ROMA — Che si tratti di « un atto di generosità » ( versione prodiana) o piuttosto di « una clamorosa retromarcia » ( tesi già in voga tra gli avversari), il giovedì romano di Romano Prodi, che sancisce ( e chissà per quanto) il congelamento dell’Ulivo, si chiude all’insegna della realpolitik. « Non c’erano alternative praticabili a questa soluzione, il rischio era quello di arrivare alla rottura della coalizione » afferma il Professore quando ormai è sera, piazza Santi Apostoli è deserta e le menti del centrosinistra sono già tutte proiettate al vertice di stamane con Rutelli, che dovrà sancire la pace o almeno una specie di tregua, anche se le ceneri della diffidenza resteranno, eccome.
Difficile decodificare lo stato d’animo del Professore. Apparentemente è lo stesso che solo 24 ore fa giurava al suo popolo che « il progetto dell’Ulivo viene prima di tutto, è il disegno politico della mia vita: di fronte ad esso anche la mia candidatura passa in secondo piano » . In realtà qualcosa di grosso è successo.
Ora è la sua candidatura ad essere passata in primo piano e l’Ulivo invece nel freezer. Prodi, anche se non lo ammetterà mai, stasera un problema ce l’ha: sono le facce delle migliaia di ulivisti che non hanno mai smesso di credere nel progetto del Professore, che hanno vissuto il suo ritorno da Bruxelles come l’inizio della riscossa, quelli della « Canzone popolare » di Ivano Fossati. Professore, loro capiranno?
« Sì, capiranno… » dice, quasi volesse convincere anche se stesso. Perché « nella mia mente c’è e re sta l’Ulivo » assicura. Anche se poi deve ammettere che « sarà l’intera coalizione a decidere in che tempi e in che modi realizzarlo » .
Serata complicata. Giornata da vertigini. Impossibile dire se « l’atto di generosità » sia frutto di una spontanea inizia tiva prodiana o sia stata invece indotta, diciamo così, dalla consapevolezza che Fassino e D’Alema mai e poi mai avrebbero sostenuto una Lista Prodi in funzione antirutelliana e men che meno la scissione della Margherita.
Ma ciò che ora conta, agli occhi di Prodi, è che « sono state gettate le basi per arrivare ad un accordo politico forte » , indispensabile premessa per vincere le prossime Politiche e mettere in piedi « un governo stabile e duraturo che possa affrontare con coraggio la profonda crisi che dilania il Paese » .
Perché, ripe tono fino alla noia i suoi, « è la governabilità la nostra stella polare » . Che abbia un prezzo, non c’è dubbio. Prodi dovrà accantonare per un po’ l’Ulivo, « visto — ammette — che non si può non tener conto della decisione della Margherita di non presentarsi con la lista unitaria, anche se io non condivido » .
In compenso, la legittimazione alla sua leadership arriverà, dovrà arrivare, dalle primarie. « Primarie vere » : come in Puglia, per capirci, dove due mesi fa gli elettori, ribaltando i pronostici di Palazzo, trasformarono il comunista Vendola nella sorpresa dell’anno. E il fatto che i Ds abbiano accettato questo passaggio, non era affatto scontato. Ma su questo il Professore ha tenuto duro, e l’ha spuntata.
Notte breve attende il leader dell’Unione. Di prima mattina, si ritroverà di fronte il trio Rutelli Marini Franceschini e forse ci sarà un velo d’imbarazzo, dopo tanto gelo e reciproci colpi bassi. Prodi comunque all’accordo ci tiene.
Anche se resta sempre da sbrogliare la matassa dell’ipotesi scissione. « Ho invitato la minoranza della Margherita ad avere pazienza e senso di responsabilità » afferma il Professore, che oggi rivolgerà il medesimo invito a Rutelli, Marini e compagnia.
E’ una delle condizioni base poste da Fassino e D’Alema. Prodi naturalmente concorda: « L’unità avanti a tutto » . Poi spetterà a Rutelli e Parisi trovare un modus vivendi, se mai ci riusciranno. Prodi per oggi stacca.
La faccia di chi ha già dato abbastanza.