Fra moniti e ammiccamenti (se tirate la corda perderete un bel mucchio
di affari), l´Iran ha scatenato un fuoco di sbarramento diplomatico e retorico
contro il nostro paese. Cogliendo di sorpresa lo stesso Berlusconi, colpevole
non solo di aver respinto peraltro senza enfasi le giaculatorie
antisraeliane e antioccidentali del presidente iraniano, ma di appoggiare una
manifestazione di “propaganda sionista”.
Poi ha richiamato al senso di responsabilità istituzionale
qualche ministro che si era spinto ad annunciare la sua presenza alla
fiaccolata, convincendolo a ritornare precipitosamente sui suoi passi per non
mettere altra benzina sul fuoco.
E´ il caso di Gianfranco Fini, che ha motivato
la sua “sofferta” rinuncia con la necessità di non mettere a repentaglio gli
“interessi nazionali” e la sicurezza dei nostri connazionali, in Iran e non
solo.
Un minuto prima e un minuto dopo
il raduno, ciascuno rappresentava visioni del mondo e del Medio Oriente diverse,
talvolta contrapposte.
Ma al di là delle manipolazioni di bassa cucina
politicienne, se qualcuno in Italia fissa una linea rossa, e di lì non si muove,
non può che rendere un servigio al difficile recupero di credibilità del nostro
paese.
Quella gran parte di opinione pubblica che ieri sera era rappresentata
dai manifestanti per il diritto alla vita di Israele ha difeso un irrinunciabile
principio di civiltà e ha collocato l´Italia da una parte e una parte sola
della barricata.
Quando dai principi si passa alla politica,
cioè a come rispondere alla sfida di Ahmadi-Nejad, si entra in una zona grigia.
Non solo in Italia. Americani, europei, gli stessi israeliani non hanno una
ricetta. Anche perché non sono unanimi sulla diagnosi.
Quanto è concreta la
minaccia iraniana? Quanto è lontana la sua bomba atomica? E soprattutto, si può
ancora evitare che cada nelle mani dei pasdaran?
Passando all´ordine del giorno,
stabilisce che il problema non è la bomba in sé, ma chi ce l´ha.
Negli anni
Sessanta e Settanta il governo americano non solo non aveva nulla da eccepire
contro i programmi nucleari dello scià, ma li sosteneva.
Eppure, quel regime
filo-occidentale voleva la bomba per la stessa ragione per cui la agognano i
mullah e i pasdaran: fare dell´Iran la massima potenza del Grande Medio
Oriente.
L´opzione militare, studiata nei dettagli dagli
esperti americani e israeliani, è estremamente rischiosa e quasi sicuramente
inefficace.
La pressione diplomatica, sviluppata da francesi, tedeschi e
britannici (noi ci siamo abilmente autoesclusi, non si capisce bene perché) con
il supporto americano, non sta producendo frutti.
Le sanzioni economiche e
diplomatiche, ammesso che Russia e Cina non usino del loro diritto di veto nel
Consiglio di Sicurezza, possono rivelarsi un´arma a doppio taglio quando sotto
tiro è un grande produttore di petrolio, specie in tempi di prezzi energetici
fuori controllo.
Se l´Europa
esistesse davvero, avrebbe già convocato un vertice straordinario dei
Venticinque per deliberare una posizione comune sulla crisi con Teheran.