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24 Novembre 2006

La Polonia nell´Unione europea e il bivio tra populismo e democrazia

Autore: Antony Giddens
Fonte: la Repubblica

Un grattacielo torreggia sul centro di Varsavia. È chiamato Palazzo della Cultura e sembra trasferito tutt´intero dalle strade di Mosca. È un regalo fatto da Stalin alla città di Varsavia negli anni Cinquanta. Dopo il 1989, in tanti vollero demolirlo, ma ha una certa (discutibile) eleganza e così gli fu concesso di rimanere in piedi. Come succede con il County Hall a Londra, i polacchi non riescono a trovare all´edificio un uso valido e lo cedono quindi a ristoranti, cinema, sale d´intrattenimento e via dicendo. Varsavia fu rasa al suolo dai tedeschi nella Seconda guerra mondiale, cosicché l´odierno Palazzo della Cultura ha dominato a lungo senza rivali sulla città. Ora non è più così, sfidato com´è da imponenti hotel nuovi di zecca che lo circondano, di proprietà di investitori statunitensi ed europei. Durante una visita in Polonia per delle conferenze e degli incontri politici il mese scorso ho alloggiato in uno di questi hotel. La Polonia è il paese più importante entrato a far parte della Ue con l´allargamento da 15 a 25 Stati membri. È l´unico la cui popolazione, 40 milioni, si avvicina a quella dei paesi più grandi della Ue. È anche un Paese che subisce una crisi d´identità e di prospettiva e nel quale si sta dimostrando più difficile di quanto ritenuto qualche anno fa creare un sistema democratico stabile. Non è il solo per questo aspetto. Sono diversi gli Stati della Ue ex comunisti che attraversano una situazione di fermento politico. In Ungheria sono diventate un evento quasi quotidiano le manifestazioni di strada di dimostranti che tentano di far cadere il governo di centro sinistra di Ferenc Gyurcsany. Nella registrazione di una conversazione filtrata alla stampa, Gyurcsany ha detto di aver mentito con i suoi colleghi nell´ultima campagna elettorale, dando all´elettorato un´immagine assai più rosea dello stato dell´economia del Paese di quanto fosse in realtà. In Slovacchia è al potere una precaria combinazione di nazionalisti di destra e di elementi dell´estrema sinistra, dopo molti anni durante i quali il paese è riuscito efficacemente ad attuare riforme e a modernizzarsi. La Repubblica Ceca versa in uno stato di paralisi politica dopo le elezioni legislative di giugno dalle quali è emersa una situazione in cui nessun gruppo di partiti è riuscito a formare una maggioranza. Il governo polacco vacilla sull´orlo con una maggioranza traballante ed è probabile che nel prossimo futuro si tengano nuove elezioni politiche. Il paese è guidato, in maniera improbabile, da due fratelli gemelli, Lech e Jaroslaw Kaczynski. Jaroslaw è premier e leader del principale partito, Legge e giustizia. Lech è presidente del Paese. Legge e giustizia è un partito di destra che governa in coalizione con due gruppi populisti minoritari, la Lega delle famiglie e un partito di base contadina, Autodifesa della Polonia. Tra i partiti populisti e di destra che dominano la scena politica polacca serpeggia un´ossessione per il passato, sia per quello recente sia per quello molto lontano. I fratelli Kaczynski sostengono che i precedenti governi succedutisi dopo il 1989 siano stati dominati dagli apparatchik del partito ex comunista, i quali deterrebbero inoltre ancora una buona fetta di controllo del Paese, e hanno avviato interrogazioni e indagini per sradicare questi gruppi, rispecchiando alquanto sinistramente la pratica più comune nel periodo comunista. Durante la mia visita, sono stato intervistato, tra gli altri, da una giornalista di un quotidiano cattolico conservatore. È notevole quanto questa intervista sia stata diversa dalla maggior parte delle interviste che ho rilasciato. L´intera conversazione ha girato attorno al modo per la Polonia di sviluppare un´identità con lo sguardo rivolto alla storia. Io volevo parlare del futuro della Polonia piuttosto che del suo passato, ma lei non cedeva. Ciò che aveva in mente era l´anelito di creare un´identità nazionale per la Polonia basata sul cattolicesimo e sulla diversità etnica dei polacchi rispetto ai Paesi che la circondano. La Polonia ha alle spalle una tormentata storia di invasioni e di dominazione da parte di altri paesi e non riesce difficile capire questo suo punto di vista. Tuttavia, ritengo la sua idea della Polonia l´opposto di ciò che al Paese occorre, vale a dire, creare un futuro per una Nazione che ha fiducia in se stessa, cosmopolita e disposta ad accogliere la diversità culturale. In Polonia, come in tutti gli altri Paesi ex comunisti dell´Est Europeo, il processo di annessione all´Unione Europea, protrattosi nel tempo e complesso, ha fornito ai dirigenti politici obiettivi su cui puntare, che hanno permesso a loro volta di contenere le divisioni e le tensioni. Entrati ora nella Ue, tuttavia, questi chiari obiettivi che potevano guidare lo sviluppo futuro sono sfumati e le fratture latenti sono riemerse. Gli uomini politici che hanno guidato l´ingresso del Paese nella Ue sono stati allontanati quasi tutti dagli incarichi. La forza prodotta dall´aspirazione a diventare membro della Ue è stata ora sostituita da processi interni per le riforme che si stanno rivelando difficili da realizzare. Ma non ci sono solo ombre e tinte fosche. La Polonia registra attualmente un tasso di crescita superiore al 5 per cento. I nuovi edifici che spuntano attorno al Palazzo della Cultura dimostrano che la Polonia è ancora un Paese interessante per gli investimenti esteri. Molti studiosi con i quali ho parlato affermano che la politica polacca è soltanto una schiuma superficiale alla quale non si dovrebbe prestare troppa attenzione. A un livello più profondo, dicono, si stanno verificando cambiamenti in senso progressista, come dimostra l´alto tasso di crescita del Paese. Non ci si dovrebbe preoccupare molto per ciò che avviene – o non avviene – sulla scena politica. Non trovo questo argomento convincente. La Polonia soffre di gravi problemi strutturali. Solo il 50 per cento della forza lavoro è occupata, in confronto al 75 per cento della Gran Bretagna. Non stupisce dunque che i polacchi arrivati in Gran Bretagna alla ricerca di lavoro dopo l´ingresso della Polonia nella Ue superino il mezzo milione. Il settore agricolo è esteso e inefficiente. Il sistema dell´istruzione ha problemi e difficoltà serie, tra le quali università poco sviluppate e con scarse risorse economiche. I benefici del welfare vanno principalmente a vantaggio della popolazione anziana e questo in una società dove la disoccupazione giovanile sfiora in alcune zone del Paese il 40 per cento. Occorrerà governare con efficacia e visione del futuro per superare queste difficoltà. La Polonia necessita urgentemente di un rinnovamento nello schieramento di centrosinistra, rimasto schiacciato tra i due lati dello spettro politico. Il Paese è diviso tra i paladini del nazionalismo polacco da una parte e i fautori del libero mercato che spingono per una versione del thatcherismo dall´altra. Alla Polonia serve una terza via! Ciò che occorre è un governo che promuova l´efficienza economica, ma anche la riforma del welfare. Dall´esperienza di altri paesi della Ue sappiamo che l´una è condizione dell´altra. Il populismo, non importa se di destra o di sinistra, è in generale il nemico dell´innovazione e della modernizzazione. I travagli della Polonia, dell´Ungheria, della Slovacchia e della Repubblica Ceca potrebbero essere passeggeri. Alcuni dei Paesi ex comunisti più piccoli, come l´Estonia, stanno procedendo bene dal punto di vista economico. Ma i motivi di preoccupazione sono reali, così come lo sono quelli che riguardano l´ex Europa Occidentale, dove i partiti dell´estrema destra sono al governo in molti paesi. Dovremmo forse a questo punto ripensare il ruolo dell´Unione Europea? La Ue si è concentrata nell´aiutare i paesi a sviluppare istituzioni democratiche, come se ci si potesse rilassare una volta ottenute. Nel futuro potrebbe individuare un suo ruolo cruciale nell´aiutare a mantenere la democrazia in Europa, contendendo l´estremismo e facendo tutto il possibile per garantire che le rivalità nazionalistiche ed etniche che hanno tormentato tanta parte della storia del continente non si ripetano.