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18 Marzo 2005

La sceneggiata al potere

Autore: Curzio Maltese
Fonte: la Repubblica

Il governo ha perso forse un altro pezzo e di sicuro un po´ di faccia. Le notizie sono che il ministro leghista Calderoli minaccia le dimissioni per il ritardo nell´iter delle riforme e che il premier Berlusconi s´è rimangiato la storia del ritiro delle truppe dall´Iraq, dopo aver messo a soqquadro le cancellerie di mezzo mondo. Entrambe presentano un considerevole tratto comico ma la seconda merita la precedenza per il carattere di bufala planetaria, un vero record anche per i generosi standard governativi.

Non era dunque vero, come molti sospettavano, che l´Italia «comincerà il ritiro delle truppe dall´Iraq a partire da settembre». Il premier ha chiarito che non vi saranno novità su questo fronte e di conseguenza non c´è nulla da riferire in Parlamento.

«Si è trattato di un clamoroso caso di disinformazione» ha precisato Berlusconi, non a torto.
Soltanto che la disinformazione è sua.

Dopo aver mandato in tilt i governi di qua e di là dell´Atlantico, il premier ammette di fatto d´aver mentito l´altra sera nel sottostante salotto di Vespa quando ha promesso un graduale ritiro. La formula è consueta: il pensiero è stato frainteso, manipolato, eccetera. Ma la lettura del labiale e l´ascolto della cassetta della trasmissione recita alla lettera: «Credo che cominceremo a ridurre il nostro contingente anche prima della fine dell´anno, a partire da settembre, d´accordo con gli alleati e con il governo iracheno». E poi: «Ne ho già parlato con Blair».

Forse il segreto interpretativo risiede nel verbo «credere», come sempre nel caso Berlusconi. Il premier sottolinea infatti che si trattava di un puro auspicio. Peccato sia l´unico al mondo ad averlo interpretato in questo modo. Metà degli italiani gli ha creduto come sempre da dieci anni, l´altra metà ha pensato a un annuncio elettorale, consultati gli ultimi sondaggi, come sempre da dieci anni.

La novità è che le parole del premier stavolta hanno fatto il giro del mondo, dove non lo conoscono bene e tutti l´hanno preso sul serio, da Zapatero che si è subito complimentato ad Al Quaida che ha emesso regolare comunicato su Internet. Gli alleati Bush e Blair, considerando Berlusconi uno statista o quantomeno un normale capo di governo, hanno scambiato l´auspicio nel tinello di casa per un annuncio ufficiale e si sono precipitati a chiedere chiarimenti all´interessato.

Berlusconi deve aver negato tutto, anche di aver già parlato di ritiro con Blair, il quale in effetti non ricordava. Ora comunque lo conoscono meglio e al prossimo ritiro fantasma forse reagiranno come ieri Berlusconi stesso alla minaccia di dimissioni di Calderoli, con grande serenità e un accenno di sorriso. Nel frattempo la diplomazia italiana, già grondante prestigio internazionale, ha aperto una terza via nell´alleanza.

Prima c´erano soltanto alleati decisi a rimanere in Iraq e altri decisi a ritirare le truppe. Ora c´è anche un paese indeciso a tutto, che resta ma auspica.
La seconda notizia, non meno interessante, è invece rimasta nei confini nazionali o anche padani. Il ministro Calderoli, all´ultimo anno di legislatura, si è accorto di colpo che l´oggetto del suo dicastero, le riforme, non esiste. Di conseguenza ha annunciato dimissioni.

La Lega sostiene l´erede di Bossi con la minaccia di lasciare la maggioranza, ricatto che ha scadenza semestrale e fa leva sullo sbiadito ricordo del ribaltone. La vicenda ha tutta l´aria di una sceneggiata, come ammette volentieri larga parte della maggioranza stessa, con l´aggravante di essere una sceneggiata bergamasca, priva della grande tradizione musicale partenopea.

È probabile che in brevissimo tempo anche Calderoli passi dall´annuncio ufficiale al semplice auspicio. La storia è comunque sgradevole per il governo perché riflette il clima da mercato delle vacche nel quale sta spegnendosi la legislatura. Tanto che il servizievole direttore del Tg1, Mimun, per non sbagliare ha pensato bene di nasconderla nei titoli di testa dell´edizione serale, provocando l´ennesima, estenuata, commovente protesta dei suoi redattori.