E’ la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Palermo nel

2003 e resa definitiva dalla Cassazione nel 2004. I giudici di appello

parlano di “una autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell’imputato

verso i mafiosi” fino alla “primavera del 1980”.

Nel dettaglio, ritengono

provate le “amichevoli e anche dirette relazioni del sen. Andreotti con gli

esponenti di spicco della cosiddetta ala moderata di Cosa Nostra, Stefano

Bontate e Gaetano Badalamenti, propiziate dal legame del predetto con l’on.

Salvo Lima, ma anche con i cugini Salvo, essi pure organicamente inseriti in

Cosa Nostra”;

i “rapporti di scambio che dette amichevoli relazioni hanno

determinato: il generico appoggio elettorale alla corrente andreottiana; il

solerte attivarsi dei mafiosi per soddisfare, ricorrendo ai loro metodi,

talora anche cruenti, possibili esigenze ­ di per sé, non sempre di

contenuto illecito – dell’ imputato o di amici del medesimo; la palesata

disponibilità e il manifestato buon apprezzamento del ruolo dei mafiosi da

parte dell’imputato”;”la travagliata, ma non per questo meno sintomatica ai

fini che qui interessano, interazione dell’imputato con i mafiosi nella

vicenda Mattarella, risoltasi, peraltro, nel drammatico fallimento del

disegno del predetto di mettere sotto il suo autorevole controllo la azione

dei suoi interlocutori ovvero, dopo la scelta sanguinaria di costoro, di

tentare di recuperarne il controllo, promuovendo un definitivo, duro

chiarimento, rimasto infruttuoso per l’atteggiamento arrogante assunto dal

Bontate”.

Insomma “il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi

sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi;

ha quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss;

ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché

non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi;

ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro

indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima

questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, a ottenere che

le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di

lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come l’assassinio del

Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio

di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in

particolare in relazione all’omicidio del Presidente Mattarella, malgrado

potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza”.

Conclusione: “La Corte ritiene che sia ravvisabile il reato di

partecipazione alla associazione per delinquere nella condotta di un

eminentissimo personaggio politico nazionale, di spiccatissima influenza

nella politica generale del Paese ed estraneo all’ambiente siciliano, il

quale, nell’arco di un congruo lasso di tempo, … incontri ripetutamente

esponenti di vertice della stessa associazione; intrattenga con gli stessi

relazioni amichevoli, rafforzandone la influenza; appalesi autentico

interessamento in relazione a vicende particolarmente delicate per la vita

del sodalizio mafioso; indichi ai mafiosi, in relazione a tali vicende, le

strade da seguire e discuta con i medesimi anche di fatti criminali

gravissimi da loro perpetrati in connessione con le medesime vicende, senza

destare in essi la preoccupazione di venire denunciati; ” dia a detti

esponenti mafiosi segni autentici ­ e non meramente fittizi ­ di amichevole

disponibilità, idonei… a contribuire al rafforzamento della organizzazione

criminale, inducendo negli affiliati, anche per la sua autorevolezza

politica, il sentimento di essere protetti al più alto livello del potere

legale”. Quanto basta per affermare che “il reato è concretamente

ravvisabile a carico del sen. Andreotti”, anche se “estinto per

prescrizione”.