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28 Settembre 2008

L´italianità come legittima difesa

Autore: Ilvo Diamanti
Fonte: La Repubblica

Quasi per miracolo, la soluzione “italiana” alla crisi di Alitalia ha
fatto affiorare, riemergere l´Italianità. Criterio dichiarato del
progetto voluto da Berlusconi, non solo per far volare (A)l´Italia, ma
per intercettare il consenso sociale. Perché c´è un legame evidente fra
questi elementi. Berlusconi ha contrastato il passaggio di Alitalia a
Air France, prima delle elezioni, in nome dell´italianità della
compagnia di bandiera.

Ne ha fatto un tema di campagna elettorale, peraltro efficace.
«O
si salva (A)l´Italia o si muore», è andato ripetendo per settimane.
Riscuotendo un largo successo di pubblico (un po´ meno di critica).
Anche fra il personale della compagnia di bandiera. Il che gli è
servito a marcare ulteriormente la distanza fra sé e gli altri. Fra il
centrodestra e in particolare il Pdl: dalla parte dell´italianità; e il
centrosinistra, segnatamente il Pd, dalla parte dello straniero, perché
favorevole all´ingresso, in posizione dominante, di Air France.

Un
messaggio chiaro e largamente compreso dagli elettori, che hanno
mostrato di gradire la soluzione “italiana” e l´argomento
dell´”italianità”. Come suggerisce, ad esempio, un sondaggio dell´Ispo,
condotto nelle settimane scorse, secondo il quale il 75% della
popolazione ritiene che il controllo italiano di Alitalia garantisca
maggiormente l´interesse del Paese e dei cittadini. Nonostante il
debito accumulato dopo anni di gestione “italiana”.
Nonostante
l´impopolarità della compagnia di bandiera: del personale di volo e di
terra. Nonostante una quota largamente maggioritaria ? e in costante
crescita ? di italiani, per volare, si serva di altre compagnie,
perlopiù straniere, perlopiù low cost.

Il richiamo
all´italianità ha funzionato. Il che potrebbe apparire non solo
positivo, ma sorprendente, in un paese dove solo la sfida secessionista
lanciata dalla Lega agli inizi degli anni Novanta aveva indotto a
rompere l´indifferenza sul merito. A interrogarsi su cosa avrebbe
potuto succedere «se cessiamo di essere una nazione» (titolo di un noto
saggio di Gian Enrico Rusconi, pubblicato nel 1992). Tuttavia,
l´italianità che echeggia nel discorso politico in questa fase non
sembra un segno di identità nazionale.
Semmai l´etichetta di un
prodotto politico, usato seguendo una logica di marketing. Una
bandiera, agitata da Berlusconi in campagna elettorale.

Mai
ammainata, anche dopo il voto. Neppure quando la trattativa pareva
compromessa e la cordata italiana degli imprenditori riuniti nella Cai
si era ritirata dalle trattative. Quando alcune sigle sindacali
sembravano aver chiuso ogni spazio di negoziato. Quando era stata
rilanciata l´ipotesi di un intervento “straniero”: Lufthansa o, di
nuovo, Air France. Quando il fallimento di Alitalia più che una
minaccia sembrava un destino imminente e inesorabile. Berlusconi non si
è mai arreso. Mai. Per non vedere smagliata la sua immagine di Santo
Salvatore. Per non ricadere nella spirale perversa delle promesse non
mantenute, alla base della delusione che aveva eroso il consenso al suo
governo, dopo il 2002.

Ma non solo per questo: anche per
ribadire quel principio di “italianità”, a cui ha attinto fin
dall´inizio della sua esperienza politica. Quando, nel 1993, inventò
Forza Italia. Dove l´Italia non evoca la “nazione”: appartenenza
fondata sulla cittadinanza e sui diritti; oppure comunità di valori,
storia, cultura. Ma la nazionale di calcio. L´Italia “azzurra”,
appunto. Una cornice flessibile, mobile. Anzi, un network. Più che
l´Italia: Italia 1. Una rete in grado di comunicare e di far comunicare
linguaggi e valori diversi. Anzi: opposti.
D´altronde, nel 1994,
Berlusconi, attraverso Forza Italia riuscì ad aggregare due soggetti
politici opposti, dal punto vista del riferimento territoriale: la Lega
Nord e il Msi-Alleanza Nazionale (per tipo di radicamento, allora, una
Lega Sud).
Oggi, il richiamo all´Italia ritorna e sembra funzionare ancora.

Ma
solleva anche molti dubbi. In particolare oggi, che i miti fondativi
della nazione appaiono quantomeno controversi e contraddetti. In
particolare nel centrodestra. La “resistenza”: riletta e revisionata.
Si tende a ridimensionarne il significato.
Una guerra civile tra
fazioni e ragioni egualmente legittime. Un episodio, una parentesi, più
che una rottura da cui sorge la Repubblica. Perfino il Risorgimento e i
suoi simboli vengono rivisitati, in modo profondo. A Roma viene
ricordata la breccia di Porta Pia, aperta nel 1870 dall´esercito
italiano. Ma per commemorare le vittime fra gli zuavi, la milizia
pontificia. D´altronde, Garibaldi viene presentato, talora, come un
“soldato di ventura”. Mentre la crescente attenzione dedicata a Carlo
Cattaneo riflette non solo passione per la sua lezione “federalista”.
Ma qualche nostalgia antiunitaria.

Il richiamo all´italianità
solleva, a maggior ragione, perplessità oggi: quando le distanze fra
Treviso e Catania, fra Milano e Napoli, fra il Nord e Roma, negli
orientamenti sociali, sembrano divenute ampie. Più di sempre. D´altra
parte, nella stessa vicenda dell´Alitalia, la maggioranza ha esibito
interessi ? e richiami ? territoriali molto diversi. Berlusconi ha
sostenuto il principio dell´italianità, espresso dalla cordata di
imprenditori-italiani-al-100%. Mentre Alemanno si è preoccupato di
Fiumicino e di Roma, dove risiede gran parte del personale della
compagnia aerea. E la Lega, più volte, ha manifestato il suo
disinteresse per le sorti di Alitalia (perché mai morire per
A-l´Italia?), concentrando l´attenzione ? e la pressione ?
sull´aeroporto di Malpensa. L´hub padano, che rischia di diventare
sempre più scalo periferico.

Da ciò la sensazione – mesta –
suscitata (in noi, almeno) dall´irruzione dell´italianità nei discorsi
pubblici. Che risuona perlopiù difensiva. Riflesso della disillusione
prodotta dagli altri ambiti territoriali di riferimento. La
globalizzazione: fonte di insicurezza finanziaria, politica, personale.
Ci minaccia e ci invade, attraverso l´immigrazione. L´Europa: una
costruzione sempre più incerta e indefinita. Messa in discussione
dall´interno. Dai nuovi e dai vecchi membri. Una moneta senza stato.
Euro piuttosto che Europa. Per questo percepita, sempre più, come causa
di inflazione e di impoverimento.

L´italianità dichiarata, per
questo, ci sembra nascondere la crisi dell´identità nazionale. Ridotta
a una sorta di legittima difesa contro insidie che vengono da altrove.
Dopo che per decenni ci siamo dichiarati europeisti per sfiducia nello
stato italiano, ecco che avviene il contrario. Ci si riscopre italiani
per sfiducia nell´Europa e per paura del mondo. L´italianità che
rimbalza nei discorsi pubblici: è un´identità leggera. Più che un
valore in sé, un valore d´uso. Usato ad arte per galleggiare. Per
continuare a volare. Non italiani, ma alitaliani.