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20 Luglio 2004

La parola Fine

Autore: Ezio Mauro
Fonte: la Repubblica

QUANDO la malattia imprigiona la dimensione fisica, materiale, della politica – che nel caso di Umberto Bossi è tutto – soltanto l’istinto può indicare la via d’uscita. E il vecchio istinto politico ha consigliato ieri al capo della Lega d’andarsene dal governo e dal Parlamento risolvendo un’impasse personale e istituzionale che durava da troppo tempo, ma anche divincolando Bossi e la sua immagine residua dalla palude di sabbie mobili dove sprofonda giorno dopo giorno il berlusconismo ormai agonizzante.


Non è l’apertura di una crisi di governo, da parte della Lega, che anzi mantiene gli altri suoi ministri al loro posto e attacca i “traditori delle riforme”, cioè i democristiani dell’Udc; ma è qualcosa di peggio, la conferma che la crisi è di sistema, non di governo soltanto. Tutto il sistema berlusconiano sta infatti saltando, dal progetto politico al blocco sociale di riferimento, alla tensione rivoluzionaria prosciugata nei compromessi dorotei, nelle promesse mancate, nel tentativo di dare a turno ragione a tutti, smarrendo lo scettro del comando.


Ciò che si è irrimediabilmente sfaldato, infatti, è il principio politico d’autorità, la capacità di leadership del Cavaliere, il suo potere di coalizione. Nata con cento voti di maggioranza in Parlamento, blindata sull’asse Berlusconi-Fini-Bossi-Tremonti, a tre anni dal trionfo elettorale l’avventura del Cavaliere s’è ormai ridotta a un governo Siniscalco-Calderoli, con quattro ministri persi per strada e il premier preoccupato solo di inseguire comunque il taglio delle tasse, prigioniero d’una superstizione che dovrebbe sostituire o miracolare un progetto politico che non c’è più.


Ridotto a un guscio vuoto, il governo può anche fingere di galleggiare sull’estate, fino alla crisi d’autunno e alle elezioni anticipate. È con ogni evidenza una circolazione extracorporea, e il Paese lo sa: vede il berlusconismo consumarsi da solo per inattitudine palese al governo d’una società moderna.


Da solo, senza ribaltoni, senza fantasmi di congiure e poteri forti, senza nemmeno l’apporto della sinistra, educatamente assente dalla crisi, prigioniera com’è dei suoi meccanismi di blocco interni. Manca soltanto la parola “fine”: arriverà anche quella, dopo il “liberi tutti” di ieri che condanna il governo alla paralisi conflittuale, trasformando Berlusconi nell’interim di se stesso.