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29 Settembre 2004

La sconfitta del fanatismo

Autore: Bernardo Valli
Fonte: la Repubblica

Due giovani vite hanno da sole un valore impareggiabile. Il ritorno delle due Simone ci toglie un macigno dalla coscienza. La loro perdita avrebbe significato la nostra incapacità a salvare quanto di meglio sa esprimere la nostra società. Le due ragazze sono infatti l´espressione più pacifica e amica che l´Occidente possa offrire all´Oriente per dimostrare che non c´è un conflitto di civiltà. Le immagini della loro liberazione ? le loro facce che emergono dai burqa color inchiostro ? valgono più di una battaglia vinta armi alla mano. In quanto a un eventuale riscatto che potrebbe essere stato pagato, ha avuto ragione l´opposizione, che, interpellata dal governo, ha risposto di non avere obiezioni da fare. Le vite delle due ragazze non avevano un prezzo.

AL ritorno di Simona e Simona va aggiudicata un´altra rara, anzi rarissima qualità. Esso è il risultato dell´eccezionale unità di un Paese abitualmente diviso, rissoso, e non sempre efficace nei momenti di emergenza. La solidarietà nazionale, estesa a tutte le forze politiche e alle varie espressioni della società civile, ha spronato l´esecutivo, l´ha reso più sicuro e libero nelle sue iniziative, gli ha consentito di agire con intelligenza. E´ un avvenimento da mettere agli atti come esempio da seguire, nei tempi difficili che non mancheranno. Al sollievo per il recupero delle due ragazze, sane e salve, va dunque aggiunta la soddisfazione per il volto di un´Italia compatta che, offrendo il suo profilo più generoso, ha saputo sollecitare e ottenere l´indispensabile aiuto di istituzioni e governi musulmani, in grado di capire cosa avrebbe significato la perdita delle due ragazze. Sarebbe equivalsa al naufragio di quel che resta in Iraq del senso di umanità.
Quando le due Simone furono sorprese e portate via dalla loro casa di Bagdad, la mattina del sette settembre, fummo in molti ad invitare il governo di Roma a seguire l´esempio di quello di Parigi, dopo il rapimento di due giornalisti (del Figaro e di Radio France Internationale) e del loro autista siriano. Il governo francese, appoggiato da tutte le forze d´opposizione e dalla ampia comunità musulmana, aveva inondato il Medio Oriente di suoi inviati (ministri, alti funzionari e notabili francesi di origine araba) al fine di raccogliere solidarietà e collaborazione da governi e istituzioni religiose dell´Islam. Il governo italiano ha seguito quella strada, trascurata nei casi precedenti (conclusisi con l´uccisione di Quattrocchi e di Baldoni), e lo ha fatto con uno slancio che ha condotto a risultati invidiabili per gli stessi francesi. I quali attendono ancora la liberazione dei loro giornalisti, caduti in mano ad altri rapitori, ma adesso pure loro, sembra, sul punto di essere liberati. Il dialogo resta l´arma migliore. Non dà vittorie strepitose. Eppure, come scrive Amos Oz, è meglio un finale alla Checov, con i personaggi perplessi, forse scontenti ma vivi sulla scena, che un finale alla Shakespeare con il palcoscenico cosparso di cadaveri.
Nei giorni del silenzio, tra il rapimento e la liberazione, in quelle pesanti settimane senza notizie, le due Simone si erano rifugiate in noi, come due tormentati fantasmi. Si erano accampate nelle nostre coscienze, suscitando un´angoscia venata da un senso di colpa.
All´ansia per la sorte delle due ragazze in preda a fanatici religiosi o a guerriglieri sconfinati nel terrorismo o a semplici criminali, si aggiungeva infatti la sensazione di essere in qualche modo responsabili del dramma sempre sul punto di girare in tragedia.
Mi sentivo, in qualche modo, personalmente responsabile, per la solidarietà che provavo, e che non nascondevo, quando incontravo le due Simone a Bagdad; una solidarietà dalla quale affiorava l´ammirazione per l´azione umanitaria che esse svolgevano in quella giungla di fanatismi; e quell´ammirazione poteva comportare una responsabilità, in quanto poteva apparire un´esortazione ad affrontare gli evidenti rischi nel paese quotidianamente insanguinato. Certo le Simone avevano ben altri incentivi morali. Non avevano bisogno del sostegno di un anziano cronista, che sarebbe stato orgoglioso di averle come figlie. Ma il fatto di considerarle «dei nostri», ossia nemiche della violenza imperiale degli occupanti e al tempo stesso distanti mille miglia da ogni forma di simpatia per il terrorismo, poteva essere un elemento di colpevolezza. Se non altro perché la loro posizione al di sopra delle parti non le aveva risparmiate.
Le due ragazze erano state ingoiate dalla voragine irachena; sui bordi della quale si erano tenute a lungo in equilibrio, sfidando disarmate la violenza che bolle e trabocca dal paese come la lava da un vulcano; ma noi contavamo sul loro ritorno; la voragine ce le avrebbe restituite.
Incolumi. Il loro rapimento non poteva che essere un errore. O il frutto di criminali comuni assetati di denaro. Il silenzio era comunque rivelatore: poteva essere la prova dell´imbarazzo in cui si trovavano i sequestratori.
Scoperto il peso reale della preda, più moralmente ingombrante che politicamente vantaggioso, esitavano a manifestarsi. E´ quel che pensavamo, attribuendo ai rapitori un´ipotetica scala di valori. L´ingiustizia era troppo palese: e una volta constatata non poteva che affiorare la vergogna.
Infatti alla fine, il fanatismo non ha prevalso, non ha travolto le due Simone. Non le ha dilaniate. Le ha guardate in faccia e ce le ha restituite. Non erano pericolosi avversari. E quindi i rapitori, probabilmente semplici criminali, hanno capito che non potevano venderle ai gruppi dell´insurrezione armata, ansiosi di avere ostaggi da esibire alla televisione. Cosi le due Simone sono sfuggite agli assassini che con le loro azioni danno ragione a chi predica la guerra quale unica soluzione, come se nel nostro mondo, nella nostra epoca, ci fosse spazio soltanto per la forza.
Le due Simone si muovevano sull´orlo del vulcano decise a svolgere fino in fondo la loro missione umanitaria; non intesa come una carità neutra, professionale, con soltanto il cuore in mano; e per la quale tutte le sciagure sono naturali, le guerre come le scosse sismiche; quasi che la politica all´origine di un conflitto o di una strage equivalesse a un assestamento nelle viscere della terra. Loro agivano col cervello. Il loro coraggio era confortato dalla ragione. Dall´intelligenza. Avevano contribuito alla riparazione della biblioteca di Bagdad, patrimonio di tutti gli iracheni; le scuole che avevano riattivato o dotato di materiale educativo erano aperte a sciiti e a sunniti; gli aiuti che garantivano agli ospedali non avevano un´etichetta politica.
Ma pur prodigandosi in tutte le direzioni, analizzavano le situazioni con lucidità; e i loro giudizi, pur evitando di essere manichei, non si diluivano nell´opportunismo. Hanno carattere le due Simone. Pacifiste? Se pacifismo significa rassegnazione, o arrendevolezza, loro ne sono molto lontane. Chi, quando sono state rapite, ha ironizzato sul loro pacifismo, come se l´impegno umanitario fosse un capriccio, si è distinto per la viltà. Né ha capito molto chi ha paragonato la loro sorte a quella dei soldati impegnati in Iraq. Il fatto che siano ritornate a casa sane a salve ci riconforta. E´ un po´ come se con loro fosse riemerso un briciolo di ragione.