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15 Settembre 2005

La riforma con il veleno

Autore: Giovanni Sartori
Fonte: Corriere della Sera

All’ultimo minuto, e un po’ anche a sorpresa, il Polo ha proposto un nuovo
sistema elettorale e ha ammazzato il Mattarellum. Sull’ammazzamento del
Mattarellum non sarò io a versare lacrime; anzi. E nemmeno mi scuote molto
l’argomento che la riforma elettorale non si possa fare sotto elezioni. La
eliminazione di un sistema elettorale che merita di essere eliminato si fa
quando è fattibile. E il fatto è che in Italia il Mattarellum è stato reso
intoccabile dai partitini che ne sono i parassiti. Partitini che per salvarsi da
una riforma elettorale che li farebbe sparire sono pronti a spaccare tutto, ivi
incluso il governo nel quale siedono. Il fatto è, allora, che una riforma
elettorale può essere fatta in Italia soltanto sotto elezioni. E’ la nostra
unica «finestra di opportunità». Perché sotto elezioni la pistola dei partitini
diventa scarica. Sotto elezioni il governo è a termine, i partitini-ricatto non
lo possono far cadere perché decade da sé.

Che la nostra riforma elettorale possa essere fatta soltanto alla 23ª ora
l’ho scritto molte volte e da tempo. Però ho anche e sempre scritto che una
riforma del sistema elettorale deve essere «trasversale» — e cioè concordata dai
maggiori partiti di entrambi gli schieramenti — perché altrimenti diventa una
riforma di parte, nell’interesse immediato e particolare di chi la fa, e non una
riforma di interesse generale, nell’interesse di tutti. Pertanto se disapprovo
poco l’«ultimo momento», disapprovo molto che sia soltanto una riforma «salva
Berlusconi», e cioè concepita soltanto nell’interesse suo e dei suoi di vincere
le elezioni. Come purtroppo è.

Prodi, Fassino e altri hanno dichiarato a caldo che il nuovo sistema
elettorale si propone di falsificare i risultati «in modo che chi ha meno voti
possa avere più seggi». Ma qui bisogna stare attenti. Perché non bisogna
confondere il proporzionalismo con il premio di maggioranza. La sproporzione fra
voti e seggi caratterizza il sistema maggioritario, non certo i sistemi
proporzionali. Ed è il sistema maggioritario, non il sistema proporzionale, che
eventualmente falsa il rapporto tra voti e seggi consentendo a una minoranza
elettorale di conseguire la maggioranza in Parlamento. Anche se il
proporzionalismo non ci piace, non è lecito condannarlo dicendo sciocchezze. E’
esatto, invece, che il veleno del progetto del Polo sta nella sua coda, nella
sua aggiunta, e cioè nel premio di maggioranza.

Premetto che il premio di maggioranza è sempre un elemento distorcente. Il
proporzionalismo che funziona deve essere, per così dire, pulito, come è, per
esempio, in Germania e in Spagna. Lì lo sbarramento (in Germania è del 5)
funziona e blocca efficacemente la frammentazione che affligge l’Italia, proprio
perché lì non c’è premio di maggioranza, e quindi perché i singoli partiti
affrontano l’elezione da soli, ciascuno per suo conto. Il premio di maggioranza
rende invece necessaria una coalizione elettorale preventiva. Ma in tal caso la
soglia di sbarramento diventa inefficace (vedi la Grecia dove tutti gli
sbarramenti, anche altissimi, sono stati scavalcati e aggirati dalle alleanze
elettorali). Oppure si deve prevedere — e questo è il nostro caso — che i
partiti che non arrivano al 4 del voto perdano il loro voto.

La trovata è astuta ma sporchissima. Stante il fatto che il centrosinistra
è più frammentato del centrodestra, i contabili del Polo prevedono che con
questa furbata i partitini della sinistra faranno perdere all’Unione un 9-10 del
suo voto complessivo, mentre Berlusconi riacchiapperà anche Alessandra Mussolini
e non manderà al macero neanche un voto. Per spiegarsi con un esempio (fondato
sui sondaggi del momento) se l’Unione ottenesse il 52 del voto e ne perdesse,
grazie ai suoi partitini eliminati dallo sbarramento, un 10, allora l’Unione
scenderebbe al 42 e perciò il Polo vincerebbe l’elezione e il premio di
maggioranza con il 44 dei consensi. Il centro-sinistra dichiara che farà le
barricate contro tutto, ma il punto sul quale deve davvero ingaggiare battaglia
è questo. Qui la controproposta può essere, per esempio, che i voti dei
partitini eliminati non vadano al macero ma vengano invece riassegnati in
proporzione ai partiti dei due schieramenti che sono restati in lizza.

Follini ammette che le elezioni non devono essere vinte barando al gioco
(nel modo sopra esemplificato) e quindi annuncia un emendamento «salva-piccoli».
Davvero bravo anche lui. L’obiettivo di qualsiasi riforma elettorale sensata
deve essere di ammazzare i partitini-ricatto. E se così non è, nessuna riforma
elettorale ha senso; e difatti la riforma proposta dal Polo non ne ha. Non è che
il proporzionalismo non possa funzionare bene, è che il premio di maggioranza
congegnato dal Polo è davvero una truffa.

Il povero Berlusconi (per dire che anche lui non è meno sprovveduto dei
suoi avversari, non certo per dire che gli manchi il denaro) ha scoperto solo di
recente che «la carenza del nostro sistema è che non c’è la regola democratica
della maggioranza e della minoranza all’interno delle coalizioni». Scoperta
esatta. Ma scoperta ovvia, risaputissima. Se Berlusconi leggesse qualcosa o se
avesse qualcuno che legge per lui, saprebbe che la regola maggioritaria si
applica (e non sempre facilmente) all’interno dei singoli partiti, non certo a
una coalizione di una molteplicità di partiti. Comunque se il problema è che
anche la sua coalizione è risultata ingovernabile, Berlusconi ci dovrebbe
spiegare come la sua riforma elettorale affronti e risolva quel problema. Non lo
farà. Per alcuni conta soltanto il carpe diem; per lui conta soltanto il carpe
electionem.