24 Novembre 2005
La lezione del Quirinale
Autore: Massimo Giannini
Fonte: la Repubblica
Con la forza morale e la fermezza istituzionale che ha dimostrato sul campo in questo difficile settennato, Ciampi ha dato un´altra lezione al centrodestra.
Con poche parole, che stavolta non si prestano a manipolazioni o a strumentalizzazioni di parte, ha stroncato sul nascere il toto-Quirinale.
Ha chiuso il sipario sull´ennesima, meschina sceneggiata che il teatrino della politica ha provato a inscenare intorno al suo nome.
Nella maggioranza, adesso, c´è chi dice che il discorso pronunciato in Turchia dal presidente della Repubblica non è una risposta alla sortita di Fini di sabato scorso.
E´ vero l´esatto contrario. Quell´uscita del leader di An sull´opportunità di un reincarico è stata indebita e intempestiva.
Forse lo è stata anche al di là delle intenzioni e delle interpretazioni. Ma sta di fatto che si è rivelata per quello che era: una «pillola avvelenata», inaccettabile per un capo dello Stato dello spessore umano e politico di Ciampi.
Sul piano formale, lo ha costretto a contravvenire a una regola di comportamento cui non è mai venuto meno nel corso del suo mandato: non parlare di politica interna durante una trasferta internazionale.
E già questo dà l´esatta misura di quanta irritazione personale abbia prodotto sulla più alta autorità della nazione.
Sul piano sostanziale, lo ha costretto a fare quello che un organo «sovrano» non fa mai: parlare della sua successione, o della sua sostituzione.
E già questa è la prova ulteriore di quale torsione delle regole la Cdl abbia scaricato sugli assetti della Repubblica.
Ciampi ha risposto con nettezza. «L´unica mia aspirazione è portare a termine con dignità il mandato che mi è stato affidato nel maggio ´99».
In questa frase c´è riassunto tutto il prezioso lavoro di pedagogia istituzionale che ha svolto in questi anni. E la rituale «esegesi» di questa esternazione presidenziale è chiarissima.
Ciampi lancia un doppio messaggio. Il primo messaggio riguarda entrambi i poli: a nessuno sarà permessa la licenza di trascinare anche il capo dello Stato nel gioco al massacro di una campagna elettorale becera e rancorosa.
A nessuno sarà consentito il lusso di usare l´attuale inquilino del Colle come «ostaggio» o come pedina di scambio nel grande suk istituzionale che si aprirà dopo le elezioni.
Ciampi non è «merce spendibile» sul mercato della politica. Resta fedele al suo giuramento: è un presidente di garanzia, e quindi il presidente di tutti.
Il secondo messaggio riguarda il centrodestra, alla disperata ricerca di uno sbocco per un dopo-voto che si preannuncia rovinoso: nessuno si illuda di poter condizionare il suo insindacabile «magistero», in quest´ultimo scorcio di legislatura che lo vede alle prese con le ultime «leggi-vergogna» della Cdl (proporzionale, ex Cirielli e forse, chissà, persino abolizione della par condicio).
Nessuno immagini di condizionarne le scelte, con la volgare promessa di un secondo mandato del quale l´unico, possibile dominus a tempo debito e di fronte a un´eventuale proposta condivisa da tutte le forze espresse dal prossimo Parlamento non potrà che essere lui stesso.
Al contrario di quanto disse l´irresponsabile Cavaliere alla vigilia del rinvio alle Camere della riforma dell´ordinamento giudiziario, Ciampi non ascolterà nessuna «sirena», ma fino all´ultima ora del 13 maggio 2006 continuerà a decidere sulla promulgazione delle leggi secondo l´unica stella polare che l´ha sempre guidato finora: la Costituzione.
Quella Costituzione che per Berlusconi e Bossi è solo un inutile ferrovecchio, e di cui invece il presidente della Repubblica è custode e garante in nome del popolo italiano.
«Dignità», è la parola-chiave di Ciampi. Il suo settennato ne è il simbolo. Quanto al Polo, i suoi leader hanno felicemente risolto il problema: per non perdere la dignità, basta non averla.